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La o le continuità?

Pubblicato il: 04/01/2013 18:18:59 -


Una riflessione sulla continuità scolastica tra didattica, pedagogia, psicologia, metodo e... grammatica.
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La lingua italiana è ricca d’irregolarità nella formazione dei sostantivi plurali. Tra questi figurano nomi che terminano con la “a” (semplice o accentata) che al plurale restano invariati (es. il cinema/i cinema; la peculiarità/le pecularietà). Anche il termine “continuità” rientra in questa categoria e per i suoi molteplici significati può essere definito un “eteroclito”. La continuità è entrata “ope legis” a far parte del lessico dei docenti italiani con la Legge N. 148 del 5/06/1990 e la C.M. 339/92 dell’allora Ministro della Pubblica Istruzione On. Rosa Russo Jervolino. Ma quali sono i diversi significati di questo termine che da molto tempo è scomparso dal dibattito pedagogico?

Generalmente esso è usato al singolare per indicare come “la scuola elementare, anche mediante forme di raccordo pedagogico, curricolare e organizzativo con la scuola materna e con la scuola media, contribuisce a realizzare la continuità del processo educativo” (C.M. 339/92, Art. 1) in una dimensione verticale. Dal 1992 le scuole italiane hanno osservato questa circolare ministeriale predisponendo, in alcune fasi dell’anno scolastico, progetti di attività curricolari di vario genere nell’intento di “collegare” l’ultimo anno della scuola dell’infanzia con la classe prima della scuola primaria e la classe finale di quest’ultima con quella iniziale della scuola secondaria di primo grado (ex scuola media). Con il tempo queste attività hanno acquisito però un carattere ripetitivo e privo dell’originario spirito pedagogico. In realtà la continuità può essere declinata almeno su tre piani: curricolare-progettuale, psicologico e metodologico.

La continuità più diffusa e praticata dalle scuole è, come è stato affermato, quella “curricolare-progettuale”. Essa consiste nell’individuare, tra i vari gradi scolastici, un argomento/progetto comune che viene sviluppato in alcuni incontri durante l’anno tra i bambini di 5/6 anni (continuità scuola dell’infanzia/primaria) e di 10/11 anni (continuità scuola primaria/secondaria di I grado). Questa modalità rappresenta l’unica forma di continuità praticata oggi dalle scuole e anche il raccordo più semplice da realizzare in termini didattico-operativi. In realtà essa assume più la veste di una “contiguità” didattica che di una vera e propria continuità pedagogica.

La continuità “psicologica” consiste invece nel lavorare sull’aspetto emotivo dei bambini cercando di rendere meno problematico il loro passaggio da un ordine scolastico all’altro. Essa può essere facilmente applicata tra la scuola dell’infanzia e quella primaria, ma può essere perseguita anche tra la scuola primaria e quella secondaria di I grado se esistono le condizioni ambientali per farlo (vicinanza dei due gradi scolastici). Durante l’anno scolastico (nel corso del II quadrimestre) bisognerebbe creare occasioni di conoscenza tra i bambini di cinque anni e il docente della classe quinta che l’anno successivo, per ragioni di avvicendamento didattico, dovrebbe accogliere e guidare didatticamente gli alunni della classe prima. Quando inizierà l’anno scolastico successivo, almeno un gran numero di bambini della prima elementare conoscerà il proprio insegnante prevalente e ciò contribuirà ad abbassare il livello di ansia e di tensione emotiva. Per rendere questa continuità più efficace si potrebbe pensare di abbellire le pareti dell’aula con disegni e cartelloni murali prodotti dai bambini alla scuola dell’infanzia. Anche gli oggetti, i materiali, le rappresentazioni grafiche dovrebbero accompagnare psicologicamente gli alunni nel loro percorso didattico per attenuare le conseguenze del “salto” scolastico.

L’altra dimensione della continuità è quella “metodologica” che rappresenta l’aspetto più complesso da realizzare, ma anche quello pedagogicamente più significativo. Purtroppo le scuole non sono attrezzate per realizzare una continuità di questo tipo per diverse ragioni non a loro imputabili. Si potrebbe per esempio lavorare insieme sul metodo di studio, sull’insegnamento delle mnemotecniche, sulle strategie metacognitive, sulle tecniche per sottolineare un testo o per creare mappe concettuali e/o mentali.

Una continuità applicata a tutto tondo può contribuire quindi al miglioramento della qualità formativa della scuola, favorendo nei soggetti in apprendimento lo sviluppo dei processi metacognitivi che richiedono il passaggio dal livello descrittivo e nozionistico della conoscenza (cosa, quando, dove) a quello esplicativo (come, perché), riformulando il sapere in termini di una maggiore consapevolezza e valenza cognitiva.

Pietro Sacchelli

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