La rivoluzione educativa di don Milani
A Barbiana, piccolo borgo del Mugello a pochi chilometri da Firenze, esiste dal 2011 il Sentiero della Costituzione, un libro di strada che si snoda in 45 grandi pannelli con gli articoli della Costituzione, illustrati dai disegni di ragazzi di diverse scuole d’Italia, che segnano il sentiero nel bosco percorso da don Lorenzo Milani il primo giorno che arrivò a Barbiana, quando nel 1954 fu mandato in esilio. Su quel poggio con la chiesetta e la canonica, il priore aprì la sua scuola.
Si racconta che sul comodino accanto al suo letto don Milani tenesse stabilmente due testi: la Bibbia e la Costituzione, la profezia religiosa accanto a quella laica e civile. E diceva: “il Vangelo vale solo per i credenti, ma la Costituzione è obbligatorio per tutti rispettarla”.
Dopo anni di oblio nel mondo della Chiesa e qualche attrito con le strutture ecclesiastiche a causa della sua proposta educativa e della difesa dell’obiezione di coscienza, nel 2017 ha fatto visita alla scuola di Barbiana papa Francesco, il primo papa a recarsi sulla tomba del prete e a rivalutarne l’operato, includendolo nella schiera dei profeti inascoltati e definendolo con calore un educatore e un insegnante capace di “sporcarsi le mani”.
Don Milani ha praticato percorsi originali e forse troppo avanzati per essere compresi nell’immediato, sempre animato da schiettezza, passione educativa, dialettica intellettuale e dall’ intento di risvegliare nelle persone il desiderio di costruire una società diversa e migliore. La visita di Francesco a Barbiana e le parole spese a favore di don Milani, unite all’avvio del processo di beatificazione, segnano per questo un momento di riconoscimento epocale.
Per don Milani la scuola è come “uno spedale da campo, per curare i feriti e accogliere gli emarginati”: ai suoi ragazzi voleva donare l’eguaglianza spesso negata, farli crescere con la mente e il cuore accogliente, senza guardare al colore della pelle, alla lingua, alla religione, e soprattutto dare loro le competenze linguistiche che rendono le persone padrone di sé e membri attivi della società.
Conquistare la cultura, intesa appunto come possesso e esercizio della parola, è l’unico modo per i contadini e gli operai che frequentavano la sua parrocchia, prima a San Donato di Calenzano e poi a Barbiana, di elevarsi, di comprendere le dinamiche del mondo e della società e di conquistarsi la dignità di persone e la sovranità di cittadini[1].
Come ha scritto Gianni Rodari: “Tutti gli usi della parola a tutti. Mi sembra un buon motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo”. E’ la grande lezione di don Milani: “se un povero possiede la parola è come se possedesse la fionda usata da Davide contro Golia”.
La forza generativa della parola è vitale e costituisce la pietra angolare della scuola, anche oggi, come spiega Gustavo Zagrebelsky nel recentissimo saggio sulla lezione: “se non si hanno le parole, le cose, di qualunque genere siano, fisiche o metafisiche, materiali o immateriali, non si possono afferrare e trattenere, cioè non si possono acquisire. Sono infatti le parole che permettono di pensare il mondo”[2].
O per dirla con le parole di Massimo Recalcati, a margine di un passaggio formidabile della “Lettera a una professoressa” – vademecum di ogni insegnante democratico -, il problema non è tanto quello di appropriarsi del sapere, ma è far circolare il sapere, dare il sapere; è trasmettere il valore del desiderio di sapere, cuore di ogni autentico insegnamento: un bravo maestro è colui che accende nei suoi studenti il desiderio di sapere, che è il vaccino più formidabile nei confronti del delirio dell’ignoranza. L’ignoranza diventa motore che anima la ricerca della verità e se uno impara a imparare, questo rimane per sempre!
Ricorda Mario Lodi, rievocando una visita alla scuola di Barbiana, che i ragazzi di don Lorenzo avevano imparato a far domande senza badare a chi avevano davanti e andavano all’essenza delle cose[3].
Il rivoluzionario esperimento pedagogico, sociale e politico di don Lorenzo guarda ad una scuola possibile, fruibile ed accessibile a tutti, anche ai “secondi”, i figli degli operai e dei contadini – oggi gli immigrati, i disoccupati, le fasce deboli in uno Stato sociale in cui vige ancora la precarietà dei diritti. Mostra una particolare attenzione nei confronti dei poveri e dei lontani e comprende che non si sarebbero avvicinati, ma che toccava invece a lui, al giovane cappellano, uscire dalla canonica per andare a trovarli nelle loro abitazioni, nelle fabbriche e nelle case del popolo. Pertanto non perde tempo, don Lorenzo. Inforca la bicicletta e si mette a pedalare alla ricerca degli ultimi[4]. Sosteneva che i lontani non bastava andare a cercarli, ma occorreva condurre uno stile di vita credibile ai loro occhi. Solo così sarebbe stato possibile abbattere il muro di diffidenza che li separava dalla Chiesa e dalla cultura.
Questa diventa la missione della sua breve e appassionata vita, vissuta sempre e comunque con tenacia: “se non lo si sapesse già in partenza che il nostro è il mestiere dei fiaschi ci sarebbe da scoraggiarsi. Tutto casca, tutto muore, tutto s’arena e ci vuole fede per pigliare iniziative nuove”.
La sua “iniziativa nuova” è una scuola a tempo pieno, che non scarta nessuno, ma a tutti coloro che vengono inclusi chiede di dare il massimo, scommettendo sulla possibilità che ogni ragazzo possa raggiungere i migliori risultati. Don Milani era molto esigente e poteva esserlo, però, perché metteva i ragazzi nella condizione di poter dare il meglio di sé.
Nella sua scuola di Barbiana non si insegnava il Vangelo, ma si leggevano i giornali, si organizzavano giochi dalla scherma alle gite in bicicletta, momenti dedicati al disegno e alla pittura, e si discuteva di politica, perché per don Milani i giovani non dovevano avere una cultura cristiana, ma maturare una concezione sociale che li portasse a possedere le armi giuste per combattere contro il sistema borghese.
La sua metodologia era dialogica, fondata sulla collaborazione tra docente e ragazzi, in modo che anche il docente poteva imparare dai ragazzi, ascoltando i loro più sinceri ragionamenti. La scuola diventava così un momento di svago e di creatività. L’idea di lezione che ritroviamo nelle recenti pagine di Gustavo Zagrebelsky, il piacere digressivo, il piacere della domanda, la scoperta della complessità delle cose: “La lezione è una passeggiata a piedi, una gita, sia pure con un punto finale, una meta… Per chi passeggia è importante camminare, non solo arrivare”, secondo la metafora del filosofo Florenskij.
A cento anni dalla nascita don Milani merita un anno di attenzione e di impegno durante il quale deve tornare a parlare ai cuori e alle menti delle italiane e degli italiani, come afferma Rosy Bindi Presidente Comitato nazionale per il centenario. In occasione delle celebrazioni possiamo riscoprire quanto il suo messaggio sia ancora oggi più attuale che mai e alzare la voce per dire basta al ritardo nell’adempimento del dettato costituzionale, che vorrebbe il diritto allo studio uguale per tutti, mentre ancora si perpetuano disuguaglianze e storture del sistema, invece di eliminarle, e si attribuisce alla scuola il compito di premiare il merito, senza però agire con sufficiente determinazione per garantire a tutti gli studenti pari opportunità e omogenee condizioni di partenza.
[1] V. ROGHI, “La lettera sovversiva – Da don Milani a De Mauro, il potere delle parole” (Laterza, Bari-Roma 2017. A. CORRADI, Non so se don Lorenzo, Feltrinelli, 2012.
[2] G. ZAGREBELSKY, La lezione, Einaudi, 2022.
[3] L’arte dello scrivere. Incontro tra Mario Lodi e don Lorenzo Milani, A cura di C. LODI e F. TONUCCI, Casa delle Arti e del Gioco- Mario Lodi, 2017.
[4] M. LANCISI, Don Milani. Vita di un profeta disobbediente, TerraSanta Edizioni, 2023. E’ il primo racconto della vita del maestro di Barbiana, racchiude oltre mezzo secolo di studi milaniani e è arricchito di nuovi documenti e testimonianze esclusive come quelle di Adele Corradi, che ha insegnato al fianco del sacerdote, e di Francuccio Gesualdi, che ha vissuto per 13 anni in canonica col priore.
Rita Bramante Già Dirigente scolastica, membro del Comitato Nazionale per l’apprendimento pratico della Musica