Europa, Italia, obbligo scolastico: e la scuola “media”?
Che cosa sarà della buon vecchia “scuola media” negli anni a venire? Da “scuola media” rimarrà “scuola a metà”: scuola dell’obbligo dove l’obbligo non finisce, dove si certifica senza concludere e dove si conclude un ciclo non concluso con un esame quasi più complesso della maturità?
Le riforme in atto nella scuola di questi ultimi anni hanno messo in evidenza legami forti con l’Europa, rivelando allo stesso tempo contraddizioni tipicamente italiane. Mi è capitato di leggere due documenti di notevole importanza che non credo molto diffusi tra gli insegnanti della scuola “media”, categoria a cui appartengo: “Le raccomandazioni del Parlamento Europeo” del 18/12/06 e il D.M. 139 del 22/8/07 (Ministro Fioroni).
Vorrei riproporne la lettura, alla luce di quanto sta avvenendo nella scuola secondaria di II grado ed esprimendo la mia perplessità crescente sul ruolo della scuola secondaria di I grado che si sta rivelando l’anello più debole della sistema scolastico italiano, ma non per cattiva volontà dei suoi docenti impegnati in realtà a “salvare il salvabile”, ma nelle contraddizioni di scelte fatte nella nostra storia recente.
Il Ministro Fioroni, nel redigere il D.M. 139, si pone in continuità con le “Raccomandazioni del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo del 18/11/06”. Il documento tecnico allegato ne contiene in effetti una sintesi e un’applicazione che porta l’obbligo scolastico a 10 anni. Si legge che “l’adempimento dell’obbligo di istruzione deve consentire, una volta conseguito il titolo di studio conclusivo del I ciclo, l’acquisizione dei saperi e delle competenze previste dai curricoli relativi ai primi due anni degli istituti di istruzione secondaria superiore.” La scuola media, quindi, deve agire da “ponte” tra primaria e biennio della secondaria. Sfugge che, a conclusione del I ciclo che in realtà non chiude un percorso di studi, rimane l’esame di licenza, attualmente il primo esame a cui si sottopongono gli alunni, eccessivamente gravoso, con sei prove scritte e un orale. Questa contraddizione non è ancora stata risolta. Ma, tornando al D.M. 139, esso segue le raccomandazioni dell’EU allegando gli assi culturali presentati in competenze, abilità/capacità e conoscenze, in sintonia con le raccomandazioni europee che precedentemente avevano diviso tra competenze e “conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tali competenze”. Il lavoro fatto dal nostro Ministero sintetizza le otto competenze europee in quattro assi culturali.
Dalla lettura di quanto richiesto all’asse dei linguaggi, emerge una sintesi tra le competenze europee per la lingua madre e la lingua straniera (la competenza europea n. 2 “comunicazione in lingue straniere” diventa, nel documento italiano “utilizzare una lingua straniera”, anche se viene data successivamente possibilità di un’altra lingua). Le competenze n. 4 (competenza digitale) e n. 8 (consapevolezza ed espressione culturale) vengono inserite in questo asse culturale quando si chiede di “utilizzare gli strumenti fondamentali per una fruizione consapevole del patrimonio artistico” e di “utilizzare e produrre testi multimediali”. D’altra parte era già stato teorizzato che le ITC concorrono a potenziare competenze in maniera trasversale tra le varie discipline (vedi valutazione informatica nella “scuola media” data “collegialmente” all’inizio della riforma Moratti).
L’asse matematico è in linea con la competenza matematica nel porre accento sulla soluzione di problemi, sull’uso di modelli matematici di pensiero e di rappresentazione grafica e simbolica e sull’utilizzo di competenze in contesto quotidiano nella sfera domestica e nel lavoro. Ovviamente l’asse matematico non può tralasciare la competenza digitale quando richiede di usare “consapevolmente gli strumenti di calcolo e le potenzialità offerte da applicazioni specifiche di tipo informatico”.
La competenza europea n. 3 “competenze matematiche e competenze di base in campo scientifico e tecnologico” viene quindi spezzata nel documento italiano quando presenta l’asse “scientifico-tecnologico”. Il lasciare da solo l’asse “matematico” può essere interpretato come un “complesso italiano” di non essere pronti alle sfide europee nella preparazione matematica dei nostri studenti, come attestano le varie prove comparative europee?
L’asse scientifico-tecnologico riprende la competenza n. 3 che era divisa tra a) e b) e mantiene i punti salienti, ossia le competenze per la sperimentazione, laboratori, criticità e consapevolezza. Senza tralasciare la soluzione di problemi. Nuovamente viene rispettato il carattere trasversale della competenza digitale con specifici riferimenti a utilizzo di software, internet e pacchetti applicativi.
Nell’asse storico-sociale, l’accento viene posto sulle connessioni tra storia, scienze sociali ed economia nella comprensione della complessità dei fenomeni; si opera quindi una integrazione tra la competenza n. 6 (sociali e civiche) e 8 (consapevolezza ed espressione culturali). Il riferimento diretto alle raccomandazioni nel ricordare il “potenziare nei giovani lo spirito di intraprendenza e imprenditorialità” serve per inserire che “per promuovere la progettualità individuale e valorizzare le attitudini per le scelte da compiere nella vita adulta risulta importante favorire strumenti per le conoscenze del tessuto sociale ed economico del territorio, delle regole del mercato del lavoro, delle possibilità di mobilità”.
Il D.M 139 inserisce un altro allegato: le competenze chiave di cittadinanza da acquisire al termine dell’istruzione obbligatoria. La competenza europea n. 5 “imparare ad imparare”, finora lasciata a margine dagli assi culturali, trova qui il proprio spazio. L’allegato opera una sintesi delle competenze finora richieste, ponendo la centralità sulla persona dell’alunno; praticamente presenta il ritratto del sedicenne quale dovrebbe essere alla fine della scuola dell’obbligo, in perfetta linea con la tradizione italiana che già 30 anni fa affermava che la scuola dell’obbligo concorreva alla “formazione del cittadino”.
La recente riforma delle superiori ha posto ancora in maggior risalto la spaccatura del biennio rispetto al triennio successivo o la spaccatura del triennio della scuola di I grado rispetto al II grado. Alcuni problemi sono quindi ancora irrisolti:
– Il DM 139 pone un quadro di scuola dell’obbligo dettagliato e sostenuto, ma senza porre paletti tra obbligo di I e II grado:
– L’esame di licenza rimane un “quid” fuori contesto. Si certificano competenze per che cosa? Forse una rielaborazione e una codificazione delle stesse a livello nazionale potrebbe servire come elemento di continuità per il passaggio al biennio, ossia la certificazione delle competenze potrebbe fornire alla scuola superiore un piano di lavoro per progettare percorsi per gli alunni. Il lavoro per le lingue sarebbe facilitato dalla presenza del Quadro Comune Europeo per le lingue; l’utilizzo nella certificazione di “livello avanzato (C1 C2), intermedio B1 B2, elementare A1 A2” consentirebbe di riprendere lo studio delle lingue nella scuola secondaria di II grado da dove si è terminato nel I grado, con un’organizzazione a classi aperte per gruppi di livello, invece che iniziare sempre daccapo;
– L’accordo tra secondaria di I e II grado è un punto dolente; per quanta buona volontà gli insegnanti del I grado ci mettano, il curricolo rimane slegato dal biennio e gli accordi sono difficili da fare quando in un territorio specifico opera il I grado che prepara un’utenza che verrà divisa/dispersa su un territorio diverso;
– Che fare di quegli alunni per cui si diceva che la scuola dell’obbligo aveva svolto il suo compito e si lasciavano uscire con la licenza media enfatizzando il raggiungimento degli obiettivi educativi? La bocciatura con un solo 5 porterebbe questi alunni ai CTP, ma questo non vorrebbe dire ammettere il fallimento della scuola di I grado e delegare ad altri la certificazione di un falso?
I documenti esaminati esprimono un quadro coerente e reale delle richieste della società agli studenti del XXI secolo ed evidenziano una buona sincronia tra richieste europee e risposta italiana. Rimane però la grossa difficoltà dell’attuazione, anche a causa dell’anello debole (la scuola “media”) che sembra andare per proprio conto, senza più risorse, aggregata in maniera forzata alla scuola primaria (e materna) dove esistono gli Istituti Comprensivi e collegata a una scuola secondaria in mutamento, presente solo nelle attività di orientamento dove costituiscono un’attrattiva maggiore le attività di marketing degli istituti superiori rispetto alle indicazioni che i docenti della scuola media danno nel “consiglio orientativo”. Che cosa sarà della buon vecchia “scuola media” negli anni a venire? Da “scuola media” rimarrà “scuola a metà”: scuola dell’obbligo dove l’obbligo non finisce, dove si certifica senza concludere e dove si conclude un ciclo non concluso con un esame quasi più complesso della maturità?
Anna Tassinari