Il rapporto ISMU
L’ultimo Rapporto ISMU[1] (Iniziative e Studi sulla Multietnicità) sugli studenti con background migratorio meriterebbe attenzione anche fuori della cerchia degli specialisti. Intanto perché dalle connotazioni di questa parte di popolazione scolastica emerge quanto la realtà dell’immigrazione in Italia sia falsificata da ciò che viene veicolato da narrazioni fatte solo di sbarchi e barconi. Gli oltre 840mila bambini e ragazzi di cui si parla, pari al 10% dell’intera popolazione scolastica, sono per il 73% nati in Italia, ma anche una parte dei nati altrove ha avuto come prima esperienza scolastica le nostre scuole per l’infanzia. Molti ragazzi e ragazze non si distinguono se non per il fatto di essere bilingue; sono le femmine – proprio come per gli studenti italiani – ad avere i risultati migliori; il sempre più diffuso accesso alla secondaria superiore è segno del crescente investimento delle famiglie sull’istruzione come via maestra di crescita culturale e sociale. Se ne potrebbe concludere che è qui, tra i figli dell’immigrazione ‘stabilizzata’, che si dovrebbe soprattutto investire per una piena integrazione, a partire da regole finalmente più generose sul riconoscimento della cittadinanza.
Emerge però anche che, nonostante dai primi ingressi stranieri sia trascorso un tempo sufficiente a dotare la scuola di tutti gli strumenti organizzativi, culturali, didattici necessari, persistono ancora forti criticità sotto forma di ritardi scolastici, ripetenze, abbandoni, disparità di percorsi e di esiti rispetto agli studenti italiani. Quanto basta per interrogarsi sulla capacità complessiva del sistema scolastico di realizzare quell’ inclusione e quelle pari opportunità nell’istruzione che altre narrazioni, o rassicuranti retoriche, danno pressoché per scontate. Non che anno dopo anno gli studi non evidenzino progressi, e progressivi avvicinamenti, soprattutto da parte delle seconde generazioni (e soprattutto delle ragazze, sia di prima che di seconda), ma certi numeri, tra cui spicca anche il più alto tasso di disabilità o di Bes rispetto alla media degli italiani, alimentano il sospetto che il solo fatto di essere ‘stranieri’ , e perfino il potenziale vantaggio di saper utilizzare più lingue, possa essere talora visto come un handicap. Non c’è da stupirsi, ovviamente, in un sistema scolastico in cui anche per gli italiani successi e insuccessi sono più fortemente determinati, rispetto ad altri Paesi, dalle condizioni dell’ambiente familiare (e perfino, lo sappiamo, dal risiedere in una parte o in un’altra del Paese), ma la prevedibilità di ciò che avviene non ne attenua affatto la gravità.
Le ragioni delle difficoltà di una scelta
Da che cosa dipendono le speciali difficoltà che incontrano gli studenti stranieri? Fino a che punto ha un peso la cultura professionale prevalente tra gli insegnanti? Quanto incide l’idea avara o pessimistica di un’integrazione solo ‘al ribasso’, cioè destinata, se va bene, a inserimenti socioprofessionali di livello modesto? E comunque, quali sono – padroneggiamento della lingua italiana a parte, un problema che in tanti anni non ha trovato ancora modelli efficaci di soluzione, né sufficienti investimenti professionali – i passaggi più ardui o gli snodi più pericolosi? Dal Rapporto emergono domande che interessano direttamente il profilo della scuola italiana, la sua efficienza, la sua efficacia, la sua stessa capacità di capire la realtà sociale e umana su cui interviene.
Oltre al monitoraggio di fenomeni e tendenze , il Rapporto presenta anche tre focus di approfondimento. Tra cui lo studio[2] dedicato alle differenze tra italiani e stranieri ( di seconda e di prima generazione, e poi anche per genere ) nelle scelte di indirizzo dopo la scuola media. Al centro, quella tra liceo e non liceo, perché è qui che «si gioca ancora una parte importante della riproduzione della stratificazione sociale in Italia». Il contesto è quello di una scelta che famiglie e studenti compiono due anni e mezzo prima della conclusione del ciclo obbligatorio – dovuto all’insieme di due decisioni, entrambe con effetti problematici: quella di far permanere alla fine della scuola media l’esame di Stato e quella di collocare la scelta dei percorsi successivi sei mesi prima della prova finale. A queste si aggiunge il fatto, sottolineano i ricercatori, di dover compiere la prova finale in assenza di un orientamento nazionale strutturato, connotato com’è da un solo dispositivo orientativo nazionale, peraltro non supportato da procedure e standard condivisi e quindi esposto ai venti della discrezionalità – il consiglio orientativo ‘non vincolante’ del consiglio di classe – e da variabilissime attività informative promosse dai singoli istituti, sia ‘in uscita’ che ‘in ingresso’.
I dati del Rapporto
Il database utilizzato, un campione di 52.000 studenti che hanno conseguito la licenza media nel 2015-2016, comprende tre indicatori di performance: il voto finale, i risultati delle prove Invalsi, i consigli orientativi.
Le differenze nelle scelte tra italiani e stranieri di prima e di seconda generazione sono molto consistenti. A scegliere il canale liceale è più di metà degli italiani, poco più di un terzo degli stranieri di seconda generazione, meno di un quarto degli stranieri di prima generazione. Il gap di genere a favore delle femmine è presente ovunque. Le differenze tra i tre gruppi a proposito della scelta liceo/non liceo, inoltre, sono molto maggiori rispetto a quelle che riguardano i tecnici, i professionali, la formazione professionale. Segno che è quella tra liceo e non liceo la decisione che davvero discrimina.
Scelgono in percentuale il comparto liceale
Italiani | 51,8 | di cui 64,4 femmine |
stranieri di II generazione | 34,9 | di cui 47,0 femmine |
stranieri di I generazione | 24,4 | di cui 34,9 femmine |
Significative sono anche le differenze tra i tre gruppi rispetto alla scelta dei diversi indirizzi del comparto liceale:
Indirizzi | Italiani | stranieri II generazione | stranieri I generazione |
Classico | 11,9 | 7,2 | 4,7 |
Scientifici | 46,6 | 44,7 | 33,5 |
Linguistico | 17,3 | 24,3 | 31,1 |
Scienze umane | 14,8 | 13,3 | 14,2 |
Artistico | 7,7 | 9 | 13 |
La discussione sui risultati
Pur dando per scontato, come confermato da numerosi studi, che sulle performances degli studenti con background migratorio pesano moltissimo, in tutto il percorso scolastico, più fattori di svantaggio rispetto agli studenti italiani ( economici, abitativi, sociali, culturali), la domanda che si pone il focus è «quanto contano, in questa scelta, le performances?». Ovvero,sulla minore scelta degli studi liceali da parte degli studenti stranieri contano solo le performances, o vi si aggiungono fattori discriminanti ?
L’analisi delle correlazioni tra risultati Invalsi e propensione alla scelta del liceo mostra che quest’ultima cresce al crescere delle performances, ma di più per gli italiani che per gli stranieri. Non solo: se nel caso delle performances peggiori il gap tra italiani e stranieri di prima generazione è di 10 punti, nel caso delle performances migliori e a parità di risultati il gap sale a 30 punti. Un quadro parzialmente diverso presenta la correlazione tra scelta del liceo e voto di licenza media (che, a differenza dei risultati Invalsi, è noto e del tutto comprensibile sia alle famiglie che agli studenti). Nelle situazioni ‘estreme’, cioè dove il livello è decisamente basso e dove è decisamente alto, le differenze di scelta tra studenti italiani e studenti con background migratorio sono esigue, mentre la minor propensione alla scelta del liceo da parte di questi ultimi si ripresenta nettamente nella fascia intermedia dei voti che vanno dal 7 al 9, dove può essere più difficile orientarsi, soprattutto per le famiglie che hanno minori conoscenze delle caratteristiche del sistema scolastico italiano e del suo rapporto con il mondo del lavoro.
Quanto all’orientamento del consiglio di classe, che presenta più sintonie con il voto di licenza che non con i risultati Invalsi, l’analisi delle correlazioni evidenzia due elementi. Il primo è che a parità di performances nei test Invalsi, i consigli orientativi suggeriscono la scelta del liceo più spesso agli italiani che agli stranieri. «Un indizio –secondo i ricercatori –,di penalizzazione degli studenti stranieri più brillanti», dovuta probabilmente al fatto che i consigli orientativi non tengono conto solo delle performances ma contengono anche considerazioni sull’appropriatezza sociale degli itinerari liceali», quindi valutazioni discrezionali determinate da approcci culturali o ideologici che portano a interpretare il background migratorio come una connotazione più pesante delle capacità e dei talenti. Il secondo elemento è che, anche quando agli stranieri con le migliori performances viene suggerito il liceo, gli studenti stranieri seguono tale consiglio meno di quanto facciano gli studenti italiani. Se a conformarsi all’orientamento ricevuto è l’80% degli studenti italiani, solo il 73% degli studenti stranieri si comporta nello stesso modo, e meno i maschi che« le femmine. Un indizio, anche qui, di speciali difficoltà delle famiglie e degli studenti con background migratorio.
Difficoltà di informazione, ostacoli economici, aspettative di un ingresso il più rapido possibile nel mondo del lavoro, interiorizzazione di un’integrazione al ribasso alimentata anche dagli ostacoli alla naturalizzazione ? In ogni caso quello della mancata valorizzazione del potenziale di apprendimento degli studenti stranieri con risultati eccellenti è un effetto non desiderabile né per i figli dell’immigrazione né per il Paese che li accoglie.
Nel Rapporto infine eguono le proposte. Non solo servizi informativi e misure di sostegno, ma anche aiuto « agli insegnanti della scuola media a diventare consapevoli di eventuali comportamenti discriminatori»“ in sede di valutazione e di orientamento, e «ad aggiornarsi sul sistema scolastico e sugli standard richiesti attualmente dal canale liceale». Un tema, quello di dispositivi e pratiche orientative tutt’altro che affidabili, che riguarda in verità tutti gli studenti della scuola italiana. Ma i limiti e le aporie, si sa, pesano sempre di più su chi è più debole. E anche su chi, a ragione o a torto, sia percepito come tale.
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[1] Fondazione ISMU. Alunni con back ground migratorio. Le opportunità oltre gli ostacoli, 2020. www.ismu.org
[2] G.Argentin, K. Aktas, G.Barbetta, L.Colombo, Le scelte scolastiche al termine del primo ciclo di istruzione. Un nodo cruciale per gli studenti di origine immigrata. Gli altri due focus sono dedicati ai minori stranieri non accompagnati e a un confronto tra Italia e Francia sulla propensione degli studenti e relazioni interculturali.
Fiorella Farinelli Politica e saggista, docente esperta di istruzione e formazione, componente dell’ Osservatorio nazionale per l'Integrazione degli alunni stranieri