Home » Community » I giovani non sono europeisti?

I giovani non sono europeisti?

Pubblicato il: 28/03/2012 15:45:25 -


La campagna di diffusione dei programmi europei di cooperazione culturale affermava che il futuro dei singoli Paesi dell’Europa sarà possibile solo in una grande Unione di Stati. Ma i giovani la pensano davvero così? E la scuola che posizione prende?
Print Friendly, PDF & Email
image_pdfimage_print

Durante una puntata di “Storie” di Corrado Augias apprendo che i giovani liceali presenti alla registrazione della trasmissione non sono europeisti. Questo fatto si affianca ad altre esternazioni che quotidianamente i media riportano, e che indicano nel passaggio all’euro come moneta unica e nell’adesione all’Unione Europea la causa principale se non unica dell’attuale precaria situazione economico-finanziaria del nostro Paese. Ne deduco che nel Paese sia diffuso un forte sentimento antieuropeista.

La campagna di diffusione dei programmi europei di cooperazione culturale affermava che il futuro dei singoli Paesi dell’Europa sarà possibile solo in una grande Unione di Stati, in grado di affermarsi sullo scenario mondiale alla pari con le grandi Potenze economiche e finanziarie. Questa affermazione è applicabile anche all’aspetto culturale: l’unica possibilità per arginare la dilagante colonizzazione culturale degli USA in Europa (pensiamo all’impatto devastante dei format di intrattenimento popolare) è la valorizzazione della cultura europea come mosaico di culture che, pur riconducibili a sorgenti comuni, si sono diversificate a seconda degli eventi storici e dei fattori ambientali.

Come partecipante a programmi di cooperazione europea sia all’interno di progetti scolastici che di azioni individuali posso affermare di averne beneficiato in due sensi: come occasione di approfondimento della conoscenza di culture alle quali mi ero avvicinata solo attraverso lo studio della lingua e come opportunità per rivedere i miei giudizi e pregiudizi su Paesi e culture con le quali non avevo familiarità.

Alcuni elementi che sicuramente hanno impedito alle azioni di partenariato scolastico di diventare patrimonio condiviso degli istituti possono essere individuati nei seguenti fattori:
• Le competenze linguistiche nelle principali lingue di scambio (Inglese e Francese) hanno limitato la partecipazione agli scambi di materiali tra classi e di visite
• Il Programma Comenius è stato considerato da alcuni una specie di agenzia di viaggio gratuita per insegnanti privilegiati oppure un fatto appariscente utile alla pubblicità dell’istituto
• In molti casi non si è verificata, all’interno degli istituti, la ricaduta auspicata
• Alcuni insegnanti hanno inteso la dimensione europea dell’educazione come elemento di interferenza negativa nello svolgimento di un programma ritenuto prioritario anziché come nucleo intorno al quale riorganizzare i contenuti disciplinari e gli scambi europei tra scuole sono stati considerati attinenti all’area delle lingue comunitarie, anche se negli ultimi anni sono nate numerose reti di progetto sui contenuti e la didattica di altre discipline.

Guardando al di fuori dei limiti delle piccole realtà, è inconfutabile che i Poli per la Dimensione Europea dell’Educazione non esistano più, se non sulla carta; che i fondi per la mobilità, a fronte di una richiesta che negli anni è andata comunque aumentando, siano stati ridotti o per lo meno siano rimasti inalterati (la recessione a livello mondiale fornisce sicuramente una spiegazione a questa contingenza); e che, in ultima analisi, ragazzi che, data la loro età anagrafica, hanno trascorso il periodo della loro prima formazione in scuole che avrebbero potuto fruire di moltissime occasioni di scambio culturale a livello europeo si dichiarino antieuropeisti.

In questo momento di transizione importante e di ripensamento dei modi di fare politica nel nostro Paese, propongo al Ministro dell’Istruzione, e a chi gli succederà a breve o lungo termine, una riflessione.

Nel primo anno dopo il centocinquantesimo anniversario dello Stato italiano voglio prendere in prestito, parafrasandola, una frase di Camillo Cavour per indicare la nuova frontiera: “Abbiamo fatto l’Europa. Ora bisogna fare gli Europei”. Anche e soprattutto a livello culturale.

ENGLISH ABSTRACT:
Some evidence of shared anti-European feeling among young Italians leads to consider European schools partnerships within the Comenius programme a failure to some extent. The author lists a number of possible reasons for this output and makes a suggestion to the Minister of Education for the years to come.

Giuliana Veruggio

7 recommended

Rispondi

0 notes
251 views
bookmark icon

Rispondi