ClanDESTINI (trentacinquesima puntata)
AVVISO DI BURRASCA EMESSO ALLE 0600/UTC
BURRASCA IN ARRIVO DA NORDOVEST FORZA NOVE SU STRETTO DI SICILIA,
IONIO MERIDIONALE, STRETTO DI MESSINA, TIRRENO MERIDIONALE ET
RELATIVE COSTE.
ALTRA BURRASCA IN ARRIVO DA SUDEST FORZA OTTO SU IONIO SETTENTRIONALE,
CANALE D’OTRANTO ET RELATIVE COSTE.
VENTO TENDENTE A PROVENIRE DA NORDOVEST FORZA SETTE SU IONIO
SETTENTRIONALE, CANALE D’OTRANTO ET RELATIVE COSTE.
ISOLATI TEMPORALI CON COLPI DI VENTO IN ATTO SU TIRRENO MERIDIONALE
SETTORE EST, IONIO SETTENTRIONALE, ADRIATICO MERIDIONALE, ADRIATICO
CENTRALE, STRETTO DI MESSINA, CANALE D’OTRANTO ET RELATIVE COSTE…
Il Generale stava leggendo il bollettino senza eccessiva preoccupazione quando entrò il suo attendente con un tablet in mano: “Da nord arriva una burrasca forte, forza nove dice il CNMCA…”.
L’attendente posò sulla scrivania le ultime previsioni del Centro Nazionale di Meteorologia e Climatologia Aeronautica. “L’Ente del Servizio meteorologico dell’Aeronautica militare, che svolge il servizio di veglia marittima, prevede che avranno un vento di 41-47 nodi da nord secondo la scala Beaufort mentre chi si trovasse dove sono passati ieri se la vedrà con un vento di 34-40 nodi”.
“Come la metti la metti, mi pare che siano presi in mezzo, ma può darsi che ce la facciano a evitare i danni, continuando la navigazione… poi si vedrà!”. Il Generale lesse a voce alta la parte finale del bollettino “PREVISTA BURRASCA DA NORDOVEST FORZA SETTE…”.
“Già andiamo verso il vento a forza sette” l’interruppe l’attendente “con i pescherecci destinati a essere affondati!”
“Sai che non è proprio così, il grado di forza del vento è riferito alla prevista intensità delle massime raffiche e non alla velocità media oraria del vento. Poi il porto dove devono attraccare non è lontano… calcola quante miglia mancano ancora e invia questo messaggio criptato al nostro agente”.
“Nostro? Mister Clumper è diventato un nostro agente?”
Il Generale sorrise e gli passò un biglietto ripiegato, l’altro lo aprì e lo lesse.
Si avviò verso la porta, poi si fermò: “Quindi non era al corrente che dovevano essere caricate le armi?”
“No, ma dovrà far buon viso a cattivo gioco, perché ormai è in ballo e perché soltanto a carico completato potremo arrivare alla destinazione sconosciuta e scoprire tutte le carte.”
L’attendente stava mormorando “Per essere un cattivo gioco… lo è veramente” quando il Generale lo fulminò con lo sguardo.
“Hai già allertato i nostri due agenti in forza alla Capitaneria di Porto di Montelusa?”
“Sissignore, un’ora fa. I loro nomi in codice sono: Bepo e Gigetto. Speriamo che se la cavino.”
Il Generale fece un gesto sbrigativo con la mano che l’altro interpretò come segno di fine colloquio.
***
Il treno merci stava scorrendo a passo d’uomo lungo il binario unico dello scalo ferroviario del piccolo porto. Dalla parte opposta la luce lunare del faro lanciava lunghe sciabolate nella notte, dall’imboccatura del porto verso il mare aperto.
Una Audi grigia era ferma direttamente sul molo con due uomini a bordo.
“Ecco il treno è arrivato” disse Hansen “sembra quasi che debba cadere in acqua.”
“Ma le imbarcazioni ancora non ci sono” Salvatore Macrì si accese una sigaretta “c’è mare grosso stanotte, speriamo che tutto vada per il suo verso.”
La luce del faro illuminò l’auto e i due uomini uscirono e s’incamminarono lungo il molo.
“Al di là della darsena” disse Hansen “c’è la Capitaneria di porto, sono stati allertati i nostri uomini, andiamo a vedere se tutto è a posto.”
Improvvisamente s’illuminò il gabbiotto in cima alla grande gru, il manovratore era salito al buio e ora si apprestava a mettere in moto il motore che azionava il lungo braccio per scaricare le casse direttamente dai vagoni del treno.
“Ecco il segnale che è tutto pronto, mancano solo i pescherecci.” Macrì sembrava preoccupato ma non il suo superiore così cambiò discorso “quei due finanzieri, si chiamano Pino e Gino, che hanno lasciato fuggire i nostri clandestini dal Centro di detenzione per immigrati e rifugiati, non la devono passare liscia. Una volante era riuscita a mettere in gabbia i nostri due uccellini neri, Pino e Gino avevano rispettato le procedure di comunicazione delle loro foto agli uffici di polizia e questo ha permesso anche a noi di venire a conoscenza dell’arresto, ma poi senza alcuna logica hanno aperto la gabbia! Devono aver avuto un bel tornaconto.”
“Loro dicono che non se ne sono accorti, che i clandestini sono stati aiutati dall’esterno, forse da una ONG, ma non sono credibili… adesso però abbiamo altro a cui pensare, le operazioni di carico rischiano di durare più dell’intera notte, il viaggio verso la Somalia è ancora lungo e la nostra protezione sul traffico d’armi deve estendersi dalla fase della partenza a quella dell’arrivo” il maggiore girava di continuo lo sguardo sul porto come la lampada del faro “Sono tanti i paesi che vogliono vendere armi all’Africa e se noi non proteggiamo i nostri traffici rischiamo di rimaner fuori dal mercato. Proprio noi che siamo tra i maggiori produttori…”
Hansen s’interruppe bruscamente, aveva notato nell’ampio parcheggio dietro il molo l’arrivo di due auto nere, nonostante l’ora notturna. Rimase in silenzio camminando lungo la darsena.
Salvatore Macrì spense la sigaretta, schiacciandola per terra “Qualcosa non va?”
“No…guarda laggiù” il maggiore indicava un punto in lontananza oltre l’imboccatura del porto “le navi stanno arrivando con solo poche ore di ritardo. Andiamo alla Capitaneria.”
Don Gerlando Cascio Ferro era seduto da solo sul sedile di dietro, aprì lo sportello e scese con il cellulare all’orecchio: “Dopo che ci siamo incontrati a Contrada La Morte ho ricevuto due telefonate: una che mi avvisava che ‘u picciriddu negro e l’amichetto se ne erano scappati da un Centro non distante da Capo Passero e l’altra, dall’Ospedale, per informarmi che il figlio di don Calogero buon’anima con una suora se n’era uscito dall’Ospedale di nascosto”.
Il Chiller bianco lo aveva chiamato, ma non era riuscito ancora a dire una parola: “Avete occhi e orecchie dappertutto, ma vi ho cercato proprio perché…”
“Con in mezzo il cervello, che è quello che conta.” lo interruppe don Gerlando “Io sono venuto qui al porto a proteggere i miei affari, le mie esportazioni. Un affare complicato assai, in cui ci sono di mezzo anche altri soci, e che ora vedo minacciato.”
Il Chiller bianco sorrise “Da tre picciriddi bianchi e neri e da una monaca?”
Il ragioniere storse le labbra infastidito “Uno è pericoloso, forse più di te… quello che deve succedere questa notte in questo porto deve succedere al sicuro, senza ostacoli piccoli o grandi. Non posso sottovalutare neanche le ombre, le navi stanno per entrare nel porto, ce l’hanno fatta anche con questo brutto mare.”
Il lungo braccio della gru si era già spostato sopra i vagoni del treno e pendeva alto come una forca.
“Chi vi dice che non siete al sicuro lì, al porto?” gli chiese il Chiller bianco.
“Nessuno. A parte questo cervello che conta: l’affare passa per questo porto stanotte, il ragazzino chiamato Didier è la principale minaccia alla riuscita dell’affare, l’ostacolo principale. In questo momento siamo noi il bersaglio e lui il tiratore…”
“E qui arriva la buona sorte!”
“Di che stai parlando? A proposito perché mi hai chiamato?”
“Finalmente me lo fate dire: è buio, sono distanti… ma loro sono il bersaglio e io, come sempre, l’arciere!”
“Loro chi?”
“I tre picciriddi e la monaca, naturalmente.”
***
C’era vento, la tonaca di suor Annunciazione svolazzava e le si incollava sulle gambe.
“Eccoci qua. Abbiamo pure rubato, con l’Ape, una cassetta di liquori! Come la riportiamo, adesso? Questa APE 50 sarà pure piccola e agilissima ma ora pare morta! Non so proprio come mi hai convinta a guidare ‘sto catorcio!”
“Lo hai già detto!” Totuccio guardò storto la monaca “E io ti ripeto che se mi sentivo bene ci andavo da solo da Kamal e Didier! È che non sto molto bene con il porter e la pompa della chemio!”
“Smettila di approfittare della tua situazione, va bene, sei da compiangere, sei il più disgraziato dell’ospedale di Montelusa ma ora siamo arrivati qui, non abbiamo combinato niente e non riusciamo a raggiungere il porto!”
“Non sei mai stata in panne? Capita, ho imparato a rassegnarmi delle cose che non posso controllare” il bambino sorrise alla monaca “ma è vero poi che questo accrocco che mi porto appresso sulla pancia, sotto i pantaloni, mi infastidisce più di quando la chemio la faccio sul letto, con la flebo! Non sto provando a intenerirti!”
Suor Annunciazione gli fece una svelta carezza. “Mi dispiace di non sapere aggiustare questo motore, ci vorrebbe uno pratico!”
“Magari Didier saprebbe come fare… mi ha raccontato che guidava un sacco di roba quando faceva la guerra!”
La strada che scendeva al mare era serpeggiante e la notte era buia.
“Mettiamoci seduti dentro, fa freschetto. Perché sospetti tanto del maggiore Hansen?”
“Non mi fido di nessuno, mio padre non s’è fatto più vivo, segno che è morto davvero. E Hansen cerca accanitamente Didier tanto da venirmi a imbrogliare, a dirmi che papà è ancora vivo…”
“Se è vero quello che hai capito, lui ti ha detto davvero una menzogna perfida e la versione di Teleisolanostra allora è falsa… una montatura. Poi c’è la strage del giudice Argentino e della sua scorta…”
Totuccio la interruppe: “Ora Didier deve dirci tutto quello che sa, che dev’esser cosa grave, deve sapere qualcosa che mette paura se lo vogliono morto! Le cose non sono ancora chiare nella mia testa.”
“Per questo ti agiti, ma fai troppo conto sulle tue forze. La morte di tuo padre, però, ha veramente bisogno di una spiegazione più convincente, anche per me. Non sei solo.”
“Ora dobbiamo solo ritelefonare all’ospedale, insistere che ci mandino il carro attrezzi.”
Nella notte sentirono una voce amica che li rassicurava.
“Non c’è bisogno di carro attrezzi se c’è Didier!”
Dal finestrino videro la sagoma buia di Kamal, che indicava il bambino soldato sulla Panda di Natis parcheggiata fuori della carreggiata.
“Anche la nostra Panda sembra che abbia l’asma, ma dice che nessun motore gli resiste, in Ruanda aggiustava pure i camion e i fuoristrada!”
“La ‘vostra’ Panda?” suor Annunciazione guardò riconsolata la macchina e i due posti vuoti. ”Ci potete dare un passaggio?”
“Non voglio mica lasciare qui la ‘mia’ Ape!” insorse Totuccio.
“E chi ti dice di lasciarla?” disse Didier che li aveva raggiunti, poi aprì il vano motore. ”Vediamo che cos’ha questo macinino. Ce l’hai un cacciavite?”
Totuccio scosse la testa, poi disse “Ti posso dare il coltellino che mi ha portato papà da Lugano, che ogni tanto lo mandavano in Svizzera.”
Didier poco convinto tese la mano. “Ci sta, ci sta, un sacco di attrezzi ci sono, pure il fuoco ci puoi accendere!”
Totuccio annuì e Kamal sorrise, il volto si deformò dall’orrore a vedere suor Annunciazione colpita da una freccia. Poi cadde a terra per la spinta della freccia che aveva colpito anche lui.
Didier guardò Kamal col braccio trafitto accasciarsi e sparò un colpo di pistola nella direzione del Chiller, dalla parte dei fichi d’India.
(continua)
(La storia di ClanDESTINI è frutto della fantasia degli autori: qualsiasi riferimento con la realtà, fatti, luoghi e persone vive o scomparse, è puramente casuale).
IL CALENDARIO 2012
Di Lidia Maria Giannini, studentessa. Dono per tutti i lettori e le lettrici di Education 2.0.
Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini
È in libreria “Teoria e pratica del giallo“, la nuova fatica di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori per le stampe di Edizioni Conoscenza.
Qui le modalità per l’acquisto del libro.
L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice
La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI
Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, narratori e saggisti, vivono e lavorano a Roma. Hanno scritto insieme numerosi romanzi polizieschi. Per ulteriori informazioni si possono consultare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Calcerano
http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Fiori_(narratore)
http://www.luigicalcerano.com
http://www.giuseppefiori.com
Calcerano e Fiori