Le Fiabe Sonore
In musica, improvvisare significa inventare qualcosa di nuovo, originale, quindi “comporre”, ma il tutto deve avvenire sul momento, qui e ora, cioè senza poter tornare indietro a correggere o modificare ciò che si è fatto, altrimenti si perderebbe il contatto con il flusso creativo. Schematizzando si potrebbe dire: improvvisazione = composizione istantanea. Per poter attuare questo processo, l’improvvisatore deve aver integrato dentro di sé due aspetti essenziali: “la Via Musicale” e “la Via Estatica”.
La Via Musicale è tutto ciò che il musicista ha imparato nel corso della sua formazione: Teoria, Armonia, la pratica quotidiana con il proprio strumento, tutta la musica scritta e tramandata sugli spartiti e anche quella ascoltata sui dischi, dal vivo ecc.; praticamente tutta la cultura musicale acquisita. Ma questo, da solo, non basta e ben lo sanno i musicisti che si sono formati nei conservatori, i quali, pur avendo conseguito una notevole preparazione tecnica che permette loro di riprodurre anche i più grandi capolavori, non sono in grado di improvvisare.
Questa incapacità deriva dal conflitto che inevitabilmente nasce a causa dell’atteggiamento critico che il musicista ha nei confronti di se stesso: da una parte vorrebbe dar libero sfogo alla propria creatività e magari riesce a suonare qualche nota sullo strumento, ma alla prima “stonatura”, subito avverte un forte impulso che gli impedisce di proseguire.
Nel caso dei pianisti, per esempio, si vede proprio la mano che si stacca bruscamente dalla tastiera, come se scottasse. La Via Estatica, invece, permette al musicista di imparare a “convivere” col proprio atteggiamento critico, evitando così di farsi coinvolgere dagli “impulsi paralizzanti”: in sostanza è la capacità dell’improvvisatore di andare in “estasi” (ex-stasis = fuori dal corpo, inteso come dimensione fisicamente statica), di entrare cioè in quel particolare stato “non ordinario” di coscienza attraverso il quale è possibile farsi “rapire” dall’estasi creativa e liberare finalmente la propria energia creativa bloccata.
Questo “stato di grazia”, raggiungibile con diverse tecniche, porta il musicista a uno straordinario contatto col proprio strumento e con gli eventuali partecipanti, una vera e propria fusione che gli permette di suonare in modo diretto e immediato quello che percepisce intuitivamente, senza dover attingere alla memoria cosciente. In questa magica dimensione ogni nota, ogni accordo, ogni suono diventa meravigliosamente bello e carico di significato e lo stimolo a produrre musica cresce sempre più forte, fino a sfociare in veri e propri “raptus creativi”.
Nel corso dell’improvvisazione quindi, il musicista segue queste due grandi direttive, la Via Musicale e La Via Estatica, che sono complementari e si integrano in percentuale variabile: si alternano cioè momenti in cui la razionalità è più forte a situazioni dove invece la mente allenta la sua presa e allora è la pulsione creativa a predominare. Questo è stato, fin dall’inizio, il mio modo di condurre l’esperienza improvvisativa e per molti anni ho continuato in questa maniera fino a quando cominciai sempre più a rendermi conto di uno strano fenomeno: a volte, durante i miei studi quotidiani, magari dopo ore di esercizi estenuanti, mi assaliva una specie di smania, una voglia irrefrenabile di improvvisare ma liberamente, senza nessun punto di riferimento, un vero e proprio “sfogo energetico” dovuto probabilmente alla necessità di scaricare la tensione accumulata durante gli esercizi. Le mani, libere dal vincolo della mente razionale, si muovevano all’impazzata sulla tastiera come dotate di vita propria e io osservavo il tutto come uno spettatore sbigottito, lasciando che la musica “accadesse” spontaneamente, attraverso di me.
Allora cominciai a fare degli “esperimenti”: accendevo il registratore, mi sedevo davanti al pianoforte e cercavo di ricreare quel tipo di situazione sopra descritta, cioè cercavo di liberarmi della “Via Musicale” e innescare la “reazione a catena” che mi avrebbe portato al rapimento creativo della “Via Estatica”. Quando poi ascoltavo la registrazione, rimanevo stupefatto: non riuscivo a credere che fossi stato io a suonare quella musica, non ero mai stato capace di tanto. Questo mi rendeva felice e allo stesso tempo mi spronava a continuare a indagare in quell’universo misterioso e sconosciuto. Sono passati molti anni dall’inizio di quegli esperimenti e tuttora proseguono. Nel frattempo la musica, che amo definire “Ecto Musica”, ha subìto una notevole evoluzione, liberandosi di tutti quegli aspetti che ne rendevano pesante l’ascolto, fino a organizzarsi in veri e propri episodi musicali, le “Fiabe Sonore”. Attualmente l’Ecto Musica può essere proposta come evento/spettacolo, oppure essere utilizzata per fini terapeutici più mirati. La sua peculiarità è lo stato di coscienza “non ordinario” dell’operatore musicale che ha sviluppato la capacità di raggiungere lo stato di “ex-stasis”. Questo permette di instaurare con chi ascolta un rapporto speciale, nel quale l’aspetto empatico viene esaltato alla massima potenza. La musica nasce così dalla profonda comunione fra chi suona e chi ascolta: in pratica l’ascoltatore contribuisce in maniera attiva e determinante al processo creativo in atto! Dalle innumerevoli esperienze che ho avuto, a partire dal 1985, è emerso chiaramente che questo nuovo modo di fare musica ha una potenzialità terapeutica notevole.
Chi partecipa all’esperienza viene messo in condizione di effettuare un “viaggio” all’interno di se stesso e di accedere a dimensioni spesso inesplorate. Alla fine del viaggio si “riemerge” con una straordinaria sensazione di benessere, come aver fatto il pieno di energia.
Fabio Bottaini è nel progetto Pinocchio 2.0
Per approfondire:
• Il canale di Ecto Musica su Youtube
English abstract: Ecto Music comes up from a new way of conceiving the improvisation. Who participates is no longer a passive listener but contributes to the creation of the sonorous event in active and decisive way. Constituted by musical episodes (Sonorous Fables), this music is created in real time, without following any predefined melody, harmony or rhythm and is composed together both by the musician and the listener. The participants are properly prepared so as to favour an approach to music much less influenced by the critical attitude of the rational mind. This creates a deep synergy, a sort of melting between who plays and who listen to and the music that arises is the result of this “collective, energetic collaboration”.
Fabio Bottaini