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Continua il dibattito su arte ed educazione: un aspetto del declino italiano

Pubblicato il: 03/09/2013 09:38:09 -


“L’educazione e l’istruzione in campo artistico in Italia sono un sistema dal passato glorioso ma dal presente in via di estinzione per mancanza di progetto organico e di risorse. Il mercato dell'improvvisazione e del casual la fa invece da padrone.” Il declino dell’educazione alle arti nel nostro Paese: una situazione a cui è necessario porre rimedio con buone idee e buone pratiche, prima che sia troppo tardi.
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Ho scritto molte volte sul tema dell’educazione e dell’istruzione artistica in Italia. Ho l’impressione che, da quanto sta accadendo, io abbia vestito gli amari panni di Cassandra.

L’argomento si lega in maniera inscindibile con le problematiche della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale e artistico italiano e con quelle della produzione artistica e progettuale contemporanea.

Insieme a dei volonterosi colleghi abbiamo provato inutilmente a creare una rete di soggetti privati e pubblici da impegnare nella ricerca finalizzata alla promozione di un sistema organico dedicato all’educazione, alla formazione e all’istruzione in campo artistico attraverso la valorizzazione delle preziose esperienze storiche italiane attualmente in fase di smantellamento. Il progetto sta incontrando enormi difficoltà anche per la tendenza a curare il proprio orticello piuttosto che tutto il campo e per l’abitudine tutta italiana di evitare accuratamente di “fare sistema”.

È ormai assodato che il concetto di educazione e formazione si riferisce all’acquisizione di uno dei linguaggi fondamentali della vita dell’uomo accanto alla comunicazione scritta e orale alla formazione scientifica e logica mentre l’istruzione afferisce alla costruzione di competenze professione o anche alla pratica disinteressata dell’arte e alla sua comprensione.

I due percorsi debbono essere egualmente solidi nel sistema educativo e dell’istruzione italiana, per assicurare conoscenze e pari opportunità a tutti i cittadini da utilizzare per la comprensione e la fruizione delle diverse forme d’arte e per la scelta di professioni in campo artistico e progettuale.

Abbiamo assistito in questi tempi alla proliferazione di associazioni, enti, che si dichiarano tutti interessati al mondo della formazione artistica o della tutela del patrimonio italiano mentre vanno a caccia di fondi a destra e a manca, ottenendoli molto spesso per vie “politiche” in cambio di risultati non proprio esaltanti.

Nella esperienza personale raramente ho ancora trovato un sodalizio che non guardasse prioritariamente a un suo privato orticello di corporazioni e lobbies politiche, professionali o imprenditoriali. Sarebbe sicuramente più proficuo unire gli sforzi per studiare e rifondare l’intero campo del sistema educativo italiano dedicato all’arte recuperando e rivalutando tutta l’esperienza pregressa.

Il pericolo incombente è quello di continuare a disperdere in mille rivoli non disinteressati la formazione dei giovani e degli adulti in un settore che costituisce una ricchezza indiscutibile per il nostro paese, lasciando che altre nazioni in Europa e nel mondo sfruttino la nostra debolezza superandoci di fatto anche nei campi dei nostri migliori storici patrimoni e talenti.

L’esperienza in questo ultimo lustro in campo nazionale ed europeo mi ha convinto della progressiva defaillance italiana provocata anche dalla miopia politica e programmatica dei governi nazionali e locali, della politica e, quel che è più grave, dalla incompetenza e dall’improvvisazione delle compagini dei cosiddetti “addetti ai lavori” nei campi connessi dell’educare all’arte e del fare arte.

Nel frattempo si è prodotto un falso interesse dell’opinione pubblica e di un certo turismo “culturale”, propagandato anche da poco colti e accorti assessori locali, per i fatti artistici, che si concretizza in una nuova forma di consumismo in gran parte incolto. Il consumo culturale diventa così succube delle mode dei musei, delle gallerie, dei monumenti e delle kermesses pseudo artistiche di supestars lanciate solo dal mercato e dai media ma spesso prive di vero talento e solido background culturale.

Illuminante per una lettura critica di tale contesto può essere il libricino “ARTE” pubblicato nelle Biblioteca di Repubblica tra le “Domande della Filosofia” a cura di Maurizio Ferraris.

Se una rivoluzione positiva potrà esserci sarà solo grazie alle sinergie di chi ha a cuore il futuro dell’arte e della creatività in Italia, non certo alla insana competizione di chi ha a cuore solo i propri interessi di bottega sbandierando il turismo culturale avanzato, le public companies e le start up culturali.

Che senso ha allora la polverizzazione in mille associazioni e sodalizi culturali pubblici e privati che si dicono tutti sinceramente dedicati alla promozione e alla educazione all’arte?
Che senso hanno le associazioni di scuole, di docenti e di studenti ed ex studenti dell’arte che operano separatamente con il dichiarato (ma scarsamente praticato) obbiettivo di salvare l’istruzione artistica (di fatto già defunta) in Italia?
Che senso ha affidare a privati o all’estero attraverso spregiudicati contratti fondati sul preponderante vantaggio per il loro profitto progetti di divulgazione e di sfruttamento del nostro patrimonio storico e artistico?

L’idea di fondare dei poli regionali di istruzione artistica che riunissero in una specie di Politecnico delle arti la formazione superiore e universitaria (dagli istituti d’arte ai Licei artistici, dai Conservatori alle Accademie…) era stata una delle rare felici intuizioni sul finire degli anni ’90 affossata dalla ignavia della nostra ineffabile classe politica. Così come l’idea di costruire curricula dedicati all’arte e alla creatività dalla scuola dell’infanzia a quella primaria e secondaria di primo grado, idea mai praticata e lasciata a una generica e marginale formazione gregaria rispetto ad altri linguaggi e competenze ritenuti gli unici indispensabili alla formazione umana.

Paesi che non hanno la nostra cultura e la nostra storia e che non posseggono nemmeno un decimo del nostro patrimonio artistico ci supereranno presto in questo campo anche per la formazione, spesso facendo tesoro della nostra storica esperienza da noi improvvidamente ahimè abbandonata, e saranno loro a sfruttare con profitto, come già in parte avviene, i nostri tesori e le nostre competenze a costi irrisori. Alcune delle nostre regioni, province e città che si credono all’avanguardia dedicano tempo e danaro alla promozione di “Distretti e bacini culturali avanzati” dedicati audacemente al “prodotto” e al “marketing industriale” mentre snobbano idee e proposte per una progettualità territoriale che unisca l’educazione all’arte e alla creatività, la fruizione e la promozione competente del patrimonio culturale, il turismo no profit e la vera sostenibilità.
Ma questo è il costume degli italiani che Leopardi stigmatizzava e che preferisce ancor oggi una società fondata sul “passeggio, gli spettacoli e le Chiese” al posto della cultura.

L’arte, l’architettura, il cinema, il teatro, la musica, la moda sono stati fagocitati dal mercato globale che li ha sviliti e ridotti a merce degenerando l’educazione e la conoscenza in gossip culturale, mentre si spacciano i numeri crescenti delle visite a musei e luoghi d’arte per crescita culturale e non invece esasperazione di una moda ricreativa dove tutti sono artisti, critici ed esibiscono presuntuose capacità di fotografi d’arte con le loro supertecnologiche “padelle” elettroniche i cui prodotti discutibili riversano nel web spacciandosi per artisti.

Quando manca la scuola viene meno la vera conoscenza e tutto si degrada mentre avanza un nuovo analfabetismo di cui i social networks sono indiscutibili testimoni. Chi ha a cuore il nostro futuro di nazione e di giacimento culturale dovrebbe essere più lungimirante, fornire i mezzi alle buone idee e alle buone pratiche e unirsi in questo sforzo nella stessa direzione prima che sia troppo tardi.

Non ha senso fondare ogni giorno una nuova associazione culturale e corporativa che celebra se stessa con seminari e convegni inutili, mentre avrebbe senso mettersi in rete per contribuire a rifondare il settore educativo artistico italiano rendendo disponibili la ricerca, il progetto e la consulenza ai ministri e ai decisori politici di turno, senza disperdere occasioni e risorse che lo Stato dovrebbe una volta per tutte incrementare e rendere disponibili a chi realmente merita. L’educazione e la formazione sono le chiavi per assicurarsi in futuro persone capaci e competenti e prospettive di rilancio dell’unica economia possibile e non effimera in Italia.

È un peccato che l’arte, in Italia soprattutto, debba essere appannaggio di pochi eletti, di ristrette élite culturali o di dilettanti che diventano artisti quotati grazie solo alla fortuna, a un mercato incolto ed effimero e a critici ineffabili e solo supponenti e presuntuosi. Numerose esperienze in Europa dimostrano come si stia lavorando nella direzione della socializzazione artistica attraverso una sorta di maieutica della creatività. A queste esperienze e alle nostre coincidenti intuizioni guardiamo con interesse cercando di apprendere ed esportare buone idee e pratiche che diano gambe ad altre buone idee e pratiche.

L’educazione e l’istruzione in campo artistico in Italia sono un sistema dal passato glorioso ma dal presente in via di estinzione per mancanza di progetto organico e di risorse. Il mercato dell’improvvisazione e del casual la fa invece da padrone. Altrove, al contrario, si stanno costruendo percorsi che imitano il nostro passato superandoci anche nelle prerogative di eccellenza.

L’educazione alle arti è un percorso di formazione, anche informale, che si dovrebbe sviluppare per tutte le età dell’uomo, non per una professione – che costituisce solo un segmento del fare arte e non esaurisce affatto l’esigenza umana di produrre e fruire arte nelle sue svariate forme – ma per la completezza della conoscenza e delle abilità.
Persino il mondo dell’impresa può essere interessato all’idea, purché intenda operare con fini di sostenibilità ed equità, cioè superando l’obsoleto e iniquo concetto del profitto per abbracciare l’idea innovativa che vede, una volta assicurati i giusti ed equilibrati compensi (in proporzione alla preparazione e al lavoro svolto) a chi intraprende, dirige e lavora, reinvestire tutti gli utili in innovazione, ricerca e sviluppo.

I modelli e le buone pratiche raramente presi ad esempio da chi decide sugli investimenti in cultura offrono spunti per rinnovare l’educazione, la produzione e la fruizione dell’arte in Italia oltre gli inutili ed esibizionisti vernissages e oltre il pernicioso dominio di critici e giornalisti d’arte che hanno generato mostri di falsa creatività e talento ma sicuramente formidabili macchine per fare denaro per sé e per i loro parassitari cortigiani.




Giuseppe Campagnoli

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