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Docenti connessi

Pubblicato il: 30/05/2011 15:29:00 -


Servono buoni docenti che tra le loro molteplici competenze abbiano anche quelle tecnologiche. Non per innovare, ma, semplicemente, per insegnare. Documentare le cl@ssi2.0 in Umbria.
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Correva l’anno 1960 quando, attraverso il mezzo televisivo, il Maestro Alberto Manzi, “il maestro degli ultimi”, insegnò agli italiani a leggere e a scrivere. Utilizzava un setting di apprendimento rivoluzionario: un non-luogo composto da tutti gli italiani che lo seguivano da casa, risorse non solo testuali e “gutenberghiane” ma caratterizzate da video, disegni, un linguaggio semplice e diretto. L’innovazione nella scuola è iniziata circa 50 anni fa e, forse, non ce ne siamo mai accorti.

Ma come sono le aule di oggi tecnologicamente avanzate? Sono cablate con la possibilità di connessione Skype per raggiungere i compagni più lontani o momentaneamente assenti, ogni ragazzo ha il suo netbook e ha la possibilità di usufruire insieme agli altri di una lavagna interattiva.

Non è più, quindi, la classe che si sposta nel laboratorio, spazio indipendente e “speciale” ma lo stesso laboratorio si trasforma in metodo e strategia. Diventa, quindi, necessario ripartire dalla didattica, dall’epistemologia di ogni singola disciplina, da un obiettivo e trovare nel loro contesto un ruolo per le tecnologie per renderle “normali, pervasive e trasparenti”.

Può accadere, infatti, che un insegnante conosca perfettamente la strumentazione della lavagna interattiva, ma si trovi in difficoltà nel momento in cui debba inserire tale artefatto nella sua programmazione didattica.

È spesso il software, legato a una particolare lavagna, a condizionare il docente e la sua lezione, che risulta così subordinata agli strumenti del mezzo tecnologico. Quando si progetta un ambiente che sia significativo per l’apprendimento, il software che viene utilizzato diventa solo una delle componenti. Diventano importanti le attività in cui esso viene integrato, il modo con cui si realizzano, le interazioni sociali che si sviluppano. Il contesto, pertanto, diventa elemento fondamentale.

Ma come può la scuola conciliare l’apprendimento “formale” istituzionale con quello “non formale” del web 2.0? Ecco quindi, che nuove competenze vengono richieste a un docente, come la capacità di negoziazione e di condivisione o quella di documentare processi e prodotti con strumenti digitali creando ambienti di apprendimento virtuali.

Ma diventa fondamentale essere in grado, soprattutto, di abitare la Rete frequentando luoghi come social repository, community o utilizzando social software.

È questo il caso del blog dei docenti coinvolti nelle classi 2.0 della scuola primaria umbra, all’indirizzo http://duepuntozeroumbria.blogspot.com/, nato con l’esigenza di fare “gruppo” in Rete, dopo un primo contatto in presenza a Rimini, durante il seminario nazionale ministeriale dedicato alle classi 2.0.

Ma perché documentare in Rete? “Per riuscire a valutare i processi e non il prodotto finale, per attivare consapevolezza riflessiva, per condividere con gli altri il nostro lavoro”, scrivono i docenti nella presentazione del loro blog.

Biblioteca di Anobii, Timeline di Dipity, Tag Cloud e geotagging sono alcuni degli strumenti che gli insegnanti stanno utilizzando per imparare ad “abitare “ la Rete e riuscire, così, a educare i loro ragazzi a una concreta e reale cittadinanza digitale. A tale proposito non si può che non essere d’accordo con il monito di Antonio Fini, docente e collaboratore del Laboratorio di Tecnologie dell’Educazione (LTE) dell’Università di Firenze “Servono buoni docenti che tra le loro molteplici competenze abbiano anche quelle tecnologiche. Non per innovare, ma, semplicemente, per insegnare.”

Per approfondire:
Cl@ssi Due Punto Zero, Documentare le cl@ssi2.0 in Umbria

Elisabetta Nanni

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