Kaspar il robot mediatore
Ben Robins entra nella hall dell’International Presse Centre di Bruxelles con una valigia enorme e pesantissima. È un po’ affaticato e chiede agli organizzatori di COST qual è lo spazio espositivo riservato all’Università dell’Hertfordshire.
Dopodiché inizia a tirar fuori dalla valigia cavi, dispositivi elettronici, strani strumenti meccanici e infine una specie di pupazzo con le fattezze di un bambino.
Si tratta di Kaspar, un robot umanoide che Ben utilizza per insegnare ai bambini autistici a interagire con il prossimo.
Il robot è stato realizzato dall’equipe della dottoressa Kerstin Dautenhahn nel 2005, ma fin dal 1997 il suo gruppo di ricerca all’Università dell’Hertfordshire (UK) ha studiato l’uso di dispositivi robotici come strumenti di gioco terapeutico dedicato a bambini affetti da autismo.
Ben mi spiega che Kaspar ha un viso umano, ma con una gamma di espressioni semplificate. Attraverso un dispositivo di comando modifica l’espressione del viso e la mimica gestuale. Ecco così Kaspar è felice, invece ora è triste! La mobilità degli occhi aiuta a costruire la mimica facciale.
I bambini sono molto attratti da Kaspar perché lo riconoscono come un giocattolo e lo esplorano toccandolo. Normalmente i bambini affetti da autismo non sono in grado di esplorare il viso umano; è troppo complicato per loro. In questo caso è tutto più semplice: la gamma delle possibilità mimiche è molto più limitata e il riconoscimento delle tipologie espressive avviene attraverso l’esplorazione guidata, nell’ambito di un’attività ludica.
Kaspar è un robot umanoide, ma è facilmente riconoscibile come un pupazzo, infatti gli elementi meccanici e i motori elettrici che producono i movimenti fanno bella mostra di sé e non vengono nascosti dai vestitini. Kaspar assomiglia a un bimbo, ma viene percepito come “altro”. “I bambini che giocano con Kaspar sanno che si tratta di un giocattolo ed è proprio questo che li attrae.”
Nell’ambito del gioco vengono stimolati una serie di comportamenti che, successivamente, possono essere riprodotti nell’interazione sociale con altri esseri umani, adulti o bambini.
Il Prof. Robins illustra con entusiasmo il funzionamento di Kaspar: “I bambini che giocano con Kaspar interagiscono con una serie di sensori che provocano comportamenti differenti. Se il bambino tocca delicatamente Kaspar lui ride oppure risponde verbalmente alla sollecitazione tattile. Se invece Kaspar viene colpito, l’espressione del viso e i movimenti del corpo dimostrano sofferenza. In questo modo vengono incoraggiati comportamenti positivi e scoraggiati atteggiamenti aggressivi.”
Ben sottolinea che i bambini non vengono lasciati soli con il dispositivo, ma un operatore segue sempre le sessioni di gioco con il robot con il fine di stimolare i bambini a esplorare anche le motivazioni che portano il robot a dare una reazione di felicità o di tristezza: “Guarda Kaspar, è triste, perché è triste? Forse lo hai colpito troppo forte?”
Durante la sessione di gioco, spesso il bimbo imita i movimenti del robot, che non è completamente automatizzato, ma viene guidato dall’operatore in funzione della reazione di feedback attivata dal bambino. Il dispositivo di controllo è stato però progettato anche per essere utilizzato direttamente dai bambini, favorendo l’esperienza comunicativa anche in completa autonomia.
La semplicità del dispositivo robotico, la sua economicità e soprattutto l’estrema flessibilità ne hanno decretato il successo e negli ultimi anni la sperimentazione ha raggiunto un numero di scuole sempre maggiore in Gran Bretagna. L’obiettivo del team di ricerca è quello di raccogliere fondi per una campagna di 5 anni di sperimentazione a larga scala, in modo da avere dati più completi per una valutazione scientifica del dispositivo e delle sue modalità d’uso con i bambini autistici.
Kaspar è l’acronimo per Kinesics And Synchronisation in Personal Assistant Robotics. Ma in definitiva, cos’è Kaspar? Un giocattolo, un robot, un ausilio didattico? Il Prof. Robins preferisce definire Kaspar come uno strumento di mediazione sociale, un ausilio che consente ai bambini autistici di sperimentare l’interazione con il prossimo in forma semplificata. Un primo passo verso la scoperta di un mondo al di fuori di sé.
La video intervista di Carlo Nati e Linda Giannini a Ben Robins.
**
Immagine in testata: Carlo Nati, Ben Robins e Kaspar nella foto di Linda Giannini a Bruxelles in occasione di “The future concept and reality of Social Robotics: Challenges, Perception and Applications Role of Social Robotics in current and future society”, giugno 2013.
Per approfondire:
• Ben Robins: http://homepages.stca.herts.ac.uk/~comqbr/
• Kaspar the robot: http://www.kaspar.herts.ac.uk/
• Video: http://homepages.stca.herts.ac.uk/~comqbr/Kaspar_Promo.htm
Correlati:
• La robotica sociale e la sua sostenibilità, di Carlo Nati e Linda Giannini
• La video intervista di Carlo Nati e Linda Giannini a Ben Robins
• “Collective Awareness platforms”: Fabrizio Sestini, Scientific Officier alla Commissione Europea, ci parla di “Collective Awareness platforms”, un’iniziativa europea di ricerca che mira a promuovere l’integrazione delle tecnologie, anche esistenti, per fini sociali. La video intervista è di Carlo Nati e Linda Giannini
• “Social Robots: sviluppi e applicazioni”: Leopoldina Fortunati, dell’Università di Udine, ci parla dello sviluppo della robotica sociale e delle sue applicazioni anche in ambito educativo. La video intervista è di Carlo Nati e Linda Giannini
Carlo Nati