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Comunicazione e tecnologie, l’impatto sulla didattica

Pubblicato il: 16/05/2012 17:23:22 -


La capacità di individuare e adattarsi ai cambiamenti di schema è una abilità indispensabile nell’apprendimento. Costruire le connessioni tra le fonti di informazioni, creare modelli di informazioni utili e saperle organizzare oggi diventa una competenza assolutamente necessaria per apprendere nella nostra società liquida, complessa, basata sulla cosiddetta “economia della conoscenza”.
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Lo scenario che fa da sfondo alla società complessa in cui viviamo rimanda inevitabilmente alla metafora coniata a suo tempo da McLuhan di “villaggio globale”. L’enorme e ininterrotta diffusione di informazioni rende l’uomo incerto e smarrito perché il messaggio, identificandosi nei media, favorisce una molteplicità di interpretazioni soggettive, ma contemporaneamente rappresenta una possibilità indefinita di comunicare da ogni parte del mondo.

Il fenomeno dilagante di internet e dei social network è la dimostrazione lampante di una evoluzione comunicativo-relazionale che facilita il contatto diretto con il resto del mondo, in ogni luogo e in ogni tempo. Tutto sembra ruotare intorno ai concetti di avere, apparire, mostrarsi, veicolati dai computer e delle tecnologie avanzate, quasi a voler sconfiggere sentimenti di incertezza, inadeguatezza, non-esistenza. Certo, il potere dei diversi linguaggi e della comunicazione in genere è sempre stato descritto come un elemento di grande impatto trasformazionale sulla società e di conseguenza sulla sfera educazionale. La letteratura ci consegna molteplici riflessioni su questa tematica e notevoli sono stati i contributi di grandi teorici. Mentre Popper con la sua espressione “cattiva maestra” evidenziava il rischio di una educazione trasmessa unicamente dalla TV, Postman aveva già manifestato le sue preoccupazioni sulla funzione termostatica della scuola e sull’importanza di rivedere un uso corretto dei media.

A suggello di queste teorie mi piace ricordare l’ultimo intervento di Steve Jobs, grande genio della Apple che nel 2005 si era rivolto agli studenti dell’Università di Harward con un appello: “Siate folli, siate affamati”. Questo forte messaggio ha fatto il giro del mondo, su milioni di social network, con una forma di linguaggio universale, e con una velocità tale da lasciare un segno indelebile e una sorprendente scoperta del senso di appartenenza a un unico gruppo unito e solidale.

La tecnologia ha trasformato la nostra vita, il modo in cui comunichiamo, lavoriamo, apprendiamo e gradualmente sta modificando (ri-cablando) il nostro cervello. Un tipico esempio è il cellulare, sempre presente con noi, quasi a diventare una protesi del nostro essere sociale molto di più di quanto McLuhan aveva già immaginato oltre trenta anni fa.

Lo stesso internet, inteso come scaffolding (impalcatura che favorisce l’accesso alle informazioni che crescono esponenzialmente), ricco di risorse distribuite, rappresenta “una forma di estensione dell’intelligenza e della memoria propria ma fatta collettiva”. Ciascuno può connettersi e disconnettersi a questa “intelligenza condivisa” a questa “mente sempre in funzione”.

In tal senso la conoscenza si costruisce in forma dinamica e l’apprendimento mediante un continuo processo che fluisce principalmente nelle connessioni tra nodi.

Diventa, perciò, indispensabile puntare una maggiore attenzione sulle opportunità offerte dalle nuove tecnologie che riducono le distanze fisiche e agevolano l’accesso a infinite informazioni memorizzate in banche dati e, contemporaneamente, sottolineare la necessità di riscoprire una base teorico-epistemologica che tenti di spiegare il nuovo approccio didattico e il legame esistente tra l’apprendimento individuale e l’apprendimento delle organizzazioni. Nella società della conoscenza, dunque, l’apprendimento proprio dei “nativi digitali”, non è più solo frutto dell’esperienza diretta (peraltro tesi sostenuta dagli studi speculativi del comportamentismo, cognitivismo, costruttivismo), ma viene trasmesso e acquisito anche attraverso altre persone e/o strumenti sofisticati e viene assolutamente “mediato” secondo moderni modelli teorici che attingono dai paradigmi delle discipline diverse dalla pedagogia e dalla psicologia (neuroscienze).

Una di queste ultime è la “teoria del Caos”, che – per dirla in modo semplice – riconosce la connessione di tutto con tutto.

Nel tempo, per esempio, questo si esprime in ciò che è in parte simpaticamente conosciuto come “L’effetto farfalla”, il concetto che ipotizza come il battito delle ali di una farfalla spostando l’aria oggi in Brasile sia in grado di provocare una tempesta il mese prossimo nel Texas.

Questa metafora mette in evidenza una vera e propria sfida: “Ogni conoscenza è una traduzione e nello stesso tempo una ricostruzione… sotto forma di rappresentazioni, idee, teorie, discorsi” (Morin).

Pertanto, la capacità di individuare e adattarsi ai cambiamenti di schema è una abilità indispensabile nell’apprendimento (“auto-organizzazione”). Costruire le connessioni tra le fonti di informazioni, creare modelli di informazioni utili e saper organizzare le informazioni, oggi diventa una competenza assolutamente necessaria per apprendere nella nostra società liquida, complessa, basata sulla cosiddetta “economia della conoscenza”.

Da ciò il rilievo conferito al modello reticolare che riporta alla conoscenza individuale e a quella organizzativa.

Collaborare e condividere informazioni, dati, contenuti si tramuta in un vantaggio strategico quando il valore aggiunto conquistato dalla condivisione permette di cogliere le opportunità di innovazione e di crescita fornite dal contesto!

Risulta quindi determinante l’impegno che la scuola assume nella definizione della progettazione/valutazione formativa per favorire negli alunni la capacità di governare i processi della conoscenza (metacognizione), della condivisione nella rete e dell’apprendimento continuo (life long learning).

Lidia Nazzaro

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