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Insegnare ad apprendere

Pubblicato il: 04/03/2010 17:32:54 -


La scuola insegna i contenuti di studio, ma non è in grado di fornire agli alunni indicazioni utili sul funzionamento della loro mente. Questa incapacità condanna inevitabilmente molti suoi utenti all’insuccesso, alimentando l’annosa e apparentemente incurabile piaga della mortalità scolastica.
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Le riforme degli ultimi anni non hanno avuto riflessi positivi né sulla qualità formativa né tantomeno sul contenimento della mortalità e della dispersione scolastica. Nella prassi didattica gli insegnanti continuano a utilizzare procedure comportamentiste e/o cognitiviste/costruttiviste. Mentre le prime vengono applicate nell’insegnamento di tecniche/automatismi (apprendimento della letto-scrittura, delle tabelline, della numerazione etc.), le seconde appaiono più idonee a promuovere un apprendimento “significativo”. Tuttavia, per obiettività pedagogica, occorre evidenziare che queste procedure non consentono a tutti gli alunni un’assimilazione profonda degli argomenti di studio. Infatti, pur attenendosi scrupolosamente ai protocolli procedurali previsti dalle diverse metodologie, gli insegnanti possono riscontrare che molti allievi non riescono a stare attenti, a comprendere, a memorizzare e a rielaborare in modo personale i contenuti grammaticali, letterari, storico-geografici e matematico-scientifici. Evidentemente qualcosa non funziona in queste pratiche che si sono sviluppate prevalentemente all’interno della ricerca psicologica. I limiti che li caratterizzano sembrano riconducibili al metodo sperimentale della psicologia. In poche parole quest’ultima applica i principi dell’isomorfismo a due “realtà” diverse (oggetto culturale e soggetto in apprendimento) come se le loro “mappature” fossero perfettamente sovrapponibili. Ciò conduce a inevitabili ripercussioni negative nell’impostazione dell’azione didattica e del curricolo che negli obiettivi generali e specifici inglobano il soggetto in apprendimento.

A partire dagli anni Sessanta, il pedagogista e filosofo francese Antoine de La Garanderie ha elaborato il metodo della “Gestione Mentale” secondo un’impostazione fenomenologica che valorizza gli stili di apprendimento degli alunni e i “gesti mentali” (attenzione, memorizzazione, riflessione, comprensione, immaginazione creatrice) posti alla base del pensiero umano. Da questi presupposti, negli ultimi anni nella provincia di Massa-Carrara è stata condotta una ricerca-azione sulla Gestione Mentale che si è arricchita e articolata nella “Didattica Mentalista” (www.didatticamentalista.it) i cui punti salienti sono i seguenti:
• la dimostrazione pedagogica e filosofica dell’esistenza della mente che interagisce con il cervello (interazionismo o epifenomenismo) con il conseguente superamento teorico del monismo della psicologia secondo la quale tra cervello e realtà c’è una differenza di genere ma non di sostanza (tesi eliminativista);
• la valorizzazione delle immagini mentali (thought image) ai fini dell’apprendimento;
• la rielaborazione mentale della realtà mediante evocazioni auditive e/o visive in contrapposizione alla concezione cognitivista che considera il linguaggio unico strumento di processazione degli eventi (teoria logico-proposizionale);
• la dimostrazione logico-argomentativa che non esiste un rapporto diretto tra percezione e comprensione ossia tra il fare e il conoscere come è sostenuto dall’attivismo pedagogico. L’apprendimento è piuttosto il prodotto delle evocazioni auditive e/o visive che si collocano tra le sensazioni visive, auditive, tattili, cinestesiche e olfattive e le corrispondenti rappresentazioni;
• l’insegnamento delle “operazioni mentali” funzionali all’apprendimento: ATTENZIONE – MEMORIZZAZIONE – RIFLESSIONE – COMPRENSIONE – RAGIONAMENTO – IMMAGINAZIONE che dirigono il pensiero;
• la possibilità di utilizzare in classe la comunicazione attiva (dialogo pedagogico) per delineare il profilo mentale degli alunni.

La Didattica Mentalista appare pertanto un’innovativa metodica in grado di fornire ai docenti strumenti sia per aiutare gli studenti in difficoltà che per rafforzare le capacità degli alunni migliori.

Pietro Sacchelli

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