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Nucleare, ciò che poteva essere e non sarà

Pubblicato il: 01/07/2011 14:04:47 -


Grazie a un forte impegno civico della maggioranza dei cittadini italiani, contrario agli interessi economici sul nucleare delle lobby di Areva, General Electric, ENEL, EDF, Westinghouse e Ansaldo, ciò che poteva essere, non sarà.
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Se il quorum del referendum sul nucleare fosse fallito, sarebbe scattato, dopo l’anno di pausa imposto dalla moratoria, formalizzata nel decreto legge n. 34/2011, un piano di mini centrali nucleari su tutto il territorio nazionale, ovvero un piano alternativo a quello basato su centrali tradizionali di tipo EPR. Molti ambientalisti e addetti ai lavori sostengono che l´asse con i francesi (Centrali elettronucleari EPR) del gruppo Areva, sarebbe stato sostituito da quello con gli Usa (centrali elettronucleari IRIS) del gruppo Westinghouse-Ansaldo.

Facciamo un passo indietro, un documento di scenario prodotto nel 2009 dal Politecnico di Milano e dall´Enea per conto del ministero per lo Sviluppo economico, prendeva in considerazione due ipotesi di “nucleare classico”, la prima centrata su centrali EPR dei francesi di Areva, risultati poi vincitori, e la seconda su centrali Ap1000 degli americani di Westinghouse. Nello stesso documento veniva contestualmente presa in considerazione una terza possibilità di nucleare sperimentale, quella di reattori modulari sviluppati da IRIS, consorzio a guida ancora Westinghouse.

Dopo la tragedia di Fukushima, molti esperti si sono interrogati se il modello delle centrali nucleari di grossa taglia, come lo sono oggi tutte quelle funzionanti nel mondo, sia ancora da realizzare, oppure se non è opportuno considerare l´adozione di reattori più piccoli e modulari, in altre parole di progettare una rete di minireattori, per studiarne a fondo le caratteristiche e le fattibilità costruttive.

IRIS è un reattore innovativo di piccola taglia (100-300MWe) pressurizzato ad acqua leggera con la peculiare caratteristica di avere un sistema primario completamente integrato. Tutti i principali componenti del sistema di refrigerazione primaria, incluso generatori di vapore, pompe di alimentazione e pressurizzatore, sono alloggiati insieme al combustibile nucleare all’interno di un unico recipiente in pressione di dimensioni tipiche di quello di un BWR. Il progetto innovativo di IRIS avrebbe potuto offrire soprattutto un potenziale miglioramento nella sicurezza, tentando di eliminare già in fase di progetto la probabilità di un incidente da perdita di refrigerante sulle tubazioni primarie (Large LOCA). Le sue dimensioni ridotte e il suo progetto modulare avrebbero potuto, in teoria, semplificare le operazioni di costruzione in sito, rendendo il reattore appetibile al nostro Paese, che non dispone di idonei siti per la collocazione di un impianto di grossa taglia come quelli di vecchia generazione.

Quanto detto sarebbe stato un addolcire la pillola del nucleare, mantenendo però intatte le possibilità di rischio, sia in fase costruttiva, che di gestione di esercizio, ma soprattutto in fase di futuro stoccaggio delle scorie prodotte. Ma c’è di più, leggendo attentamente la prefazione di un discutibile libro dal titolo “Nucleare? Sì per favore”, si notano alcuni auspici sul rimettere in moto alcune centrali elettronucleari già funzionanti in Italia prima del 1987.

A questo proposito Paolo Fornaciari, Presidente del Comitato Italiano per il Rilancio del Nucleare diceva: “Caorso e Trino potrebbero, e dovrebbero, essere riavviate. Altrove è stato fatto: a Medzamor (Armenia), in base ad un accordo che feci io stesso con il ministro dell’Energia armeno, la centrale nucleare, fermata per un terremoto, è stata riavviata dopo 15 anni; e una unità di Browns Ferry, Alabama (USA), fermata per un incendio, è stata riavviata dopo 12 anni. E a Caorso e a Trino non ci sono stati né terremoti né incendi”.

Quindi, in caso mancato quorum referendario, avremmo potuto assistere al riciclo di due centrali elettronucleari, la prima quella di Caorso, attiva dal 1° dicembre 1981, avente un unico reattore da 860 MW di potenza elettrica netta, a uranio leggermente arricchito, moderato ad acqua leggera e raffreddato secondo lo schema ad acqua bollente (BWR) di generazione BWR4. L’ipotesi di questo riavvio è avvalorata da Giuseppe Recchi, presidente e a.d. di General Electric per il sud Europa, che in una intervista a la Repubblica affermò che l’impianto di Caorso potrebbe essere rimesso in funzione in tempi abbastanza brevi, entro il 2014. Lo stesso Recchi disse: “L’Italia potrebbe avere la sua prima centrale nucleare in metà tempo e con la metà della spesa rispetto ai programmi attuali, solamente interrompendo lo smantellamento e ricostruendo dalle strutture esistenti. Sono stati fatti degli studi preliminari sui lavori compiuti e questi non hanno pregiudicato la possibilità di un ammodernamento della centrale, che potrebbe garantire circa 900 MW in 2 anni di lavori e 2 miliardi di euro di investimenti”. La seconda quella di Trino Vercellese, entrata in servizio commerciale il 1 gennaio 1965, avente un unico reattore da 260 MW di potenza elettrica netta, a uranio a medio arricchimento (circa il 4,5%), moderato ad acqua leggera e raffreddato secondo lo schema ad acqua pressurizzata (PWR).

Concludendo, grazie a un forte impegno civico della maggioranza dei cittadini italiani, contrario agli interessi economici sul nucleare delle lobby di Areva, General Electric, ENEL, EDF, Westinghouse e Ansaldo, ciò che poteva essere, nel prossimo futuro non sarà.

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Nella foto la centrale nucleare di Caorso.

Aldo Domenico Ficara

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