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L’emergenza DSA

Pubblicato il: 10/02/2011 15:29:00 -


L’alunno ha bisogno di interventi organici e sistematici, non di un certo buonismo o di una “comprensione” che conclude nella valutazione tutta l’attenzione verso i Disturbi specifici dell’apprendimento (DSA).
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L’intervento di Rossella Grenci “Dislessia e docenti: scontro o incontro?” del 1° febbraio 2011 tocca una delle più chiare emergenze della scuola italiana. Col termine “emergenza” però voglio indicare due cose diverse:
– l’emergenza (o emersione) della consapevolezza che i Disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) sono una caratteristica di molti alunni;
– l’emergenza nella gestione dei DSA a fronte del comportamento dei docenti evidenziati dalla Grenci.

In questo settore devo dire che i Dirigenti scolastici sono quelli che stanno forzando il “muro di gomma” dell’incomprensione, per affrontare in modo adeguato queste due emergenze, ma i vari ordini di scuola “resistono” davanti a due “evidenze” difficili da negare:
– i DSA ci sono e sono rilevabili anche se non sono certificati;
– la certificazione indica una direzione all’autonomia didattica, non impone comportamenti o valutazioni.

Credo sia importante collocare la dislessia dentro i DSA non come disturbo primario, ma come disturbo più facilmente individuabile. Inoltre va anche osservato che mentre la dislessia è un disturbo abbastanza accettato in quanto tale, disgrafia, discalculia e disturbi attentivi vengono spesso derubricati a disordine o disattenzione. Credo quindi sia necessario collocare il ragionamento sulla dislessia dentro quello più vasto dei DSA, al fine di affrontarli in modo organico.

Nelle scuole che dirigo un insegnante è referente per i DSA e gestisce il monitoraggio su tutti gli alunni certificati. Inoltre tiene i rapporti con i genitori e con i certificatori. Il lavoro è difficile e trova molti ostacoli, ma l’aver dato veste istituzionale chiara alla gestione dei DSA non facilita coloro che vorrebbero minimizzare o disconoscere il problema.

La lentezza però delle fasi formative e l’attaccamento di molti docenti, soprattutto di scuola secondaria, alla certificazione, non permettono di elaborare vere strategie d’insieme per entrare nel problema DSA e ricondurlo alla sua naturale apertura verso strumenti di supporto affinché l’alunno non abbia a subire conseguenze eccessive da una problematicità facilmente assorbibile.

L’alunno ha bisogno di interventi organici e sistematici, non di un certo buonismo o di una “comprensione” che conclude nella valutazione tutta l’attenzione verso i DSA. E soprattutto non ha bisogno che i DSA vengano affrontati attraverso ordini di servizio, obblighi o adempimenti, come troppi docenti tendono a chiedere. Questo presuppone una notevole formazione e la comprensione che la soluzione di problemi didattici ed educativi non è mai di tipo medico. La corsa alla certificazione dell’handicap delle scuole italiane non indica un desiderio di integrazione, ma una volontà palese a spostare sul versante medico i problemi didattici o educativi. Spostare tutto questo sui DSA porta solo complicazioni e non soluzioni.

Perché la questione dei DSA è una delle questioni che possono cambiare la scuola italiana se affrontata nel modo giusto, ritengo fondamentale agire a livello di sistema e quindi partendo dall’organizzazione scolastica e non solo dalla sensibilizzazione dei singoli docenti.

Stefano Stefanel

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