La cavalcata dei mesi
D. La sua esperienza professionale l’ha portata ad incontrare diverse realtà territoriali, culturali e scolastiche (Piemonte, Campania, Emilia, Lazio): cosa ha riportato da poter condividere con noi?
R. Credo di poter trasmettere e condividere la bellezza della conoscenza, della comunicazione e delle relazioni umane. Che sono tanto più importanti e forti, quanto più una persona si spoglia del proprio ruolo e si pone in una condizione di ascolto.
D. Com’è nata l’idea di scrivere “La cavalcata dei mesi”?
R. L’idea è nata, come capita in molte situazioni, da una casuale coincidenza. Il giornale che avevo contribuito a fondare presentava al suo interno, mensilmente, una rubrica sulle tradizioni del territorio, curata da un professore esperto dell’argomento. Purtroppo costui, dopo nemmeno due mesi, interruppe il rapporto con il giornale, sicché fui costretto, da tutta la Redazione, a farmi carico della cura di quella rubrica. L’incarico e la materia cominciarono ad appassionarmi a tal punto che, anche quando il giornale dovette chiudere, per mancanza di fondi, continuai l’opera di documentazione e di ricerca, che si è protratta per più di 10 anni, fino alla pubblicazione del libro, ad aprile scorso.
D. Quale mese descrive in modo più diretto il mondo della scuola?
R. Senz’altro il mese di ottobre, cioè quello in cui un tempo cominciava l’anno scolastico. In questo mese, infatti, vengono descritti, brevemente, i luoghi che ospitavano gli alunni, le suppellettili, i metodi d’insegnamento, la frequenza ed i comportamenti degli alunni, in un tempo in cui la situazione economica, le aspirazioni dei genitori e dei ragazzi, nonché le esigenze erano diverse da quelle odierne.
D. Quale mese meglio descrive il mondo e la vita dei ragazzi?
R. Dei ragazzi si parla a più riprese, nel libro, a cominciare da gennaio. Si parla di loro specialmente a febbraio ed aprile, ma anche ad ottobre, novembre e dicembre. In tali mesi, infatti, si racconta dei loro giochi e delle loro forme di divertimento, nonché del loro comportamento a scuola, con i compagni, ed in famiglia.
D. Quale mese descrive in modo più pregnante il mondo dei giovani?
R. Il mondo dei giovani si ritrova specialmente nel mese di giugno. Qui viene descritta la loro condizione, e specialmente quella delle giovani donne, costrette ad un ruolo subalterno, così come imponeva una società maschilista e patriarcale, com’era quella contadina. Per quanto riguarda i giovani di sesso maschile, si coglie la loro presenza un po’ dovunque, per il ruolo che ricoprivano all’interno della famiglia, il quale era quasi equiparato a quello del padre.
D. Come spiegherebbe agli studenti del suo istituto la differenza tra metafora ed allegoria?
R. La Metafora è una parola che, operando una forzatura, viene messa al posto di un’altra per conferire maggior efficacia a tutta l’espressione. Es: Quel ragazzo è un asino; Un mare di guai; Il piatto piange. L’Allegoria, invece, è un’immagine, o un discorso, che cela un significato diverso da quello che si coglie alla sua prima lettura. Tutta la Divina Commedia di Dante può essere letta in senso allegorico: il viaggio nell’Oltretomba indica il cammino per raggiungere la redenzione; la lupa rappresenta la cupidigia, ecc.
D. Quanto c’è di suo nel libro?
R. Oltre al lavoro di ricerca e di documentazione, c’è il mondo della mia infanzia e della mia fanciullezza. Ma, sostanzialmente, c’è tutto di me: c’è la mia formazione umana e culturale; c’è la mia sensibilità ed i valori in cui ancor oggi credo.
D. Quale ruolo può rivestire, nella vita attuale, la conoscenza delle tradizioni e della civiltà dei nostri avi?
R. Quello di conoscersi e di scoprire se stessi; infatti, riscoprendo le proprie radici, il modus vivendi e la cultura della terra delle proprie origini, si può ritrovare il filo conduttore che collega il mondo passato con quello del proprio tempo e, quindi, capire perché agiamo e pensiamo in un certo modo.
D. Quali insegnamenti può fornire, ai ragazzi di oggi, il suo libro?
R. Non ho la pretesa di fornire insegnamenti, bensì raccomandazioni. A considerare la realtà dei nostri antenati prodromica a quella odierna; a non smarrire il filo che ci lega al nostro passato ed a tenerne caro e vivo il ricordo; a difenderlo, custodirlo ed onorarlo, per quanto difficile e tormentato esso sia stato. Se, infatti, un popolo rinnega o non conosce la sua storia, non potrà mai avere un futuro.
Guarda la video intervista di Linda Giannini a Giustino Aruta:
– prima parte
– seconda parte
Per approfondimenti:
Nota informativa presente sul sito dell’I.C. don Milani.
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Linda Giannini