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Certificare le competenze o lasciar perdere

Pubblicato il: 03/02/2011 15:48:00 -


Se in questo 2011 dobbiamo ricominciare a chiederci cosa sono le competenze e come si certificano allora penso sia meglio lasciar perdere, limitarsi a compilare i moduli ministeriali e archiviare tutto senza pensarci più.
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L’ennesima accelerazione senza supporto data al Miur alla modifica del sistema dell’istruzione italiano è quella che riguarda la certificazione delle competenze. La necessità e l’importanza di certificare le competenze non nasce da un dibattito culturale italiano, ma dall’inserimento nella nostra normativa di pratiche ormai tradizionali negli altri sistemi dell’istruzione. Il Miur, preso atto che il dibattito sulla certificazione delle competenze non portava da nessuna parte e le pratiche certificative rimanevano lettera morta, ha deciso di forzare la mano e di imporre la certificazione in tre punti cruciali del percorso dell’obbligo: alla fine del ciclo primario, in occasione dell’esame di stato della fine del primo ciclo, alla fine dell’obbligo decennale, cioè in quel luogo “senza padroni” che è il biennio della scuola secondaria di secondo grado.

Mi pare interessante notare come il dibattito non si stia sviluppando su come certificare in modo efficiente ed efficace le competenze e quali siano quelle chiave per noi italiani (vista la difficoltà congenita del sistema scolastico italiano nell’utilizzare senza mediazioni materiali prodotti dall’Ocse e dall’Unione Europea), ma si stia incanalando su come ottemperare all’obbligo certificativo, senza peraltro dire nulla su cosa deve fare colui che riceve la certificazione o su che rapporto deve esserci tra metodologia didattica (curricolo verticale, didattica per competenze) e certificazione. Il silenzio assordante delle scuole secondarie di secondo grado sulle certificazioni delle competenze delle scuole secondarie di primo grado al termine degli esami del primo ciclo la dice molto lunga sull’effettiva penetrazione di questa procedura nel nostro sistema scolastico.

Se però in questo 2011 dobbiamo ricominciare a chiederci cosa sono le competenze e come si certificano allora penso sia meglio lasciar perdere, limitarsi a compilare i moduli ministeriali e archiviare tutto senza pensarci più. Non può un dibattito italiano ripartire sempre da capo senza prendere minimamente atto dei documenti europei, anche se questi sono “chiari e distinti”.

Le otto competenze chiave definite come “combinazione di conoscenze, abilità e attitudini” del Quadro europeo delle competenze sono note a tutti: comunicazione nella madrelingua; comunicazione nelle lingue straniere; competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; competenza digitale; imparare a imparare; competenze sociali e civiche; spirito di iniziativa e imprenditorialità; consapevolezza ed espressione culturale.

Si certificano in modo semplice dicendo se i ragazzi le hanno o non le hanno e semmai a quale livello. Si parla di comunicazione nella madrelingua e non di saper fare temi, rispondere a interrogazioni sulla letteratura, ripetere brani memorizzati ecc. Si parla di competenze nelle lingue straniere definite a livello internazionale in modo preciso. Si parla di competenze digitali che la scuola italiana si ostina a non certificare, ma che forse saranno la salvezza di più di uno dei nostri studenti impossibilitati a trovare posto nel mondo del lavoro con le proprie competenze sulla letteratura italiana dell’Ottocento o sulla storia dell’Europa nell’Età moderna.

Se si vuole rendere realmente efficiente ed efficace la certificazione delle competenze nel sistema degli apprendimenti è necessario saper selezionare i saperi da trasmettere (nozioni, conoscenze, abilità): anche se questa trasmissione è tradizionalista e un po’ obsoleta, la sua selezione è già di per sé competente. E poi bisogna introdurre a livello di ogni istituzione scolastica un sistema trasparente di crediti derivanti dalla certificazione delle competenze che vada a incidere sul “famigerato” voto. La valutazione non può più essere fatta solo per prodotti (interrogazioni e compiti) o per osservazioni (interesse, partecipazione, impegno ecc.), ma deve avere uno spazio per il credito che nasce dalla certificazione delle competenze.

Solo così si uscirà dalla “banalità del male”, che sottomette la certificazione delle competenze chiave alle “domande delle cento pistole” attraverso cui ancora troppi docenti misurano quanto l’alunno si sia adeguato a ciò che lui ha insegnato.

La competenza richiede trasparenza nella selezione, non accumulo di saperi sedimentati da anni di ripetitività. Se la certificazione delle competenze non viene fatta entrare di forza nella valutazione degli studenti resterà sempre una carta poco interessante. Ma se questo richiede ulteriori tempi per definire, discutere, ragionare, argomentare su cosa sono le competenze e come si certificano è meglio lasciar perdere e dedicarsi ad altro.

Per approfondire:
• Partecipa al forum di Education 2.0 La certificazione delle competenze, moderato da Maurizio Tiriticco

Stefano Stefanel

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