Per un insegnamento chimico di qualità
L’Italia del futuro rischia il semianalfabetismo scientifico e tecnologico. La riforma prevede un taglio selettivo del numero di ore di Chimica e l’accorpamento di questa disciplina con altre. E si continua a non affidare il suo insegnamento ai laureati in Chimica ma a laureati in altre discipline.
La mancanza di considerazione nei nuovi regolamenti di Istituti Tecnici, Professionali e Licei, per le discipline scientifiche, e in particolare per la Chimica, può segnare negativamente il futuro degli studenti e del Paese.
Nei licei è evidente la necessità di scindere l’ottocentesco insegnamento-calderone “Scienze Naturali” (Chimica+Scienze naturali e biologiche) nei due insegnamenti “Chimica” (da affidare ai docenti laureati in Chimica della classe 33-A (scienze e tecnologie chimiche), e “Scienze naturali e biologiche” (da affidare ai docenti laureati in scienze naturali o biologiche della classe 46-A, modificandone la denominazione da “scienze naturali, chimiche e biologiche” a “scienze naturali e biologiche”). Bisogna infatti valorizzare le specifiche competenze dei docenti delle diverse discipline scientifiche, considerata la loro formazione universitaria rigorosamente monodisciplinare. Non è giustificabile continuare con il criterio che aver sostenuto 1 o 2 esami universitari di chimica e/o averla insegnata sia requisito sufficiente per poterla insegnare. Se tale criterio fosse applicato anche ai docenti laureati in Chimica (oltre 20 esami universitari chimici) essi potrebbero tranquillamente insegnare la matematica (4 esami sostenuti) o la fisica (3 esami di fisica e 4 esami di chimica fisica). Questa ovvia scissione e divisione di compiti non comporterebbe un affollamento di discipline, ma porterebbe a un’utile sinergia, anche in termini di propedeuticità. Le scienze naturali infatti, vanno studiate solo dopo la chimica inorganica, e le scienze biologiche, solo dopo la chimica organica.
Anche nel biennio iniziale degli istituti tecnici, dovrebbe essere considerata la propedeuticità, facendo fuoriuscire le scienze sperimentali dal non giustificato limite del biennio iniziale. Le sole 2 ore settimanali di “scienze integrate (chimica)” negli istituti tecnici economici (taglio del 50-75%), nei professionali e nel liceo tecnologico peraltro, rendono impossibili le necessarie attività laboratoriali.
Nei trienni finali degli Istituti Tecnici Tecnologici è previsto un taglio del numero di ore di discipline scientifiche e tecnologiche di oltre il 20% (e invece un aumento del 15% delle ore di italiano e del 10% di matematica) per la Chimica il taglio sarebbe tra il 20 ed il 55%. Questi tagli, che vanno in direzione opposta alle indicazioni dell’Ocse, convengono al Paese?
Negli istituti tecnici, la Chimica Applicata ai materiali e la Chimica Merceologica sono esempi di utilissime risorse eliminate dai tagli. La Chimica Applicata ai materiali, sopravvissuta nel solo settore moda, scomparirà dagli attuali istituti per geometri (ora settore costruzioni), mentre dovrebbe essere presente (magari sostituendosi alla fumosa disciplina “scienze e tecnologie applicate”) in tutti gli istituti tecnici tecnologici, professionali e Licei Artistici, che, con i materiali, hanno a che fare. La Chimica Merceologica sarebbe utile ai tecnici economici, visto che, nel loro lavoro, avranno a che fare con le merci. Peraltro la merceologia, fino agli anni Ottanta, era studiata negli istituti tecnici commerciali, ma anche nei professionali alberghieri, e nei professionali per il commercio.
Nei Professionali, i corsi per operatore chimico biologico e tecnico chimico biologico confluiscono nell’indirizzo “produzioni industriali e artigianali”, con un taglio di ore di insegnamento del docente laureato del 50-57%. Vengono poi “inventati” insegnamenti “chimici” in cui la chimica è affidata, in laboratorio, al solo docente tecnico pratico diplomato, cosa impossibile per le discipline chimiche, mai scindibili tra teoria e pratica e, per il cui insegnamento, il docente Laureato in Chimica è insostituibile.
C’è da augurarsi che il Governo e il Ministero recepiscano le sopra riportate osservazioni e proposte migliorative: una scuola superiore di qualità è nell’interesse di tutti.
Michele Borrielli