Emozion’Arti

Sono stata docente di sostegno per dieci anni, da tre lo sono di Storia dell’Arte, a mio parere una delle discipline più caleidoscopiche, sfaccettate e inclusive.

Anche se gli indirizzi di studio nei quali mi sono trovata a lavorare non contemplavano l’insegnamento di questa materia, ho sempre inserito le opere d’arte nei lavori realizzati e nei materiali didattici predisposti, convinta che l’educazione alla bellezza possa essere fatta anche in maniera “indiretta”. Approfitto per far riflettere sul fatto che uno dei problemi che i docenti di sostegno incontrano, in particolare nella Secondaria di Secondo grado, è la mancanza di materiale didattico, che a volte si traduce nella necessità di utilizzare strumenti pensati per studenti di gradi scolastici inferiori: questo può creare disagio nei ragazzi che si vedono trattati come perenni bambini ai quali viene negata una reale possibilità di crescita e di sviluppo cognitivo. Non è necessario specificare come questo disagio possa rendere faticosa l’inclusione. Per questo motivo, quando possibile, ho preparato in autonomia i materiali didattici, ma con l’occhio di docente di Storia dell’Arte che non sopporta le retoriche e opache immagini di cui sono farciti i nostri testi scolastici, quindi ho inserito riproduzioni di oggetti artistici anche per prodotti riguardanti Informatica, Scienze Motorie o qualsiasi altra disciplina. I ragazzi hanno cominciato a fare domande sull’arte e la bellezza in generale, gli studenti a me affidati rispondevano alle domande.

Molti ragazzi, soprattutto con sindrome dello spettro autistico, hanno un pensiero visivo estremamente sviluppato, va benissimo lavorare con la CAA, ma con loro e non solo ci si può spingere ben oltre! L’uso della sola CAA a mio parere può essere riduttivo e non dà la possibilità di sfruttare le infinite risorse che i ragazzi possiedono. Inoltre l’arte consente di lavorare su comunicazione non verbale, contatto visivo…: le mani, i gesti, le espressioni… l’intensità con la quale alcuni personaggi ci guardano attraverso le tele o gli affreschi è tale da farci sentire storditi, emozionati, confusi…

L’arte è da sempre LO strumento pedagogico per eccellenza, restituiamole la funzione e il ruolo che merita!

Proprio su questo ho preparato un percorso per sviluppare la competenza emotiva: agganciandomi a Ekman ho preparato 4 presentazioni su 4 emozioni: tristezza, rabbia, paura, gioia. Prenderò a titolo di esempio quella sulla tristezza, lo schema utilizzato è stato sempre lo stesso per evitare che i ragazzi potessero confondersi, il lavoro è stato solo sulle emozioni. Il pdf che documenta il percorso è riportato alla fine di quest’articolo

Con i ragazzi siamo partiti dall’espressione di tristezza studiata da Ekman: cosa la caratterizza? Come sono le sopracciglia? Come appare la bocca? Dopo aver risposto a queste ed altre domande, abbiamo analizzato le medesime espressioni in importanti opere d’arte, ma anche esplorato le varie sfumature della tristezza nei suoi diversi gradi di intensità: la disperazione, la malinconia, il dolore profondo…

Conclusa questa parte ci siamo allenati a riconoscere le emozioni analizzate in immagini miste.

A seguire i ragazzi sono stati invitati a rispondere ad una serie di domande: la competenza emotiva interessa diverse dimensioni, riguarda la capacità di nominare, esprimere e gestire l’emozione, avere competenza emotiva significa sapere come l’emozione si manifesta nel corpo, significa avere il controllo di pensieri e azioni. E’ molto importane tenere presente tutto questo, dobbiamo prima di tutto essere noi docenti consapevoli e aver sperimentato su di noi, altrimenti non possiamo pretendere di farlo con i ragazzi. Così come non possiamo pensare di far risolvere un’espressione di matematica, senza averla prima di tutto noi acquisita nel profondo, non possiamo pensare di lavorare sulle emozioni senza averle noi accolte e comprese. A volte i docenti non introducono questi argomenti a scuola per timore di reazioni imprevedibili. Io ci ho sempre lavorato, anche con ragazzi con disabilità importanti e mi sento di dire questo: c’è sempre il rischio che si scatenino conflitti e/o crisi, non è l’argomento oggetto di studio, ma l’approccio, la sensibilità e soprattutto l’empatia che ci aiuta. La cosa fondamentale è non superare certi limiti, mai psicanalizzare, i nostri sono solo esercizi di consapevolezza. Rimaniamo sempre qui e ora, utilizziamo un approccio fenomenologico basato sull’esperienza del momento, mai interpretare, mai consigliare, mai dare soluzioni. Possiamo solo fare domande che aiutino gli studenti ad auto esplorarsi e prendere consapevolezza del proprio mondo emotivo. Questo aiuterà a sviluppare anche l’autocontrollo e quindi a limitare, non aumentare, i turbamenti e le inquietudini.

Qualche esempio: ti capita di provare tristezza? In quali occasioni? Sapresti dire in quale parte del corpo la senti? Sai riconoscere la tristezza nell’altro? Associa questa emozione a un colore… una forma… un sapore… Per favorire una riflessione personale questa parte deve essere svolta in autonomia e in forma scritta (o disegno, manufatto …), solo dopo la condivisione. Se si svolge direttamente in forma orale c’è il rischio che i ragazzi si condizionino e non diano una risposta autentica.

A conclusione della lezione è stato chiesto ai ragazzi di farsi un selfie imitando/esprimendo quell’emozione, selfie che è poi stato trasformato in opera d’arte attraverso l’utilizzo di un’APP (AllPortraits) e condiviso su un padlet.

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Giuliana Renzella docente di storia dell’arte nella secondaria superiore, già docente di sostegno