Scuola Democratica num. 6, autori e contributi
“L’innovazione viene da lontano (e va lontano)”: questo è il titolo della bella intervista a Luigi Berlinguer che apre il sesto numero di Scuola Democratica; l’occasione è un compleanno significativo, 80 anni, ma nessuna ritualità, bilancio o rivisitazione di esperienze passate leva spazio alla passione dell’oggi. I temi trattati ruotano intorno alle conseguenze della rivoluzione tecnologica sul modello educativo della scuola e dell’università, e soprattutto sulla necessità di valorizzare, entro visioni educative e prassi didattiche capaci di confrontarsi con il nuovo, l’elemento centrale della tradizione italiana: creatività e rigore scientifico e, quindi, libertà praticata nell’immaginare il nuovo entro una grande tradizione, non insegnata e trasmessa, ma vissuta come esperienza, capace di esercitare intelligenze e di costruire l’identità delle nuove generazioni. Di qui l’interrogazione sulle ragioni che impediscono le buone riforme nel nostro Paese: prima di tutto la difficoltà a socializzare, attraverso l’azione educativa, le grandi novità del mondo contemporaneo; poi, le corporazioni che, a vari livelli della società, ostacolano il cambiamento di stili di vita individuali e sociali; infine la terza, la “mancanza” di Europa, che non permette ancora a tutti di essere cittadini europei, producendo una frammentazione di minoranze che ri-negoziano ogni volta impraticabili equilibri. Quali le proposte? Innovazione, responsabilizzazione, autonomia nelle scelte e sostegno dalle istituzioni “vicine” ai luoghi e ai soggetti che apprendono, flessibilità e eliminazione di interventi che pretendono di “ministerializzare” (il neologismo viene da un ex Ministro della Istruzione, e non è poco!) l’innovazione, che pure già oggi molte scuole praticano con successo.
La sezione Saggi presenta contributi, rigorosamente costruiti e documentati, che affrontano (i primi tre) il tema del prodotto sociale delle istituzioni formative: M. Pitzalis lo spazio scolastico e universitario come luogo della riproduzione delle diseguaglianze, B. Giullari il ruolo della “governance” locale nella lotta alla dispersione scolastica e formativa, G. Luzzato e S. Mangano la condizione occupazionale dei laureati italiani di primo e di secondo livello, esaminata nella prospettiva della “European Higher Education Area”; il quarto saggio, di Robert Cowen, è una nota sulla situazione della “comparative education” e offre un utile contributo all’avvio di una riflessione teorica su un tema che troppo spesso è affrontato con eccessivo entusiasmo o con diffidenza, ma con scarso spessore critico.
L’arcipelago della valutazione nei campi dell’education permette di ricostruire in modo non episodico (attraverso la presentazione di note, punti di vista e contributi specifici) lo stato delle esperienze e delle pratiche valutative nel sistema italiano. Il significato che assumono alcuni indicatori, p. e. il valore aggiunto, nato in un preciso momento negli USA per rivendicare cambiamenti nelle politiche di sostegno economico alle istituzioni educative, nella valutazione degli apprendimenti degli studenti italiani e dell’efficacia dell’azione dei docenti (C. Corsini). Il peso dei ritardi italiani nel riconoscere la necessità di valutare le “policies”, l’esigenza di assumere la dimensione della “quantificazione”, anche attraverso approcci interdisciplinari a livello accademico (A. M. Ajello) e di approfondire le caratteristiche del processo di costruzione di prove e indicatori (P. Lucisano). Opinioni diverse si misurano sulla valutazione del personale docente a partire dalla sperimentazione ministeriale Valorizza, ma non solo (A. Oliva – A. Poggi, D. Van Damme, G. Ragazzini, F. Farinelli). Il dibattito sulla valutazione della ricerca in Italia e, in particolare, il caso della valutazione e classificazione delle riviste scientifiche (A. Bonaccorsi). Registrare risultati fotografando l’esistente o controllare le procedure per assicurare qualità nell’istruzione e formazione professionale (G. Allulli)? Conclude questo complesso excursus tra le isole dell’arcipelago l’illustrazione di metodologie di “peer review” nella valutazione esterna della formazione professionale (M. Guttkmer-Gmeiner).
Overview analizza i dati del Sistema Informativo Excelsior (M. Mauriello e M. Pini) sulle assunzioni femminili da parte delle imprese; soprattutto il Follow up di S. Piccone Stella legge, facendo riferimenti al contesto europeo, come è cambiato / sta cambiando e/o non è cambiato il profilo delle professioni indirizzate espressamente alle donne e soprattutto le qualificazioni conseguite, che le indirizzerebbero sempre più verso le professioni “medium/high skills” e, al contempo, l’incidenza di ostacoli strutturali e culturali vecchi e nuovi che ancora pesano sulla quantità e qualità della partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
La sezione Pratiche e teorie affronta il tema della responsabilità dell’accademia (F. Consoli), in relazione all’organizzazione della didattica come processo possibile (M. S. Piretti) e la “mission” dell’Università nella formazione di soggetti impegnati nel cambiamento sociale in una dimensione di internazionalizzazione delle strutture di governo e nei contenuti di insegnamento (E. Stefani). Le storie del quotidiano restituiscono, senza retorica, il valore delle professione vissuta (G. Marchetta e G. Corà) e lo sguardo di Zeno ci interroga con preoccupata ironia sull’eterna dialettica tra educazione, motivazione e scelta.
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Redazione