ClanDESTINI (quinta puntata)

Didier era affascinato dai fumetti trovati nella piccola valigia di Suor Annunciazione. “Peccato che sia scritto in italiano. Non ne hai in inglese o in spagnolo?”. “Sei proprio una sagoma, prima mi entri in camera, poi cerchi se ho armi, alla fine pretendi che da bambina leggessi fumetti in inglese o in spagnolo! Comunque te li posso procurare, se vuoi, lo dico a Tina o a Linda… stanno facendo attività sul fumetto, c’è qualcosa pure nella sala giochi.”

Il ragazzo fece un gesto come per scacciare una mosca e continuò a sfogliare i fumetti, tra figure e parole riusciva a capire quasi tutto, in fondo.

Mise da parte quelli dell’uomo in maschera e cominciò a sfogliarne altri, erano proprio per maschi. E c’erano le armi! Conosceva i film americani e, in particolare, adorava western e film di guerra, naturalmente. In un fumetto c’era un cow boy con un revolver calibro 45 nella destra e in un altro un ragazzo in divisa con una stella sul petto, sempre accompagnato da un grassone con una bombetta e da un buffo vecchio con la barba bianca.

Poi c’era un uomo coi baffetti vestito da sera con un gigante nero per amico, che lo aiutava.

“Quello con la camicia gialla e il revolver si chiama Tex Willer, è anche un capo indiano, Aquila della notte, e lotta contro i banditi. L’elegantone è il mago Mandrake con Lothar. Ti piace Lothar?”

Didier scosse la testa.

“Quell’altro è Capitan Miki, uno dei miei preferiti, un ragazzo terribilmente in gamba, poco più grande di te. “

“È esistito veramente?”

Suor Annunciazione sorrise e provò ancora a riordinare i fumetti buttati sul letto.”Un ragazzino che spara e si comporta come…” si interruppe “Be’, in un certo senso…”

Prese in mano ‘The Long Good-bye’ di Chandler, su cui aveva imparato il suo inglese, “Questo libro è in inglese per esempio, ma…” poi guardò Didier, come avesse preso una improvvisa decisione. “Vuoi che te ne presti qualcuno? Te li tieni per un po’… L’italiano non ha importanza tanto la storia la capisci lo stesso, seguendo le strisce, così starai un po’ più fermo a letto e ci impari meglio la lingua, anche se vedo che in fondo già te la cavi… capisci tutto quello che senti, non è vero?”

Didier non ammise nulla. “Per adesso mi prendo solo questi due.”

“Tutti e due di Phantom, cioè l’Uomo Mascherato.” borbottò la suora come se l’avesse previsto.

Il ragazzo tentò di alzarsi ma la monaca lo tenne giù con una mano.

“Si chiamava Phantom o l’Uomo Mascherato ?” chiese.

“Si chiamava Phantom in inglese, che vuol dire spirito, fantasma, ma da noi, in Italia, era chiamato Uomo Mascherato e quei pigmei, i Bandar, lo chiamavano anche l’ombra che cammina, perché sembrava che non potesse mai morire… o che fosse morto e continuasse a vivere ed a portare pace, ordine e giustizia tra la gente.”

La suora lasciò fuori i due albi dell’Uomo Mascherato, rimise tutto il resto nella valigetta e la richiuse; aveva uno strano sguardo negli occhi, voltò le spalle al ragazzo per sistemare la sua casa e i suoi ricordi sopra l’armadio.

“Sei diventato grande così presto, e così violentemente, un destino disumano” mormorò “Molti di noi prima sono riusciti a vivere un po’ d’infanzia e di giovinezza, la stagione che è chiusa in questa valigetta. ”

“Io meglio dei bambini di queste parti… io arrivato fin qui, vorrei vedere loro nel mio paese!” si strinse nelle spalle “Però non ci vedo niente di male a diventare subito grande! È bello anzi, la gente ti rispetta, sai cavartela…”

“Ma un ladrone ti ha rubato un pezzo di vita e ti ha messo in mano un giocattolo chiamato kalashnikov.”

“Dalle mie parti i bambini hanno comunque poca vita. O li ammazzano o muoiono di aids, io ho avuto una via di mezzo…”

Suor Annunciazione lo guardò. La maestra Tina aveva detto una volta, scherzando, che la vista non le funzionava bene, non distingueva il colore della pelle dei bambini. Anche in quel momento non vedeva un piccolo extracomunitario nero, vedeva Didier e partecipava alla sua anima ferita e addolorata.

“Sai perché hai fatto la guerra Didier?”

“Mi hanno arruolato loro.”

“E tu perché hai scelto di arruolarti?”

“Scelto? Non sei mica tanto libero di scegliere, sai? Comunque… per non essere ucciso, per mangiare, e per uccidere quelli che avevano incendiato il mio villaggio. Insomma perché quello non era un brutto destino.”

“Credi che sia così? Il motivo delle guerre, invece, è un altro. Come ci ha detto una volta la madre superiora, al centro delle sofferenze dell’Africa c’è il nostro desiderio, la nostra avidità, la cupidigia dell’Occidente per accedere ai diamanti, al petrolio, al gas naturale e a tutte le altre preziose risorse africane… e le vostre feroci dittature con traffici di ogni tipo. Traffici che di secolo in secolo, dagli schiavi alle armi, sono diventati più turpi e più devastanti.”

“Cattivi uomini bianchi e cattivi uomini neri… l’hai letto sui fumetti? Che ne può sapere una suora dei traffici d’armi, di mitra sono cose più grandi di te.”

“Dimentichi che sono stata in Africa, con gli occhi aperti, ma adesso devi tornare a letto e io ho da fare.”

Didier la guardò. C’era stata con l’aviatore della fotografia? Lo amava e poi era morto? tutti abbiamo i nostri segreti…Non aveva detto in quale parte dell’Africa era stata. “Sarà. A me nessuno mi ha detto di combattere per quelle cose che hai detto. I diamanti in Ruanda non li troviamo nelle miniere, ma girano, diamanti grezzi…piccoli sassolini con la ricchezza chiusa dentro, li conosco bene. Anche per quelli la gente moriva… Nelle razzie, ne trovavamo anche nascosti nelle case dei più poveri. C’è attaccata la morte ai diamanti. Non li hai e sei povero, li hai e se gli altri lo sanno cercano di ammazzarti per prenderteli.”

La suora rimase, per un istante, in piedi accanto al letto. La valigetta le pesava tra le mani, com’era lontano, com’era confuso il ricordo delle stagioni vissute. “La giovinezza ha un sapore aspro e dolce, e mai deve avere il sapore del fiele” chiuse gli occhi, Didier lo prese per un commiato, ma lei non lo lasciò alzare finché non comparve la barella sulle ruote.

“Non pensavamo che fosse qui, sennò saremmo venuti prima.” disse Constantin, l’infermiere con i baffi, senza convincere nessuno.

Suor Annunciazione rimase a guardare il ragazzo che veniva trasportato via coi suoi preziosi fumetti stretti in mano, fumetti che non avrebbero dovuto avere alcun senso per lui.

Se ne andò senza ringraziare e senza nemmeno salutarla. Meglio non darle cattive abitudini.

(continua)

(La storia di ClanDESTINI è frutto della fantasia degli autori: qualsiasi riferimento con la realtà, fatti, luoghi e persone vive o scomparse, è puramente casuale).

Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini

È in libreria “Teoria e pratica del giallo“, la nuova fatica di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori per le stampe di Edizioni Conoscenza.

Qui le modalità per l’acquisto del libro.

Le puntate precedenti

Prima puntata

Seconda puntata

Terza puntata

Quarta puntata

L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice


La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI


Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, narratori e saggisti, vivono e lavorano a Roma. Hanno scritto insieme numerosi romanzi polizieschi. Per ulteriori informazioni si possono consultare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Calcerano

http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Fiori_(narratore)

http://www.luigicalcerano.com

http://www.giuseppefiori.com

Calcerano e Fiori