Ma le prove Invalsi sono una performance?
Sembra piuttosto difficile sostenere che nelle prove Invalsi non sia insito il concetto di performance e in tutta l’organizzazione connessa anche il concetto di ciclo. Le prove Invalsi possono fornire adeguati strumenti per valutare l’efficienza delle scuole e dei dirigenti in relazione alle procedure e l’efficacia dell’azione didattica in rapporto agli esiti.
Quest’anno le prove Invalsi sono diventate un momento importante per la scuola italiana. Sia quelle per la scuola primaria, sia quelle per la scuola secondaria di primo grado, sia quelle per l’esame di fine ciclo valide ai fine della valutazione finale hanno mostrato un sistema scolastico che avvia una misurazione oggettiva. Il Ministro ha poi annunciato che le prove Invalsi si faranno anche nell’esame conclusivo del secondo ciclo. L’azione dell’Invalsi è stata interessante, ma non organica, e l’appropriazione da parte dell’Invalsi di una parte del voto finale di un esame di Stato è stata realizzata in forma impropria, dando alle Commissioni un’indicazione che era un “ordine” e che non aveva corrispondenza in alcuna norma di legge. Di queste cose si dovrà tenere conto in futuro, perché se c’è una Commissione, questa deve valutare tutto l’esame e non solo una sua parte, oppure se non lo valuta tutto deve esserci una norma di riferimento preliminare, come succede negli esami conclusivi del secondo ciclo in relazione al sistema dei crediti.
Tutto questo però credo possa aprire un dibattito sul rapporto tra prove Invalsi e d.lgs 150/2009 (Brunetta) in rapporto al concetto di performance valutabile. Il citato decreto rimanda sine die l’avvio della valutazione della performance nella scuola e molti commentatori stanno sostenendo che le singole istituzioni scolastiche non forniscono performance valutabili nell’abito del decreto. In realtà mi sembra piuttosto difficile sostenere che nelle prove Invalsi non sia insito il concetto di performance e in tutta l’organizzazione connessa anche il concetto di ciclo. In quest’anno scolastico si è assistito da un lato alla valutazione di performance (le prove Invalsi) spesso scollegate da qualsiasi dinamica di ciclo, nel senso che molte scuole non erano pronte, non si sono preparate e non si sono interessate. Inoltre diventa interessante verificare se l’esito della valutazione inciderà in qualche modo sugli assetti futuri delle scuole e questo è proprio il meccanismo che sta alla base del ciclo della performance, vista come oggetto da valutare in funzione premiante, punitiva e orientativa.
Poiché si cercano in modo piuttosto “disperato” i metodi per valutare le scuole e i dirigenti credo che le prove Invalsi possano fornire adeguati strumenti per valutare l’efficienza delle scuole e dei dirigenti in relazione alle procedure e l’efficacia dell’azione didattica in rapporto agli esiti. Nelle scuole che dirigo (una Scuola secondaria di primo grado con 700 alunni come titolare e un Istituto comprensivo con 750 alunni come reggente) gli esiti sono stati complessivamente buoni, anche perché comunque dirigo scuole del Friuli Venezia Giulia che hanno un consolidato rapporto positivo con le prove di valutazione di sistema. Ma le classi che hanno accettato e sviluppato con coerenza le spinte che abbiamo dato allo svolgimento di simulazioni, allo spostamento della didattica verso il meccanismo delle prove e non dei soli prodotti didattici come sono i compiti e le interrogazioni, alla disseminazione del lavoro serrato dei docenti inseriti nei gruppi provinciali di lavoro, a un lavoro di rete sulla certificazione delle competenze hanno avuto esiti decisamente migliori e molto meno sorprendenti delle classi in cui hanno prevalso lo scetticismo e la pigrizia.
Proprio perché siamo nell’ambito del ciclo della performance io penso sia necessario non lasciare andare le valutazioni per conto loro, ma integrarle velocemente e profondamente nel sistema. E questo è un lavoro sulla performance che deve partire da settembre, indipendentemente dalla sua valutazione.
Stefano Stefanel