Gli insegnanti e la mente
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La mente esiste e ha importanza sul piano pedagogico e didattico? In che modo i docenti tengono in considerazione la mente durante l’insegnamento?
L’A.I.M.C. (Associazione Italiana Maestri Cattolici) di Massa (MS) ha svolto un sondaggio su campione di circa 600 docenti di scuola primaria delle province di Massa-Carrara, Arezzo e Parma. Gli interessati dovevano rispondere a due domande scegliendo fra tre risposte possibili.
1) Secondo lei, la mente esiste ed ha importanza sul piano pedagogico-didattico?
R. 1) Non so rispondere; non mi sono mai posto/a il problema dell’esistenza della mente e delle sue possibili implicazioni sul piano pedagogico. Mi sembra però che la mente sia una problematica più di natura filosofica che pedagogica.
R. 2) La mente è un’entità intellettiva e penso che essa non abbia un’identità autonoma rispetto al cervello, anzi la considero un tutt’uno con esso. Diciamo che la mente è un prodotto del cervello e costituisce quello che generalmente si chiama “fattore intellettivo”. In questo senso ha anche una portata pedagogica legata alla formazione più ampia della persona.
R. 3) La mente esiste ed è distinta dal cervello nel senso che la sua attività presiede alle funzioni cerebrali, le dirige e le controlla attraverso una sorta di rispecchiamento continuo. Ha una grande portata pedagogica perché attraverso di essa l’insegnante può intervenire sui processi di apprendimento.
2) In che modo lei tiene in considerazione la mente durante l’insegnamento?
R. 1) Nell’insegnamento tengo in considerazione soprattutto i progressi compiuti dagli alunni. Cerco di spiegare meglio che posso gli argomenti di studio ripetendo la lezione se qualche bambino non ha capito.
R. 2) Nell’insegnamento mi prefiggo degli obiettivi cognitivi e verifico periodicamente se essi sono stati raggiunti dagli alunni. Se qualche allievo non ha conseguito pienamente gli obiettivi prefissati ripeto di nuovo la lezione diversificando le attività didattiche.
R. 3) nell’insegnamento mi preoccupo di tenere in considerazione gli “stili di apprendimento” (specificare come) e le “leggi” mentali (attenzione – riflessione – comprensione – memorizzazione – ragionamento – immaginazione) che presiedono ai processi di apprendimento (specificare in che modo).
Le risposte, riportate in percentuale, si prestano ad alcune considerazioni.
In riferimento alla prima domanda, i docenti che si riconoscono nella risposta n. 1 sono un numero limitato (appena il 6% del campione esaminato). Questa scelta è indice di una professionalità piuttosto superficiale in quanto considera l’apprendimento come un evento “magico”, svincolato dall’ambito neurofisiologico che lo produce, cioè il cervello e/o la mente. La seconda risposta raccoglie il 43% degli intervistati che considerano inesistente la mente, riconducendo i processi cognitivi esclusivamente a fattori neurocerebrali. La psicologia moderna ha contribuito notevolmente a diffondere questo modello dell’intelligenza che potremmo definire di tipo “monista o monistico”. È interessante notare che ben il 51% degli insegnanti intervistati aderisce a un modello “mentalista” optando per la 3° risposta. Questi insegnanti ritengono cioè che la mente sia una facoltà distinta dal cervello e abbia comunque una qualche relazione nel dirigere e controllare i processi cognitivi primari in accordo con gli studi filosofici di K. Popper e neurofisiologici di J. Eccles (premio Nobel per la medicina nel 1963 per i suoi studi sulla mente).
La seconda domanda del sondaggio chiedeva agli intervistati di esprimere una scelta fra le diverse metodologie utilizzate nell’insegnamento. La prima risposta è stata scelta da appena il 5% degli intervistati mentre la seconda ha riscosso il 70% delle preferenze. Essa abbraccia un’impostazione metodologica di tipo cognitivista anche se spesso gli insegnanti ne ignorano i presupposti psicologici e filosofici che la sottendono sul piano scientifico. In riferimento alla 3° risposta, un discreto numero di docenti, pari al 25% del campione esaminato, indica di adottare una procedura metodologica di tipo “mentalista”. È interessante notare però che nessuno degli intervistati ha fornito indicazioni precise sulle modalità utilizzate in classe per rilevare gli stili di apprendimento degli alunni e nemmeno ha saputo dare spiegazioni sulle procedure didattiche adottate per promuovere direttamente le funzioni primarie del pensiero (attenzione, memorizzazione, riflessione, comprensione, ragionamento, immaginazione) come era stato richiesto esplicitamente nella terza risposta.
Per ulteriori informazioni: www.didatticamentalista.it
Pietro Sacchelli