ClanDESTINI (ultima puntata)
Una fila di armadietti verde penicillina erano addossati al muro della grande sala, l’odore pungente di acido fenico e la scarsa luminosità l’avevano destinata a luogo di transito verso le anguste corsie dell’Ospedale di Montelusa, dove tutto era cominciato.
Suor Annunciazione stava leggendo su Nigrizia un articolo firmato con lo pseudonimo di Alex X. Parlava di Buruli, il personaggio sanguinario, chiamato “il fratello maggiore della morte” che, tempo addietro, aveva fatto saltare Radio Kingali, provocando numerose vittime.
“Con quella strage Buruli voleva innescare una reazione” proseguiva l’articolo “nella catena di odio che vent’anni prima aveva insanguinato il Ruanda. La guerra fra Tutsi e Hutu dove vennero uccisi o mutilati un milione di ruandesi”.
L’articolo, dopo aver dato conto delle orrende brutalità avvenute nel 1994, concludeva ipotizzando la morte di Buruli in un misterioso scontro a fuoco avvenuto sulle coste del lago Vittoria, non lontano dal confine con il Ruanda.
“Non possiamo rivelare le nostre fonti, ma con quest’azione è stato impedito l’ingresso in Ruanda di un ingente quantitativo di armi”.
I due uomini comparvero in fondo alla sala. Suor Annunciazione guardò lo psichiatra di “Urgently”che Natis aveva accompagnato e si scansò una corta ciocca di capelli dalla fronte, doveva essere orrendamente disordinata, dopo il lungo viaggio per terra e per mare. Ma, la situazione era tale che già in Africa un vescovo, da poco fatto cardinale da Papa Francesco, le aveva discretamente autorizzate a vestire nel modo più pratico e meno formale.
“L’altro giorno Didier” esordì la suora “ha trovato il comodino in disordine e l’ho sentito urlare: Se qualcuno tocca ancora le mie cose, lo ammazzo!”
“Un modo di dire” suggerì lo psichiatra piuttosto male in arnese, con i capelli scuri erano appiccicati sulla fronte come fossero pieni di brillantina. Aveva parcheggiato un Suv tutto ammaccato e con una lunga strisciata, a destra, sulla fiancata.
Accanto a lui Natis sorrise incoraggiante.
“Non credo che Didier abbia una vocazione violenta, quando ha ucciso l’ha fatto suo malgrado e certamente costretto dagli eventi”.
Suor Annunciazione aveva conosciuto molti medici in Africa, anche a considerare solo gli italiani, questo non l’aveva visto mai.
Ce n’erano anche di origine olandese, francese, belga o tedesca, e alcuni parlavano l’afrikaans, derivato principalmente dal vecchio olandese e integrato da prestiti dai linguaggi africani e dalla lingua inglese.
Era stato gentile Natis a rispondere così presto alla richiesta d’aiuto che gli aveva mandato tramite Linda.
La suora si alzò nervosa e prese a misurare a larghi passi la corsia centrale. “È proprio della sua innocenza che non sono sicura. Ha combattuto per anni nelle terribili milizie che hanno insanguinato tutto il Ruanda e l’Uganda, sa smontare e rimontare un kalashnikov a occhi bendati.
La ferita al piede gli si è infettata e nel delirio parla spesso di una donna che non voleva rivelargli dove aveva nascosto la roba da mangiare. Un assassinio a sangue freddo, probabilmente”.
Suor Annunciazione rimase per qualche istante a bocca aperta, come le mancasse il respiro, si sentiva in colpa perché stava tradendo l’amicizia leale che la legava al ragazzo “Ha fatto e può fare cose orribili!”
“È la guerra” commentò lo psichiatra “anch’io, vede, sorella, devo portare sempre una pistola con me, ho dovuto chiedere il porto d’armi. Devo girare armato anche nella vostra Sicilia, dove certa gente pericolosa non manca!”
“Vi ho chiesto aiuto perché è solo un ragazzo, ha l’età di Kamal. Aveva sette anni quando l’ha preso il Fratello maggiore della morte… non penso che senza un aiuto professionale ce la possa fare!”
“Non è stato un arruolamento, è stato un rapimento!” osservò Natis, “Linda è da queste parti?”
Suor Annunciazione fece cenno di no “Non sapeva nemmeno leggere e scrivere ed era già un killer” continuò.
Lo psichiatra parve interessato “Le ha mai mostrato animosità, insomma è stato aggressivo con lei?”
“No, anzi, mi ha salvato la vita, ci vogliamo bene ma sono preoccupata per lui, da quando è tornato dall’Africa malato e ansioso come quando l’ho conosciuto. Depresso e ansioso, mangia poco, sta male, come aspettasse qualcosa di terribile ma possibile che lo vogliano ancora togliere di mezzo? Anche ora che Buruli è morto? È di un’intelligenza vivissima, ma non so se riuscirà mai a fare i conti col passato, per questo le ho mandato questa richiesta d’aiuto. Natis, cioè, ha chiesto all’ONG se si poteva ottenere un intervento psicologico o psichiatrico”.
“Ha fatto bene, prima che compia qualcosa d’irreparabile, potreste trovarvi a morire tutti nel sonno, una bella mattina…” disse il medico.
Suor Annunciazione insorse “Ma no, no, questo è escluso! No, no, questo no davvero! Sono preoccupata per lui, non certo per noi e i suoi amici! Voglio aiutarlo, non difendermi da lui!”
Lo psichiatra continuò inseguendo le sue idee. “Li chiamano boy soldiers, child warriors, sono centinaia di migliaia in tutto il mondo, sapete la tecnologia ha costruito armi molto leggere, facili da manovrare anche per bambini. In certe zone dell’Africa sono rimasti solo loro. E poi i bambini sono facili da condizionare, coraggiosi fino all’incoscienza, sono combattenti ideali”.
Natis disse la sua “Tutto questo va contro la Convenzione di Ginevra e la Convenzione dell’ONU sui diritti del bambino! Non è vero Luppe?”
Il dottor Luppe guardò lui e la suora con un lieve sorriso “Sono ben altre le convenzioni che non si rispettano in queste sporche guerre. I bambini combattono in Congo, in Ruanda, in Liberia, nel Mali, nel Nicaragua, a Burma, nel Mozambico, nel Guatemala… sono molti a essere usati come agenti sabotatori e spie. Didier è stato perseguitato sicuramente perché era a conoscenza di un’informazione che non doveva esser rivelata, pena il deteriorarsi dei rapporti internazionali e di quelli economici!”
“Ora è finalmente al sicuro, qui da noi” disse la suora “dopo che Kamal è riuscito a riportarcelo. Ora in Italia è stato cancellato il reato di clandestinità. Finalmente! Quando sono arrivati erano tutti, a rischio, CLAN destini!”
“Dov’è Kamal?!”chiese Natis.
“Con Linda che gli sta appresso e lo aiuta a trovare una particina nel film sull’Uomo Mascherato! Ha trovato qualcuno che conosce sul set di Tarantino”.
Nunzia si rivolse allo psichiatra “Didier nel delirio anche di questo ha parlato, diceva che il suo eroe dei fumetti era morto squarciato da una bomba! Abbiamo chiesto a Kamal, ma su questo punto svicolava sempre… si è limitato a raccontare l’angoscia del momento in cui Buruli puntava la canna della sua pistola su Didier ed era rimasto terrorizzato!”
Il dottor Luppe tornò a spiegarle “Ci sono ancora molti adulti che esitano prima di sparare a un bambino. Un’esitazione che in genere costa la vita. Come sterzare quando s’incontra in strada un animale. Bisogna andar dritti!” guardò la faccia della donna e cambiò discorso “Poi i bambini soldati restano sfasati e spostati per tutta la vita. Confusi, schizofrenici. Curare la psiche è un problema, e un costo… meglio un braccio rotto o una bella ferita…”.
Nunzia Brazzà si passò una mano sulla fronte e sedette, era molto turbata da quelle parole.
“Esistono casi in cui qualcuno è riuscito a reinserirsi nella vita civile?”
Lo psichiatra sorrise, gli piaceva quella donna sommariamente abbigliata da suora… “Le sta molto a cuore, vedo, questo bambino negro”.
“Negro?”gli chiese Nunzia stupita.
Natis si rivolse seccato all’altro “Non usare quella parola, lo scusi suor Annunciazione, abitudine… ha lavorato con i servizi segreti del Sudafrica, quando c’era l’apartheid! Prima di entrare in Urgently”.
L’altro scosse la testa “Apartheid in afrikaans, letteralmente vuol dire solo ‘separazione sapete?”. Nunzia fece una smorfia, il suo giallista preferito, Stieg Larsson da poco aveva scritto che i servizi segreti sudafricani erano coinvolti nell’assassinio di Olof Palme, il primo ministro svedese assassinato nell’86. Scosse la testa, che ci faceva uno psichiatra italiano tra le spie, quando Mandela era ancora in galera? Non era più certa che quell’uomo fosse la persona giusta. Si era sbagliata a parlare con Natis? Se quel tipo era il massimo che riusciva a trovare…
“Ho creduto” riprese “che il costo psichico per un’esperienza terribile come il suo ritorno a uno scontro armato, come quello sul lago Vittoria, e la perdita, vera o falsa che sia, del suo adorato Uomo Mascherato, sarebbe stata enorme! Anche perché allude a qualcosa di terribile che l’Uomo Mascherato lo aveva aiutato a ricordare. Non me ne ha voluto nemmeno parlare…” adesso voleva sfilarsi da quell’incontro “Comunque non so se ho fatto bene o male, quando vi ho mandato quella mia relazione tramite Linda, ho descritto come potevo quali erano le sue condizioni, oggi. Non sono più sicura che uno psichiatra…”.
“Ha fatto bene certamente” disse lo psichiatra “Tra i soldati bambini le reazioni di Didier sono tutto sommato comuni, ma non tutti parlano delle loro esperienze e non tutti si possono raggiungere. Anche se si salvano dalla morte in combattimento spesso è troppo tardi per fare qualcosa per loro… sono tutti disadattati sociali, inventano storie improbabili, non si fidano di nessuno, qualcuno diventa psicopatico, chiacchierano confondendo realtà e fantasia, sanno agire, ma ignorano persino i rudimenti di una vita civile. Ho una vasta esperienza sul territorio e vedrò cosa posso fare”.
Nunzia era sempre più incerta, tra l’altro si chiese se a Didier sarebbe piaciuto quell’uomo. Nella relazione aveva scritto che Didier stava spesso da solo, qualche volta parlava dei suoi combattimenti, vecchi e recenti, di quando aveva ricostituito una certa Small Boy Unit di ragazzi come lui e più piccoli di lui. Poi aveva annotato i racconti sul piacere di sentire il rumore degli spari della sua arma, che suonava come una musica forte, sul godimento del comando e sulle scariche di adrenalina che provava quando andava all’attacco. Aveva sbagliato?
“Comunque… davvero penso che stia impazzendo, vive ancora nel panico che qualcuno lo voglia uccidere. E dire che un po’ di questo terrore glielo avevamo fatto passare a scuola”.
Natis volle aggiungere qualcosa “Ha persino le allucinazioni, l’ho visto io stesso parlare con l’aria. Forse parlava con l’Uomo Mascherato… Un fantasma? Uno spirito compagno? Qualcosa del genere, certo. È tutto molto complicato, più complicato di quanto sembra… un personaggio che solo lui vede, chiama , che si siede sul suo letto, lo aiuta, lo protegge… anche adesso che è di nuovo in piedi, grazie alle cure del dottor Gemito, che tra poco ci lascerà per l’Africa”.
Nunzia era confusa, incerta, riprese nervosamente “Dopo che è tornato dall’Africa mi ha detto che il suo eroe era morto… è sopraffatto dal dolore” tacque “E un po’ anch’io”.
“Anche lei suor Annunciazione?” chiese stupito Natis.
Lo guardò con gli occhi sbarrati, come presa in fallo “Forse stiamo tutti diventando squilibrati, dice che è una tragedia, che il peggio di questo mondo è proprio quando muore un personaggio come lui, immortale!”
I due la guardarono.
I begli occhi di Nunzia si riempirono di lacrime improvvise “Natis, dimmelo tu, esiste qualcosa che ci può aiutare?
“Il meglio per lui sarebbe lasciare questa vita” Luppe propose imbarazzato “che so, lo si potrebbe riportare al suo paese, finché è in tempo. Ma non posso parlare senza conoscerlo ed esaminarlo”.
“Che informazioni dice di avere?” chiese Natis che pareva preoccupato di qualcosa.
“Lui parla di qualcosa che ha visto di nuovo e non avrebbe dovuto vedere o sapere, qualcosa di molto pericoloso, dice che forse esistono killer che vogliono eliminarlo, anche dopo l’uccisione del Fratello maggiore della morte!”
“E ha raccontato qualcosa di quello che avrebbe visto o saputo?”
“No, mai, l’ho già detto… è ossessionato dal ricordo della fame. Dice anche che in ogni guerra la fame è un’arma decisiva, che se si può indurre qualcuno alla fame si ha un disperato, disposto a tutto, uno che combatte indifferentemente, se lo sfami, contro tirannie o democrazie. Non mangia più, anche questo ve l’ho detto”.
Natis sospirò. “Questa sua paura di essere ammazzato può dipendere dal complesso di colpa… forse pensa di meritare di essere giustiziato. Ne ha passate troppe! Credo però che quest’idea fissa non sia impossibile da curare… Ce l’ha anche con me e Linda? Con Urgently, dico, mandiamo molti viveri…”.
“Per adesso no, vi concede la presunzione d’innocenza. Dice però che, se volesse, chiunque potrebbe aiutare una delle parti in lotta portando alla distruzione quella cui nessuno fa arrivare viveri e medicine. Con la distribuzione degli aiuti si può far vincere l’una o l’altra parte”.
In fondo alla corsia, in alto sul muro, c’era un piccolo televisore sintonizzato sui programmi di TeleIsolanostra. Le voci affievolite di un dibattito sull’eliminazione del reato di clandestinità avevano lasciato il posto agli spot pubblicitari.
Il volume si era automaticamente alzato per una pubblicità di conserva di pomidoro. Che presto lasciò il posto alle immagini sanguinose di una mattanza in alto mare per pubblicizzare il tonno sott’olio VICERÈ. Si vedeva molto rosso e molto sangue.
Dalla piccola finestra Nunzia vide il suo protetto svoltare da una siepe di lauro e avvicinarsi all’ingresso appoggiandosi a una stampella. Cominciò a salire per la larga scaletta di cemento.
“Eccolo che arriva, mi raccomando Natis, e anche lei dottore, cerchi di capirlo e di non rimproverarlo per i suoi sospetti generalizzati”.
“Non lo farò, sicuro, anche se dovessero coinvolgere la mia ONG, me stesso e Linda”.
Didier si affacciò zoppicando nella corsia dove i tre adulti lo stavano aspettando, vide lo psichiatra portarsi alle spalle della suora perché gli facesse da scudo. C’era lei sulla traiettoria di fuoco. Esitò una frazione di secondo prima di estrarre la sua Glock. Il finto psichiatra fu più svelto.
Anche in altre occasioni Didier aveva esitato quando sulla linea di tiro c’era una donna… un’esitazione che stavolta poteva costargli la vita. D’istinto si abbassò e il colpo diretto al cuore gli investì di striscio la testa, all’altezza dell’orecchio.
Il tempo si fermò.
“Mi dispiace, sorella”, disse l’uomo che era un mercenario guardando il corpo del ragazzo che giaceva a terra in una pozza di sangue “Ha capito troppo sull’organizzazione di Natis, davvero qualcosa che non avrebbe dovuto capire, può rovinarci tutti!”
Nunzia che era rimasta attonita, a bocca aperta, piena di repulsione “Voi, voi siete mostri!” disse.
Mentre le rispondeva l’uomo si girò verso Natis “Non siamo mostri, abbiamo i nostri affari, come tutti, non è la prima volta che un bambino così ci fa saltare in aria un albergo o un centro assistenza… Per questo Natis, al porto di Montelusa, ha avvertito Hansen che il ragazzino era salito sulla sua nave di nascosto, e così l’ha potuto catturare a bordo!”
A Nunzia parve che il silenzio gridasse. Il professor Natis era congestionato, taceva e lasciava all’altro condurre il gioco.
Il tempo, che era invece muto, scorreva lentamente. Didier socchiuse gli occhi, li guardò entrambi, si sentiva molto leggero ma non riusciva a muoversi. Il chiarore lattiginoso di quelle piccole lampadine non gli consentiva di distinguer bene i contorni dei volti… ma era chiaro che Natis doveva essersi portato appresso uno pratico.
Lo vide avvicinarsi con un grosso revolver Dan Wesson 445 in pugno, provò a muovere la mano che ancora stringeva la Glock automatica, ma il dolore alla testa gli rallentava i movimenti.
Il suo nemico doveva essersi accorto che non era ancora morto, il mercenario puntava la sua arma verso di lui per tirare il colpo di grazia. Alle sue spalle Suor Annunciazione, afferrato lo sgabello di ferro, lo colpì con forza.
Il tonfo esplose nella sala. Didier tentò di articolare la mano destra quando un’ombra colorata di rosso velò completamente la sua vista. Gli si accostò e sussurrò all’orecchio insanguinato “Mi dispiace, ho tardato… ho cominciato a sospettare del prof quando nel suo magazzino ho visto l’app con la scritta EXPLO, che serviva per disinnescare le mine antiuomo partendo dal calcolo del peso netto dell’esplosivo. Ma spiegava troppo, era come se volessero… quello stesso software procedendo all’inverso, dalla fine all’inizio, poteva insegnare a costruirla una mina antiuomo!”
Didier ascoltava felice e rapito l’Uomo Mascherato “Sei tornato, sei ancora vivo?
Phantom rispose “Non lo sai? L’ombra che cammina non muore mai perché il figlio sostituisce il padre”. Gli passò un braccio sotto la testa insanguinata e lo sollevò “ma non sono stato abbastanza bravo e per poco morivi lo stesso, scusami! È stata la mia prima volta!”
Didier guardò meglio e lo riconobbe, riconobbe gli occhi dell’amico del Sahara Wi, fu felice, sentì perfino alleggerirsi la morsa del dolore.
In quello stesso istante Natis raccolse il grosso revolver del mercenario e lo puntò sui due ragazzi sotto gli occhi terrorizzati della suora.
Kamal, con un guizzo improvviso, estrasse dalle fondine le due Colt automatiche che lampeggiarono nelle sue mani. Vide l’uomo crollare accanto al mercenario, con gli occhi sgranati dallo stupore. Sarebbe morto per mano di un giovane Uomo Mascherato!
Didier si rialzò a fatica e si avvicinò ai due compari, guardò il mercenario che stava riprendendo i sensi, non era prudente lasciarlo vivo. Con una mossa gli prese la testa tra le mani pronto a spezzargli il collo con una torsione.
Si bloccò sentendo l’urlo agghiacciante della suora. Ci pensò un’eternità.
Una mano gli serrò il polso. “No, Didier!” ordinò l’Uomo Mascherato.
Didier scrutò la sua corporatura meno atletica, e il costume troppo grande pieni di grinze qua e là.
“Ti ho riconosciuto subito, Kamal! Ho capito tutto, la storia di tua madre nel Sahara Wi… sei suo figlio, l’erede di Phantom! Sei… Il primo Uomo Mascherato africano! Ma, Kamal, ascoltami, una cosa ho imparato, che non è bene lasciarsi dietro qualcuno che dopo ti può ammazzare”.
Kamal si aggiustò con la mano la mascherina che risaltava sulla pelle ambrata”. E tutto quello che ci hanno insegnato alla scuola-ospedale? Butti via tutto? Io no. Mi servirà per fare l’Uomo Mascherato, è un’eredità pesante questa che ho avuto… il lascito inverosimile e pericoloso di un padre che non ho conosciuto e che ha abbandonato mia madre”.
Didier a fatica fece una smorfia. Vide suor Annunciazione che gli si avvicinava “Quanto ci sono stato bene in Sicilia, con voi!” tossì con gli occhi pieni di lacrime, come un bambino.
Poi gli venne da sorridere “Che diranno quando si accorgeranno che l’Uomo Mascherato è un arabo senza il permesso di soggiorno?”
* * *
La mattina dopo si ritrovò disteso sul letto. Vedeva Nunzia che aveva messo via i panni di suor Annunciazione. Sembrava più giovane. Indossava jeans e T shirt con la scritta “I love New York”; aveva un berretto americano di cotone. Si stava avvicinando e, dietro di lei, c’era il suo amico, l’Ombra Che Cammina.
Si misero entrambi alla destra del letto, Nunzia si toccava nervosamente i capelli corti che uscivano dal berretto. Non era abituata a esibire così impudicamente i suoi lineamenti. Che poteva voler dire quel cambiamento?
Gli venne in mente di quando le aveva tolto la freccia e notò che sulla maglietta aveva infilato una piccola spilla: le ali stilizzate di un aereo… un ricordo di un pilota americano che aveva conosciuto in un’altra vita?
“Finalmente! Sei stato tutta la notte senza conoscenza, il dottor Gemito ti ha ricucito a puntino. Non ti pare di aver dormito un po’ troppo?” gli si rivolse provando a scherzare.
Kamal sorrise e si sedette sul letto accanto all’amico. I suoi occhi dietro la mascherina nera erano sempre quelli profondi di un ragazzo, nessun altro segreto trapelava da quelle fessure.
Didier finì di fissarlo, abbassò lo sguardo verso il cinturone con le lucide fondine, dove al centro campeggiava l’emblema del Teschio.
“Quentin Tarantino e i suoi film! Davvero preciso questo costume. Col colore giusto, e poi tu sei l’ombra che traversa i secoli e i continenti raccontando le sue storie… non sei mai morto”. Dider si riaddormentò profondamente.
Era l’ora del notiziario di TeleIsolanostra, le immagini mostravano una ripida scarpata che terminava in una fitta boscaglia.
“L’Alfa blindata è precipitata ieri” stava dicendo il giornalista “ma è stata scoperta soltanto oggi. Con ogni probabilità è uscita di strada nel gomito della curva in cima alla scarpata. Doveva essere diretta verso Montelusa… all’interno è stato ritrovato il corpo senza vita dell’autista, probabilmente vittima di un colpo di sonno, e nel sedile posteriore quello di un generale dei Carabinieri. Così risulta dai documenti. Dai rispettivi ‘rigor mortis’ la scientifica ritiene che l’incidente sia avvenuto ventiquattro ore fa. La domanda che tutti si pongono è: cosa ci veniva a fare quel generale a Montelusa, chi voleva incontrare?”
Altre immagini mostravano l’auto trainata da un trattore. Nunzia si avvicinò al piccolo televisore e notò una lunga strisciata sullo sportello dalla parte dell’autista.
Si alzò e andò alla finestra: in cortile la polizia non aveva ancora rimosso il Suv del mercenario che aveva arrestato.
La osservò a lungo, si ricordava bene: sulla portiera destra c’era una lunga e profonda strisciata…
Didier si era finalmente risvegliato.
Lei si voltò confusa e interdetta “Andremo lontano da qui. Sarò con te, ho lasciato tutto il resto. Ti porterò con me in un posto dove nessuno cercherà più di ucciderti”.
“Lo sai che ho ancora paura allora?!” disse Didier socchiudendo gli occhi.
La donna gli passò una mano sulla fronte e poi sull’orecchio martoriato e coperto di bende. “Stiamo per partire. Adesso ti porto a salutare tutti gli altri, dì a Linda che ora sai che non c’entrava nulla con i crimini di Natis, è disperata perché crede che tu la ritieni colpevole assieme a lui. È angosciata per tutto il tempo che ha dedicato all’organizzazione di Natis. Parte domani per la Guinea, con quello che è rimasto di Urgently. La parte sana non coinvolta. Si aggregano a Gemito, a Conakry le autorità di quel Paese stanno tentando di contenere l’epidemia di Ebola con l’aiuto di medici volontari”.
“C’è l’Ebola dalle mie parti?”.
“Il tasso di mortalità è stimato al 90%. La malattia si trasmette principalmente tramite contatto intimo con il paziente, con il sangue, le feci e la saliva. Gli ammalati devono essere immediatamente posti tutti in quarantena per evitare la diffusione del virus. Non esiste alcun vaccino o cura contro Ebola, la diffusione può essere arginata solo con misure preventive. C’è bisogno di tanti volontari”.
Nunzia fece una pausa per ricordare tutto quello che voleva dirgli “Poi c’è Tina che finanzia pure la nostra fuga. E, soprattutto, Totuccio che finalmente reagisce bene alle cure sperimentali. Forse ci raggiungerà dove andremo. È di nuovo il tempo di fare le nostre valigie”.
A Didier ritornò in mente quella valigia che aveva scovato sopra l’armadio, con tutti i ricordi della suora, con la foto dell’aviatore e i fumetti di Phantom.
“E tu potrai crescere, studiare” stava continuando Nunzia “diventare adulto, amare, lavorare e magari tornare in una terra di pace, come il Ruanda. Nella nostra Africa. È tutto a posto, tutto a posto, bambino mio… con te ci sarà sempre anche il tuo spirito compagno”.
F I N E
La storia di ClanDESTINI è frutto della fantasia degli autori: qualsiasi riferimento con la realtà, fatti, luoghi e persone vive o scomparse, è puramente casuale).
L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice
La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI
Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini
È in libreria “Teoria e pratica del giallo“, la nuova fatica di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori per le stampe di Edizioni Conoscenza.
Qui le modalità per l’acquisto del libro.
Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, narratori e saggisti, vivono e lavorano a Roma. Hanno scritto insieme numerosi romanzi polizieschi. Per ulteriori informazioni si possono consultare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Calcerano
http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Fiori_(narratore)
http://www.luigicalcerano.com
http://www.giuseppefiori.com
GLI EBOOK DI CALCERANNO E FIORI SU PINOCCHIO 2.0
http://www.descrittiva.it/calip/ebook-pinocchio2punto0.htm
Calcerano e Fiori