Il jazz va a scuola – di Catia Gori e Sonia Peana
Progetto nazionale “il Jazz va a scuola”
“…Da un po’ di tempo nelle nostre classi, la parola jazz è entrata nella quotidianità scolastica, al punto che alcuni bambini hanno proposto di sostituire alla vecchia jeep dell’ alfabetiere murale, proprio la parola jazz.
Lo hanno addirittura disegnato: una tromba dalla quale escono note, bolle, fiori e ogni altro elemento legato alla libera associazione giocosa.
Qualcuno ha cercato addirittura di dare una “propria” definizione: “una musica che cambia strada, all’ improvviso, una musica “non dritta…obliqua”
I bambini sono estremamente efficaci con le parole, e le parole se usate bene, possono riuscire in qualche caso a produrre significativi cambiamenti.
Come ogni nuova parola che entra nella nostra vita, produce idee, aspirazioni, desideri, esperienza, sapere.
La scuola è un argomento oggi di moda. Se ne parla molto: per motivi diversi e spesso contrapposti.
La scuola è la base della società.
A scuola si vive ci si rapporta con gli altri, si educa e ci si educa.
Anche l’educazione artistica è un diritto del cittadino.
Il premio vero della formazione scolastica è la conoscenza ed il desiderio che questa muove, conducendoci oltre un sentiero già tracciato, una tensione allo sconfinamento al divergente, al nuovo.
Identità ed erranza due facce della conoscenza, del confronto che da secoli ha dato all’uomo l’occasione di misurarsi con il nuovo ed evolvere con esso, o di rifuggirlo e combatterlo azzerandone la scintilla e l’occasione di conoscenza.
Perché il sapere ci formi attraverso il desiderio, è necessario un contagio un incontro con il testimone di questa scintilla.
È la fiamma del jazz, il nostro incontro.
È ciò che ogni musicista jazz con la propria storia di vita racconta e fa attraverso la sua musica, narrando uno dei fenomeni culturali più incisivi del xx secolo, cambiando e trasformando tutta la musica occidentale, testimoniando inoltre questa grande verità: la cultura degli schiavi ha vinto sullo schiavismo, e questa viene ad essere una lezione di emancipazione ed evoluzione di una nuova visione espressiva e sociale.
Ogni musicista jazz, è abituato a captare e cogliere cosa succede intorno a lui ad un livello intuitivo molto spiccato.
Anche il bambino ha questo tipo di approccio istintivo, è curioso e libero, non omologato a modelli; è veloce immediato. Potremmo dire che per la natura del linguaggio,il jazz è adeso alla versatilità del bambino, e che questi non deve faticare per adattarsi.
Da un punto di vista della relazione sociale, nel linguaggio jazz e nelle musiche improvvisate ogni individualità ha una portata creativa ed attiva fondamentale, poiché contribuisce a costruire il collettivo sociale musicale. Si sta in ascolto, si coglie la narrazione dell’altro, la si completa e per arricchirla si inventano timbriche si costruiscono addirittura tecniche nuove per poterle realizzare. Nuove energie, e anche nuovi silenzi, poiché le pause da sempre per ogni musicista di ogni genere musicale sono presenza, sono ciò che rigenera ogni discorso.
Anche per ogni comunità educante, l’ascolto il silenzio la pausa sono rigeneranti semi vivificanti di ogni relazione.
Nella musica jazz il desiderio è improvvisazione, è un fare subito nel qui ed ora della musica insieme, attraverso la conoscenza l’ascolto dell’altro in continuo divenire.
Parte dal fare, il jazz.
Il pensiero segue: poiché il fare è già sapere.
Si alimenta di curiosità e gioco creativo costante, in quella zona che le neuroscienze chiamano pre-conscio: la sede della creatività.
E’ fluida azione musicale, il jazz è agile dinamico, intuitivo immediato.
Il jazz porta in sé una storia vera, non nasce dal nulla, per questo non sarà mai “semplicistico”.
Essendo un linguaggio estremamente plastico, si adatta al bambino, gli tende la mano, senza tante sovrastrutture .
Anche in classe quando l’insegnante porta nella conoscenza la propria emozione, lo studente che ascolta, è parte di quella combinazione straordinaria che si chiama empatia, che dà ad ogni esperienza educativa quel contatto che forma, che dà appartenenza.
Il jazzista lo chiama interplay.
Si suona ciò che si è, così come si educa con ciò che si è.
L’improvvisazione, il creare nell’ istante non si improvvisa: questo misto di ancestralità che apre la creatività nel momento in cui la si attua, ha tutta la complessità di un discorso elaborato.
I musicisti sanno bene che per improvvisare è necessaria la conoscenza musicale della struttura, del ritmo, del corpo che lo ha ballato, degli elementi prosodici della lingua afroamericana che ne hanno caratterizzato le cellule ritmiche, dei pianti e della rabbia che ne hanno urlato la segregazione, della estetica cool che lo accarezzato, della immensa spiritualità che lo ha trasceso, delle donne che lo hanno forgiato di dolore e di riscatto.
Un universo di simboli, una filosofia di vita, uno scambio continuo, che ha temi pedagogici estremamente efficaci ed attuali.
Da ciò ne consegue che nel formulare il Progetto nazionale IL jazz va a scuola siamo partite dalla visione storica artistico-sociale ed educativa del jazz, e lo abbiamo portato nel luogo dell’incontro per eccellenza:la Scuola.
Oltre ad alcuni assunti storici e pedagogici sopra delineati, che ci hanno portate a riflettere sulla validità del jazz come strumento efficace nella attuazione di un modello creativo di inclusione sociale e relazionale legato al jazz e linguaggi improvvisativi, vi sono anche motivi precisi legati a nuove realtà artistico culturali presenti nel nostro Territorio nazionale, che ci hanno portato a delineare la nostra proposta
Primo fra questi, il fatto che Il 21 febbraio 2018 è nata la Federazione nazionale del jazz italiano.
Essa riunisce dentro di sé le seguenti associazioni del settore : I-Jazz (Associazione nazionale che raccoglie fra i più conosciuti festival jazz italiani), MidJ (Musicisti italiani di jazz), ADEIDj ,( Associazione delle etichette discografiche ) IJC (Italia Jazz Club )
La suddetta Federazione, che non ha scopo di lucro, ed è presieduta da Paolo Fresu, prevede tra i propri obiettivi anche quello di promuovere, in collaborazione con la Scuola, percorsi didattico musicali legati alla conoscenza e diffusione della musica jazz e delle musiche improvvisate, favorendo la creazione di reti virtuose, incentivando il dialogo e la collaborazione tra tutti i soggetti interessati.
In modo particolare si propone come centro di eccellenza per sostenere progetti che tendano alla valorizzazione e allo sviluppo dell’attività artistica italiana, con particolare riferimento al jazz e alle musiche attuali, e che abbiano come nucleo portante la ricerca e la sperimentazione.
La Scuola potrà pertanto usufruire della prestigiosa risorsa culturale messa a disposizione da tutti quei musicisti Jazz con cui si determineranno condizioni di collaborazione. Si tratta di una opportunità straordinaria, che merita attenzione.
Per questo si è tenuto all’ Auditorium dell’Unipol a Bologna il 17 novembre scorso, il 1 Convegno nazionale rivolto al mondo della scuola. Questo importante evento culturale, inserito all’ interno del Festival internazionale del jazz di Bologna, è stato ideato e promosso dalla Federazione IJI , in collaborazione con il Comitato per l’ Apprendimento Pratico della Musica per tutti gli studenti presieduto dal Prof. Luigi Berlinguer, e dall’ Ic 16 di Bologna, scuola Polo D.M.n.851 2017
Il Convegno, che ha convocato e riunito tutte quelle realtà nazionali legate al linguaggio jazz con l’obiettivo di “mappare” tutte le esperienze di collaborazione in atto con il mondo della scuola a partire dai nidi per estendersi poi a ogni ordine e grado della formazione scolastica, ci ha dato occasione per farci comprendere le realtà didattico musicali legate al linguaggio jazz, con quali modalità sono state attuate, nonché le progressioni e implementazioni delle stesse.
Sono state presentate 17 esperienze progettuali, sparse in tutto il Territorio Nazionale. I referenti dei Progetti si sono incontrati, hanno narrato le loro progettazioni presentandole mediante video, o dal vivo con giovanissimi studenti concertatori: “La scuola suona il jazz” studenti guidati dal Prof. Carmelo Coglitore, l’ “Orchestra Felice” studenti guidati dal Prof. Felice Clemente , “ODG Brass Band” studenti guidati dal Prof. Franco Emaldi
Punti di forza e di criticità di specificità sono stati delineati anche nella Tavola rotonda che ha visto fra gli illustri relatori: , Luigi Berlinguer, Andrea Apostoli, Tullio Visioli, Tommaso Vittorini, Paolo Damiani, Anna Lisa Spadolini, Ilaria Chirico sul tema “Linguaggi musicali : specificità del jazz implicazioni didattico-educative”.
I relatori hanno evidenziato la necessità di potere inserire nei percorsi di Formazione scolastica esperienze legate alla musica jazz,in particolar modo per la pratica creativa e intuiva della improvvisazione, per la promozione dell’apporto individuale a dispetto di un atteggiamento di omologazione e di livelli standard troppo frequentemente richiesti, nei percorsi scolastici.
Tali richieste, in un certo senso eludono l’apporto individuale creativo, portando così a “scorciatoie”del pensiero che ne riducono l’ approfondimento , e la sua complessità.
Favorire lo sviluppo della creatività attraverso la plasticità dei linguaggi improvvisativi, favorisce invece un ascolto attento, dato da stimoli che si colgono continuamente in un divenire maggiormente fluido anche da un punto di vista relazionale, e un maggiore approfondimento dei dettagli, degli approfondimenti individuali, che supportano adeguatamente conoscenza ed autostima.
Particolarmente accalorato l’intervento del Prof Luigi Berlinguer, che nel suo “storico” impegno di promozione della musica nella Scuola, ha evidenziato necessario e insostituibile, per l’ apporto su tutti gli aspetti della formazione cognitiva ed emotiva dei bambini, l’ intervento sistematico ed istituzionale dell’ educazione musicale già a partire dalla scuola dell’ Infanzia.
Tornando agli aspetti legati alla musica jazz,Alberto Dentice su l’articolo dell’ Espresso del 5 novembre scorso : “L’ Italia è una Repubblica ri-fondata sul Jazz”, che Franco Cerri, decano dei jazzisti italiani, nel bel documentario in occasione dei suoi novant’ anni, presentato al Jazz MI , ha ricordato che verso la fine degli anni 50, con Gornj Kramer, furono i primi a presentare al Ministero della Pubblica Istruzione un progetto dove il jazz potesse entrare nella formazione scolastica, l’ idea piacque, poi però non ebbe allora seguito.
Questo dato rafforza la nostra proposta di Progetto rivolta al mondo della Scuola e alle relazioni con i territori locali e il Territorio nazionale.
Per questo durante il 1 Convegno del 17 novembre scorso abbiamo evidenziato una ulteriore proposta inserita nel Progetto nazionale: indire una Giornata nazionale del jazz rivolta al mondo della scuola ,per evidenziare la Memoria del Patrimonio nazionale e culturale legato al jazz italiano.
Un passo ulteriore per la Federazione nazionale il jazz italiano che attiva “interplay” con il mondo della Scuola, uniti per comprendere e costruire relazioni significative, camminare insieme con quel passo spedito e interculturale che il jazz sempre, e da sempre ha solcato.
Il Progetto nazionale Il Jazz va a scuola è una sorta di “marching band”artistico- sociale- culturale ed educativa.
È un inizio.
Si propone anch’esso come un contributo educativo formativo, sorretto da competenze, passioni e soprattutto finalità inclusive, vere assi portanti del jazz.
Da sempre per potersi realizzare anche da un punto di vista estetico,il jazz ha assecondato le regole della collaborazione e mai dell’esclusione del vicino, ha privilegiato la dimensione dell’ ascolto prima, e del dialogo poi.
Poiché tutto ciò che facciamo per accogliere chi arriva e rendere efficace un gruppo, in realtà migliora anche noi, attiva di fatto identità coscienza rispetto, è un processo educativo parallelo:sapere accogliere l’ altro ci trasforma, ci “costringe” a pensare e attuare sentimenti etici ed estetici insiti in ognuno di noi.
Nel Progetto didattico musicale IL Jazz va a scuola vi è un intento guidato da consapevolezze precise: “ intonare” i nostri futuri uomini e donne alla relazione partecipata, alla bellezza dello stare insieme in un tempo e spazio fatto di accenti,pulsazioni,timbri, dinamiche, ritmi e melodie proprie della vita del jazz, della sua storia, della sua fatica, delle sue conquiste .
È un modello nel quale ciascuno porta il proprio suono, la propria storia, la propria visione necessaria all’ insieme.
È libertà vera, fatta di partecipazione di ascolto e di assenza di giudizio a-prioristico performativo.
Si può sbagliare senza essere sbagliati…anzi sbagliando s’ inventa e si crea, come diceva Gianni Rodari, che ha fatto della sua Grammatica della fantasia una grammatica vitale, è colui che ci ha insegnato che valutare significa dare valore, significa formare non sentenziare.
Ascoltare per essere ascoltati, per educare alla bellezza e con essa alla pace.
E allora come suonava Charlie Parker , inaugurando la rivoluzione artistica del Be- bop, potremmo provare anche noi a dire, qui e ora …NOW’ S THE TIME !
Progetto nazionale “il Jazz va a scuola” è stato redatto dalle musiciste della Federazione nazionale Il jazz italiano, Presieduta da Paolo Fresu:
Catia Gori docente, cantante , formatrice , direttrice di cori giovanili, promotrice di esperienze musicali legate all’ educazione musicale nella scuola Primaria.
Sonia Peana musicista ,ideatrice e promotrice del Progetto “Nidi di Note”attiva nella didattica nei nidi e scuole dell’ Infanzia e nell’ insegnamento del violino e pianoforte per i più piccoli.
Catia Gori e Sonia Peana