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Prove nazionali e autovalutazione delle scuole: un’occasione per fare ricerca

Pubblicato il: 02/02/2011 16:24:00 -


Valutazione interna a cura del docente e valutazione esterna si muovono su binari paralleli e possono dunque coesistere nella scuola, mentre per contrastare il rischio di pericolose sovrapposizioni sembra necessario promuovere momenti d’interlocuzione e di condivisione tra scuole e istituzioni per attivare e sostenere virtuosi meccanismi di autovalutazione in una prospettiva di ricerca didattica e pedagogica.
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Il tema della valutazione, questione pedagogica di non facile soluzione e sfida istituzionale dei giorni nostri, è un refrain che ciclicamente sembra investire la scuola italiana, allorquando assurgono agli onori della cronaca le pubblicazioni dei risultati delle indagini nazionali e di quelle internazionali. A ben vedere si può considerare come una sorta di buco nero, in cui confluiscono aspetti diversi e che, semplificando, riguardano gli studenti e il loro percorso formativo, il curricolo d’istituto e il sistema dell’istruzione nel suo complesso.

Comune denominatore è la qualità dell’insegnamento, punto d’inizio di una riflessione sugli obiettivi, sulle scelte metodologiche e sugli strumenti di valutazione adottati.

Senza aver la pretesa di esaurire un argomento di così ampio respiro, si presenteranno alcune considerazioni sulla possibilità di ritenere le prove INVALSI un’occasione per le scuole di confronto con l’esterno e di avvio all’autovalutazione d’istituto.

La valutazione attraversa i processi formativi in tutte le sue fasi; tiene conto degli obiettivi fissati e dell’acquisizione di conoscenze e di competenze quali fattori che incidono nell’apprendimento intellettuale.

Come potente strumento di controllo, questa interviene sia per l’apprezzamento dei rendimenti cognitivi dello studente che per la verifica, relativa allo stesso soggetto, dell’efficacia dei percorsi d’insegnamento attivati.

Con l’avvio della stagione dell’autonomia si è diffusa nelle scuole l’idea del rendicontare, del rendere conto ai committenti della qualità dell’offerta formativa e con essa la necessità, per l’istituzione centrale, di procedere a forme di monitoraggio esterno.

Gli strumenti principali, individuati dai decisori politici, sono le rilevazioni nazionali degli apprendimenti d’italiano e di matematica che, con cadenza oramai annuale, fotografano il percorso degli studenti nella scuola primaria, nella secondaria di I grado e, a partire dal presente anno, anche al termine del biennio della secondaria di II grado.

Al di là dei rischi connessi con la diffusione di una distorta logica del risultato e delle possibili interpretazioni, occorre riconoscere all’INVALSI il merito di aver traghettato la scuola italiana verso la sponda di un’idea di valutazione esterna e sistemica, sfidando quel totem che la considerava in una dimensione unidirezionale, di appannaggio dei docenti, rivolta agli alunni e al loro sapere disciplinare.

I Quadri di Riferimento, relativi alla padronanza della lingua madre e della matematica, rappresentano la cornice scientifica, in cui si inscrivono le prove stesse poiché declinano conoscenze e competenze ritenute indispensabili per affrontare la complessità odierna. Questi, pur mantenendo le disposizioni ministeriali del 2004 e del 2007 in materia di obiettivi e di apprendimenti, si uniformano ai modelli dei framework delle indagini internazionali OCSE e IEA sulle competenze di lettura e di matematica e pongono i curricoli delle due aree disciplinari in una prospettiva di misurazione censuaria della popolazione studentesca e di comparabilità.

Riteniamo che una lettura degli esiti delle prove, condivisa all’interno degli Organi Collegiali, non intacchi la progettazione d’Istituto, adeguata ai contesti e ai bisogni formativi degli studenti, mentre possa offrire un utile supporto da cui avviare una riflessione guidata sulla qualità della proposta formativa della scuola stessa.

Un’analisi dei risultati così percepita non sarà più finalizzata all’eventuale recupero o al mantenimento di posizioni all’interno di graduatorie, nazionali e locali, cosa che rischierebbe di attivare meccanismi di resistenza nei dirigenti e nei docenti impegnati in realtà di frontiera, quanto piuttosto verso l’analisi dei punti di forza e di debolezza dei curricoli disciplinari agiti.

Del resto come una fotografia panoramica, le prove standardizzate possono solo inquadrare una situazione generale che non pretende di interferire sugli altri momenti di valutazione dello studente rivolti alla narrazione del processo di apprendimento e con strumenti a carattere qualitativo ed ermeneutico.

Valutazione interna a cura del docente e valutazione esterna, muovendosi su binari paralleli, possono dunque coesistere nella scuola, mentre per contrastare il rischio di pericolose sovrapposizioni sembra necessario promuovere momenti d’interlocuzione e di condivisione tra scuole e istituzioni per attivare e sostenere virtuosi meccanismi di autovalutazione in una prospettiva di ricerca didattica e pedagogica.

Marina Usala

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