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Dal riordino alla riforma della scuola superiore

Pubblicato il: 19/02/2010 12:01:00 -


Il Ministero ha deciso il riordino, la scuola autonoma avvii la riforma consapevole dei nodi da affrontare e delle sfide da vincere.
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La scuola superiore è stata riordinata. Finalmente il buon senso è andato in porto. È tempo di costruire la riforma. Tre specifici Regolamenti sui diversi indirizzi di scuola superiore (licei, tecnici, professionali) forniscono un quadro di stabilità e un orizzonte di certezze, ma anche alcuni vincoli e alcuni nodi non risolti o risolti in modo regressivo. È tempo che scuole e professori, veri attori della riforma, incomincino a pensare su come il processo appena avviato debba evolversi a partire dal prossimo anno scolastico, forti delle certezze e consapevoli dei nodi non risolti.

Esaminiamone qualcuno. Partiamo dal primo nodo la cui soluzione, avviata in sede di Welfare, è regressiva e odiosa: l’apprendistato a 15 anni. Se il provvedimento diventerà definitivo torneremo indietro anche sull’obbligo di istruzione a 16 anni. Nella società cognitiva ciò comporta un distacco dall’Europa drammatico. Nel nuovo millennio la differenza principale non è più fra “chi ha e chi non ha”, ma fra “chi sa e chi non sa”. Chi non sa è meno interessato a imparare. La scuola, a norma di Costituzione, dovrebbe eliminare gli ostacoli che incontrano i più deboli e impedire loro di diventare dei vinti a 15 anni. Invece la proposta ministeriale rende esplicito il conservatorismo compassionevole del Governo che ai più deboli dice: non avete voglia di studiare, andate a lavorare. Per voi la “scuola breve” come il “processo breve”. Contrastare simile scelta significa difendere la modernità e il progresso.

Il secondo nodo su cui vorremmo soffermare l’attenzione è quello del biennio e dei “saperi forti” che danno ai giovani la cittadinanza europea.

I tre regolamenti contengono riferimenti espliciti all’adozione nel biennio dei quattro assi culturali indicati dall’Europa. Al termine dell’istruzione obbligatoria gli alunni devono acquisire le competenze chiave di cittadinanza che vanno dall’imparare a imparare all’acquisire e interpretare l’informazione, dall’individuare collegamenti e relazioni al risolvere i problemi. Fare la riforma significa costruire un biennio unitario, dotato di passerelle necessarie per aiutare chi ha bisogno di mobilità orizzontale, fornendo a tutti un percorso didattico in grado di contrastare quell’analfabetismo di ritorno che emerge da due recenti ricerche comparative, condotte nel 1999-2000 e nel 2004-2005 (Vittoria Gallina, La competenza alfabetica in Italia, Franco Angeli 2000, e Letteratismo e abilità per la vita. Indagine nazionale sulla popolazione italiana 16-65 anni, Armando editore 2006). Nella fascia di età fra i 14 e i 65 anni, cinque italiani su cento non sanno distinguere una lettera da un’altra, una cifra dall’altra. Trentotto lo sanno fare, ma riescono solo a leggere con difficoltà una pagina scritta e a decifrare qualche cifra. Un terzo degli italiani supera questa condizione, ma non va oltre. Un testo scritto, anche su argomenti di ricorrenza quotidiana, supera la portata delle loro capacità di lettura e scrittura. Un grafico con qualche percentuale è per loro incomprensibile. Altro che fermare l’obbligo scolastico a 15 anni!

L’analfabetismo di ritorno è la vera sfida della riforma della scuola del nuovo millennio in ogni suo ordine e grado.

Il terzo nodo riguarda le risorse umane e finanziarie. Sulle risorse umane deve essere chiaro un dato: non è più accettabile continuare a disperdere un patrimonio di conoscenze e competenze straordinario come quello posseduto da centinaia di migliaia di precari che, dopo essersi formati a proprie spese e aver sperimentato sul campo, per anni e a volte per decenni, le proprie competenze professionali, continuano a essere licenziati per fare cassa, nella fase più produttiva della loro vita.

Sulle risorse finanziarie: non è possibile continuare ad assistere a una crescita esponenziale dello spreco e della corruzione pubblica, mentre i servizi essenziali soffrono e il cittadino comune paga il prezzo del disservizio oltre che tasse esose a uno Stato sprecone.

Cambiare questo orizzonte è possibile. La condizione ineludibile è che esista un’opposizione sindacale e politica capace di fornire una direzione di senso alla riforma. Ma questo è altro capitolo.

Calogero Virzi'

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