Contrasto della dispersione scolastica nelle scuole della Barbagia /Mandrolisai
Sulla dispersione si è già detto molto e sembra non ci siano nuove analisi e prospettive chiare in grado di dare una svolta verso una diminuzione della percentuale di studenti coinvolti negli abbandoni, drop out, ripetenze, dispersione implicita e neet. Mi propongo pertanto di fare una breve riflessione sulle problematiche della scuola, relative al territorio in cui opero come Dirigente scolastico. Si tratta di un territorio “particolare” montano, della subregione Mandrolisai/Barbagia che si trova nella cuore della Sardegna in provincia di Nuoro, caratterizzato da una progressiva denatalità, cui si aggiunge uno spopolamento progressivo: i giovani si spostano per studio e/o lavoro e non fanno ritorno, per cui la popolazione è in gran parte anziana.
Le Istituzioni scolastiche presenti nei centri di Atzara, Sorgono e Desulo, sono due istituti comprensivi e un solo istituto secondario di secondo grado, che comprende un liceo scientifico ad indirizzo tradizionale, un professionale agrario, un professionale alberghiero, un tecnico ad indirizzo chimica e materiali e un tecnico economico.
Negli ultimi anni circa il 50% degli alunni si iscrive al liceo scientifico, è buona la frequenza nell’agrario e nel chimico, mentre le altre due scuole sono in crisi, con poche decine di alunni iscritti. Tutte le scuole manifestano i tipici fenomeni della cosiddetta dispersione.
Al liceo si registrano pochi casi di abbandono, ma un significativo tasso di ripetenze, soprattutto nel primo biennio, con conseguente trasferimento in istituti considerati più facili.
La situazione dei tecnici è simile a quella del liceo, con una percentuale superiore di ripetenze e qualche abbandono che si registra in particolare nelle classi conclusive, soprattutto nelle quarte. Negli istituti professionali, invece, la situazione è grave, con un un’alta percentuale di ripetenze, di abbandoni e di alunni che non raggiungono un livello di competenze di base adeguate al termine del corso di studio, in particolare nella lingua italiana, nelle materie STEM e soprattutto in matematica e inglese.
Cosa fare? Cosa può fare la scuola? Sappiamo che fra le cause della dispersione vi sono le condizioni socioeconomiche del territorio e delle famiglie, la carenza nel territorio di servizi
socioculturali, in particolare, l’assenza di una politica territoriale dei trasporti capace di garantire un servizio adeguato con i tempi della scuola, l’insufficienza di spazi per mensa e attività sportive, la scarsa presenza di biblioteche, teatri, cinema, eventi culturali, ecc. Su questi aspetti servirebbe una più efficace politica sul diritto allo studio da parte degli enti locali, basata su una stretta collaborazione tra scuola, comuni, politiche Regionali. Invece, la scuola si ritrova spesso sola e con poche risorse a porre un freno al fenomeno della dispersione, che rappresenta un problema gravoso in un mondo in cui la conoscenza è fondamentale nel lavoro ed essenziale per affrontare le sfide del contesto contemporaneo e futuro.
Le politiche di intervento sulla dispersione scolastica hanno spesso come obiettivo la scuola secondaria di secondo grado. Questo è a mio avviso l’errore di prospettiva più grave, poiché i fenomeni tipici della dispersione si manifestano nella scuola superiore, soprattutto nel primo biennio, ma le cause dell’emergere del fenomeno vanno ricercate nelle scuole del primo ciclo, a partire dalla scuola dell’infanzia. Già nella fascia 3-6 anni emergono le prime difficoltà degli alunni, inoltre spesso i bambini registrano molte assenze e all’ingresso nella scuola primaria partono già con lo svantaggio di non aver raggiunto le competenze previste dalle indicazioni nazionali.
Se si leggono i traguardi previsti da queste ultime ci si rende subito conto che il bambino di sei anni è già un piccolo cittadino, con le conoscenze e le competenze previste dai campi di esperienza.
Lo svantaggio poi si aggrava nella scuola primaria e secondaria di I grado. In questo fondamentale settore dell’istruzione e della formazione mancano strutture, attrezzature, laboratori, competenze adeguate per far fronte alla difficoltà degli alunni. Le scuole sono organizzate in genere in modo tradizionale, con i banchi singoli disposti in fila, pronti per le lezioni frontali. Scarsa è l’attrezzatura e quasi assenti e poco utilizzati i laboratori. Le attività scolastiche si svolgono in aula e con un orario rigido e poco flessibile, anche nella scuola con il tempo pieno o prolungato. La didattica è per lo più teorica, anche nelle discipline che dovrebbero avere una funzione più orientativa, come l’arte, la musica, per cui gli alunni finiscono per percepire le scienze, l’arte, la musica, solo per fare qualche esempio, come qualcosa di noioso e inutile.
All’arrivo nelle scuole secondarie di secondo grado, spesso gli alunni si sentono inadeguati a causa della loro scarsa preparazione e perdono fiducia, motivazione e autostima, poiché le scuole che li accolgono si rivelano poco inclusive sotto questo aspetto.
Cosa possiamo fare? Le opportunità che oggi sono offerte alla scuola sono di diverso tipo. In primo luogo, la formazione del personale volta a diffondere pratiche didattiche più innovative che pongano al centro la costruzione del sapere da parte degli alunni, che valorizzino la didattica laboratoriale e un coinvolgimento attivo degli studenti.
Per questo le scuole devono utilizzare le opportunità offerte dai progetti come i PON FESR, finalizzati all’acquisto delle attrezzature e laboratori, si PON FSE, che prevedono attività laboratoriali extracurricolari e come il progetto “Oltre i confini. Un modello di scuola aperto al territorio”, finanziato dall’Impresa Sociale con i Bambini, con capofila il Cidi di Milano, che ha coinvolto gli IC di Atzara e Desulo e l’Istituto Professionale Agrario di Sorgono. La prima azione di avvio del progetto è stata la costituzione di una rete territoriale, composta dai dirigenti scolastici dei tre istituti, da due enti del terzo settore, aperta alla collaborazione con gli enti locali; l’obiettivo della rete è stato quello di organizzare e porre a sistema momenti di incontro tra scuola- enti del terzo settore – enti locali, per condividere gli obiettivi, confrontare le attività da mettere in campo per il contrasto della dispersione scolastica.
Nell’ambito del progetto sono stati realizzati, tre ambienti innovativi di apprendimento, uno per ciascun istituto, definiti “Presidi Educativi”, cioè aule laboratori polifunzionali composte da tavoli modulari, pc portatili, touch panel, ecc. Proprio in questi ambienti innovativi si sono svolte con successo gran parte delle attività rivolte agli studenti, soprattutto quelli più fragili e con maggiori difficoltà scolastiche. Questo nuovo contesto di apprendimento, non formale, diverso dell’aula tradizionale, ha fatto la differenza nel rimotivare gli studenti in difficoltà, dove la collaborazione con gli enti del terzo settore ha contribuito a progettare un’offerta formativa più flessibile e attenta ai bisogni formativi degli studenti, incentrata non solo sui contenuti didattico disciplinari, ma anche sugli aspetti educativi e metacognitivi. In questo ambito un ruolo centrale è stato giocato dall’attività formativa di ricerca azione, svolta sul territorio dal progetto, rivolta ai docenti delle scuole della rete, mirata a far acquisire competenze per la progettazione e realizzazione di unità di apprendimento incentrate non su contenuti astratti, ma al contrario su compiti di realtà che hanno visto nella realizzazione un coinvolgimento attivo soprattutto degli studenti ritenuti “fragili” in area dispersione.
A cinque anni dall’avvio del progetto, i dati dimostrano che una strategia di contrasto della dispersione basata sull’alleanza tra scuole, enti del terzo settore ed enti locali territoriali può fare realmente la differenza. Infatti, quanto emerge dagli esiti di apprendimento dell’istituto professionale agrario, ovvero quello in cui più alto era il rischio dispersione, evidenzia che si sono ottenuti buoni risultati, permettendo di diminuire le bocciature, le ripetenze, le lacune degli alunni, favorendo così il successo scolastico.
Ora, una nuova prospettiva è offerta da PNRR, una buona fonte di finanziamento per migliorare le attrezzature didattiche e aggiornare i laboratori, per svecchiare gli arredi e i setting d’aula, e intervenire con il progetto sulla “Dispersione scolastica” sulla povertà educativa.
Il progetto del PNRR sui “Divari educativi”, riprende in larga parte la struttura del progetto “Oltre i confini. Un modello di scuola aperta al territorio”, per cui lo accogliamo con favore e siamo fiduciosi nel suo successo. Ciò che manca, però, è una riforma complessiva della scuola, che ponga a regime attività strutturali di intervento sulla dispersione, perché gli interventi una tantum, per quanto di ampio respiro, sono pur sempre limitati nel tempo. Malgrado troppo spesso ci si senta soli e abbandonati dalle istituzioni, con le nostre pluriclassi da 18 alunni, con l’alto tasso di docenti a tempo determinato, con la poca continuità didattica, con docenti che rifiutano le supplenze perché il territorio è isolato e lontano dai grandi centri, con la difficoltà di reperire esperti per le attività laboratoriali, rimaniamo ottimisti e fiduciosi nel nostro lavoro e nel miglioramento delle nostre scuole e nel successo scolastico dei nostri alunni. Chi si occupa di educare, istruire, formare le nuove generazioni non può permettersi di essere pessimista.
Luca Tedde – Dirigente scolastico