Comunque innovare
Sono tra coloro che credono si sia persa una possibilità epocale di modificare realmente e radicalmente il sistema dell’istruzione secondaria. Quello che ritengo di segnalare sono alcuni gravi pericoli che vengono sottovalutati. Non si può rispondere alla proposta di cambiamento con la conservazione e la difesa dello status quo, ma solo giocando la carta dell’innovazione.
Il decreto attuativo della modifica ordinamentale della Scuola secondaria di 2° grado è destinato a rimanere per lungo tempo un elemento di conflitto dentro la scuola italiana. Sono tra coloro che credono si sia persa una possibilità epocale di modificare realmente e radicalmente il sistema dell’istruzione secondaria nazionale: sia i decreti sulla secondaria di 1° grado, sia questo sulla secondaria di 2° grado conservano molti difetti e introducono pochi pregi. Fatta questa premessa mi pare che il dibattito si stia dirigendo verso due vicoli ciechi: da un lato si accetta che questa modifica ordinamentale sia di fatto una Riforma di un settore che doveva essere riformato, dall’altro si tende a difendere una scuola che ormai non era più difendibile visti i suoi pluriverificati risultati. Il dibattito che sta prendendo piede entrerà nel merito delle situazioni, quello che ritengo di segnalare sono alcuni pericoli che vengono sottovalutati e che, portati all’eccesso, produrranno solo consenso sociale per una Riforma sbagliata e affosseranno quello che è lo scopo principale del nostro tempo e cioè cercare di innovare il sistema Italia ormai sul viale del tramonto. Non si può rispondere alla proposta di cambiamento con la conservazione e la difesa dello status quo, ma solo giocando la carta dell’innovazione.
Elenco alcune questioni che stanno attraversando Riforma della secondaria e che gettano una luce sbagliata sui cambiamenti voluti dall’attuale maggioranza di Governo:
1. Tagli. Il Governo ha impostato tutta la sua vena riformatrice sul concetto di taglio al personale. Le scuole primarie e secondarie di 1° grado benché fortemente tagliate lo scorso anno stanno tenendo. Collegare la Riforma della secondaria di 2° grado al problema occupazionale del Paese è quanto di più assurdo si possa fare. Una cosa è l’esigenza della scuola, un’altra il problema occupazionale. Sovrapporli significa confondere le esigenze formative dei ragazzi alla produzione di posti di lavoro artificiali per occupare personale laureato.
2. Tempo scuola. Il nostro tempo scuola è tra i più alti dell’Ocse. I risultati dei nostri quindicenni tra i più bassi. Difendere ancora dei quadri orari che hanno prodotto dispersione significa voler rimanere ancorati a un modo di fare scuola che stanca e non fa apprendere.
3. Difesa delle discipline. La frammentazione delle discipline è uno dei grandi mali di tutta la secondaria (1° e 2° grado). Continuare a difendere le materie e le classi di concorso significa non comprendere come il mondo è mutato e non può più sottostare al nostro modo di garantire precariato, scarsa formazione e debolissima capacità di innovare. Il problema non è quanta geografia, quanta economia, quanto diritto, ma vedere dentro lo strapotere dell’italiano i suoi limiti e dentro l’astrusità della matematica la sua sconnessione rispetto al resto del mondo (perché noi studiamo solo equazioni e il resto del mondo produce algoritmi?). Non è difendendo le singole materie che si difendono i saperi, ma creando spazi innovativi di insegnamento.
4. Autonomia scolastica. Il piagnisteo sull’autonomia vilipesa non ha futuro e non conduce a niente. Così come il richiamo a organismi come il CNPI, le varie Commissioni parlamentari o la Conferenza Stato-Regioni diventata ormai una sorta di parlamentino partitico. Qui si tratta di prendere atto di una vittoria della “destra” (che ha fatto comunque la Riforma), di capire gli errori gravi che si sono fatti nel non lasciar andare a regime la Riforma Moratti (Portfolio, Tutor, Indicazioni nazionali, Sistema dei Licei ecc.) e di non ripeterli più, lavorando dentro l’ampia autonomia esistente sulle forti possibilità innovative che si aprono.
Il cambiamento ci deve essere. Le scuole devono decidere se vogliono cavalcarlo cercando il massimo dell’innovazione possibile o se vogliono dar seguito al richiamo conservatore che fa sempre proseliti a scuola, cercando di cancellare la Riforma con il mantenimento di un passato che ci ha portati agli ultimi posti tra i sistemi dell’istruzione che contano. Io sono per innovare comunque e per essere più bravi nelle scuole autonome di quanto lo sia stato il Ministero nel costruire un grande “castello di carta” che lascia i problemi più gravi dov’erano prima.
Stefano Stefanel