Blocco degli scrutini contro i tagli
Gli insegnanti della scuola pubblica non ne possono più. I sindacati annunciano un giugno “caldo”, che prevede anche forme di protesta estrema, come il blocco dello scrutinio finale.
Insegnanti obbedienti e disobbedienti non ne possono più della Gelmini/Tremonti. Circa quattromila Consigli di classe della scuola faranno sentire la loro voce in almeno sette regioni, per dire basta alla finanziaria che prevede tagli del 10% e la paralisi del contratto pubblico per il prossimo triennio. Il blocco e? determinato anche dall’assenza di un solo insegnante. Per legge uno scrutinio per essere valido deve prevedere la presenza di tutti gli insegnanti che formano il Consiglio di classe, definito in funzione valutativa un Collegio perfetto.
Una mobilitazione fino a metà giugno con uno sciopero a scacchiera degli scrutini contro i tagli di 41 mila posti di lavoro. Iniziano Marche, Puglia e Veneto, poi Sardegna e Umbria e a seguire tutte le altre regioni. Alta l’adesione alla protesta in Emilia, in particolare a Bologna.
Mentre i dati ci confermano il superamento netto dei 20 mila scrutini bloccati in tutta Italia, una nota dal Ministero dell’Istruzione comunica che il “blocco degli scrutini non esiste!”. Pura operazione mediatica, “dettata dalla ricerca di visibilità politica e destituita da qualsiasi fondamento reale”, come se la questione interessasse solo i giornali ed i Tg che in questi giorni, in Italia, avrebbe registrato solo “casi isolatissimi di blocco degli scrutini nelle scuole, a seguito di una manifestazione davanti al Miur, alla quale hanno preso parte non più di trenta persone”.
Che dire? Eppure anche sabato a Piazza del Popolo, alla manifestazione della CGIL erano in tanti gli insegnanti giunti da ogni parte d’Italia; indignati e amareggiati per la loro condizione. Professionisti della conoscenza che lavorano per passione, consapevoli di assolvere un compito importantissimo per la formazione della società civile del domani. È quanto ci riferisce Elisabetta, docente di un liceo di Brescia, che dopo anni di precariato si è vista approdare nella scuola in uno dei momenti più bui della “controriforma”.
A manifestare molte insegnanti romane che annunciano nei giorni successivi il blocco nelle loro scuole, preparato dai Cobas e altri sindacati. Le intercetto, per qualche domanda, qualche giorno dopo davanti l’atrio dello storico IPSIA Duca D’Aosta a Roma, oggi Diaz, ci sono anche molti studenti in fermento per l’attesa.
D. “Salve Prof, al Diaz le operazioni di scrutinio si sono svolte regolarmente o lei è tra le disobbedienti?”.
R. “Non sono disobbediente e per questo sono stanca di essere ‘messa in castigo’ da parte di chi parla di ‘scuola e riforme’. Una scuola che illude e mortifica anche i più obbedienti. Oggi, nella mia scuola, possiamo ritenerci soddisfatti perché tra colleghi ci siamo trovati uniti a prescindere dalle sigle sindacali. In sintesi: due insegnanti hanno bloccato, in modo organizzato, gli scrutini dell’intera giornata in ben 8 Consigli di Classe, sostenute dalla solidarietà della maggior parte dei colleghi che questa volta hanno reso possibile una protesta urgente e necessaria, senza inutili remissioni di denaro”.
È quanto ci riferisce, in modo chiaro, la professoressa Carla Parolari, insegnante di Inglese, presto teacher per una laurea presa a 22 anni, in cattedra da più di vent’anni con l’esperienza di chi ne ha attraversate davvero tante di stagioni e di contraddizioni della scuola prima di approdare in quel mondo dove gli anni di precariato sono davvero tanti.
Insomma la scuola si muove finalmente, è un momento di grande fermento ed è fuori di dubbio che, se le cose non cambiano, la cosiddetta riforma Gelmini/Tremonti e la manovra finanziaria messa a punto dal governo avrà come conseguenza il più grande licenziamento in massa degli ultimi decenni oltre che sottrazione di risorse a vari livelli.
I COBAS chiedono che si cancellino i 41 mila tagli e la Finanziaria-massacro, il blocco degli scatti “di anzianità” e dei contratti, il furto delle liquidazioni e l’allungamento dell’età pensionabile, in particolare a 65 anni per le donne; e reclamano l’assunzione a tempo indeterminato dei precari/e, massicci investimenti nella scuola pubblica per il funzionamento degli istituti, l’annullamento della “riforma” delle superiori, la restituzione a tutti/e del diritto di assemblea.
I tempi sono maturi per una protesta seria che unisca tutto il pubblico impiego così come è stato nel 2000, l’anno che ci ricorda l’ultimo grande sciopero della scuola.
Concetta Di Lunardo