Sistema integrato zerosei: conoscere e ri-conoscere l’infanzia

L’esempio della Regione Toscana per i diritti dell’infanzia

La Regione Toscana rappresenta un contesto in cui è stato profuso un impegno politico ed operativo rilevante per le politiche educative dell’infanzia e sono state perseguite tre prospettive importanti e complementari: la diffusione – il 47,5% delle bambine e dei bambini da zero a tre anni; tutte le bambine e i bambini da tre ai sei anni -, la qualificazione l’accessibilità.”

Nel novembre scorso si è svolto proprio a Firenze un Convegno nazionale sul sistema formativo integrato zerosei,tre giornate di dibattito ricche e stimolanti che hanno visto la significativa presenza di circa 100 relatori e 1.500 partecipanti.In questa importante occasione di riflessione collettiva sulle politiche e pratiche per l’infanzia,è stato presentato anche il “Manifesto sull’infanzia e il diritto all’educazione fin dai primi anni di vita”, che auspica un nuovo discorso pubblico sull’infanzia e l’educazione come migliore humus per politiche che ne rendano effettivi i diritti in tutto il Paese e non solo in alcune realtà locali

Questo documento programmatico si conclude con un forte richiamo alle responsabilità politiche ed educative a livello nazionale, declinando scelte da compiere e azioni da condividere:

1. garantire in tutto il Paese il servizio al nido e alla scuola dell’infanzia per tutti,con accesso universalistico come condizione necessaria per ridurre le diseguaglianze e favorire inclusione e coesione sociale;

2. attenzionare i bisogni di natura socio-economica delle famiglie a garanzia di un’azione democratica equa per tutti nei punti di partenza;

3. costruire sistemi capaci di intercettare e di intervenire precocemente sulle situazioni di fragilità;

4. favorire nei contesti territoriali, locali e regionali collaborazione e interazione sistemica attraverso forme di coordinamento di entrambi i segmenti;

5. garantire la formazione iniziale e in servizio di tutto il personale impegnato nel sistema zerosei, con un percorso universitario di base coerente per docenti e educatori;

6. promuovere il benessere di tutti coloro che hanno responsabilità di educare all’interno dei servizi e della scuola;

7. creare figure di coordinamento nella scuola dell’infanzia; 8. mettere a tema il rinnovo dei contratti del personale dei servizi educativi e delle scuole dell’infanzia.

La chiave interpretativa dell’intero convegno sta in quel “ri-conoscere” l’infanzia, intesa come stagione della vita con specifiche e autonome peculiarità, che debbono connotare la qualità di un sistema formativo.

L’apertura dei lavori è stata affidata alla decana degli studi pedagogici sull’infanzia, Susanna Mantovani, che ha rammentato che i nidi e le scuole dell’infanzia sono prima di tutto luoghi di vita quotidiana, di articolate, significative e ricche esperienze infantili. L’invito alle educatrici e agli educatori è di saper passare da uno “sguardo attento e partecipe”, rivolto al singolo bambino, a quello al gruppo nel suo insieme. Nel dispiegarsi delle esperienze l’adulto-educatore osserva ed interagisce con i bimbi, connettendosi in un flusso continuo di azioni, emozioni, esperienze pregnanti in cui scorre la vita. E’ necessario che l’equipe docente coltivi pratiche osservative in modo cooperativo e in un clima relazionale positivo, dedicando tempi significativi di osservazione partecipe delle esperienze del quotidiano. Si forma così, concretamente ed empiricamente, l’idea dell’adulto rispetto al bambino attivo,curioso, autonomo, competente. Raccogliere immagini, frammenti di vita, sensazioni relative ai singoli bambini è il viatico perché il gruppo docente possa formulare un progetto educativo fondato sulle “sensate esperienze” effettuate dai bambini stessi. E’ questo il modo per poter “vedere e leggere” i bambini senza il filtro dei nostri stereotipi e sovrastrutture mentali attraverso l’attivazione di una organizzazione educativa pensata sui e, soprattutto, per i bambini stessi. Non si può qui dar conto esaustivamente dell’ampio ed articolato dibattito sviluppatosi lungo l’arco di questa “tre giorni” fiorentina, tuttavia corre l’obbligo di citare in modo assai succinto quantomeno i contributi ideativi esplicitati da alcuni relatori quali, in modo particolare ed a mero titolo d’esempio, Milani, Parente, Donà, Braga, Rosa e numerosi altri.

Povertà educative e svantaggi socio-culturali

Nel nostro paese 1 bambino su 7 cresce in povertà e, più precisamente, il 19,8% del totale dei minori nella fascia tra gli 0 ed i 17 anni; vale a dire circa 1.300.000 tra minori e ragazzi della popolazione italiana. 

Questa condizione porta con sé un corollario di dati negativi, relativo ai tassi diffusi di svantaggio sociale e scolastico con esperienze educative povere, dispersione scolastica, fragile sviluppo cerebrale e scarsità di adeguati livelli di apprendimento, bassa inclusione. L’ambiente familiare e la provenienza socio-culturale in cui si nasce sono cruciali: le diseguaglianze, infatti, si generano già nel periodo 0-3 anni di vita dei bambini in base all’ambiente di provenienza ed alla carenza di opportunità connesse ai bassi redditi e alle fragilità educative. Si tratta di un vero e proprio spreco di potenziale umano, poiché già nei primi mille giorni di vita si sviluppano le capacità e competenze nei bambini e/o le fragilità. I bambini hanno, da subito, bisogno dell’altro da sé a partire dalle attenzioni dei propri genitori; non possiamo, infatti, come specie, sopravvivere ed evolversi senza adeguate cure, relazioni positive, accudimento. Si tratta, quindi, di attivare un “welfare integrato” con una connessione tra famiglie, pediatri di base, servizi sociali e educativi.

L’eccezionalità della risposta educativa “nidi gratis”, posta in essere dalla Regione Toscana grazie a un uso lungimirante e oculato dei fondi FSE, ha consentito una più ampia generalizzazione ed accessibilità per le famiglie ai nidi.

A differenza di altre scelte che hanno puntato su bonus monetari a fruizione individuale, la Regione ha scommesso sull’attivazione di processi capaci di generare sinergie virtuose tra famiglie, servizi educativi e comunità sociale. “Nidi gratis” offre opportunità formative, crea reti di dialogo e rafforza legami sociali, con la consapevolezza che investire risorse finanziarie ed energie sul segmento 0-3 sia produttivo ed efficace per garantire maggiore equità e processi di integrazione e di inclusione multiculturale e contrasto efficace e precoce alle diseguaglianze e povertà educative. 

Le politiche attive promosse dalla Regione Toscana per l’infanzia come “nidi gratis”hanno già portato ad un significativo incremento della presenza di oltre 1.400 bimbi in più accolti nelle strutture educative nel 2023, con un ulteriore significativo ampliamento di tale platea per il 2024. 

Governance del sistema integrato zerosei

I comuni e i coordinamenti pedagogici zonali hanno un ruolo strategico per la progettazione della governance del sistema integrato zerosei, che superi finalmente il “sistema diviso” – connotato da una netta cesura tra 0-3 dei Nidi e 3-6 dell’Infanzia -, per approdare a un “sistema unitario”, che favorisca la formazione di un segmento interconnesso, armonico e collegato in modo più strutturale anche al successivo sistema di istruzione nazionale del primo ciclo. 

Gli strumenti ed impulsi per determinare tale positivo processo sono la formazione in servizio congiunta tra le operatrici e gli operatori, la costruzione di un progetto pedagogico condiviso ed il consolidamento del ruolo strategico dei coordinamenti pedagogici territoriali. Attraverso queste tre leve si può costruire un raccordo più sistematico tra i due sistemi che attualmente differiscono ancora per approcci pedagogici,modalità di governance; accessibilità dell’offerta formativa; qualifiche del personale, sistemi contrattuali, retributivi e di tutela del personale.

Per passare gradualmente da una mera “cornice unitaria” ad un percorso per l’infanzia effettivamente coeso e integrato, Ministero, Regioni, Enti Locali dovranno sostenere attivamente, promuovere, implementare, con maggior decisione e sull’intero territorio nazionale, i CPT coordinamento pedagogico territoriale. Questi presidi educativi, veri snodi di “prossimità” con i territori, rappresentativi delle varie realtà territoriali, possono creare sinergie e reti attraverso organismi gestionali partecipativi di coordinamento ed impulso pedagogico come, ad esempio, comitati locali, reti e gemellaggi, anche tra i CPT stessi.

Oltre alla rilevanza del ruolo della Regione per la nascita, promozione ed implementazione dei Cpt e la programmazione dell’offerta formativa nei territori, non va trascurata la peculiarità dell’opzione di costituzione dei CPT adottata nel Veneto, non per Ambiti comprendenti più comuni, ma facendo coincidere ogni CPT con il territorio di una intera provincia. Centrale anche il ruolo di confronto e di cabina di regia svolto dal tavolo paritetico interistituzionale, che attiva sinergie virtuose tra Regione, Usr, Anci, coordina ed effettua monitoraggi circa l’offerta formativa e favorisce l’integrazione anche con altri soggetti rilevanti, come la Fism.

Da attenzionare anche la costituzione di Poli per l’infanzia, luoghi di sintesi in grado di mettere in comune e condividere sinergicamente strutture, risorse umane e finanziarie, coordinamento dei servizi, dando già vita concretamente a quello che si potrebbe definire come un “primo ciclo lungo 0-6”, con un unico progetto pedagogico unitario, educativo ed organizzativo. I Poli, ancorché relativamente poco diffusi, mettono in comune e condividono servizi, consentono di progettare con più facilità l’offerta educativa a fronte dei cambiamenti sociali e del calo demografico. Possono favorire la progettazione integrata a partire dalla revisione dell’offerta educativa in termini di ricettività e ampliamento dell’orario di servizio rivolto all’utenza, nonché supportare i comuni nella verifica e valutazione dell’offerta formativa e dei costi di gestione del servizio. I Poli possono altresì consentire l’individuazione e l’articolazione di progetti di continuità verticale, di raccordo dei curricoli, di formazione e supervisione congiunta tra nidi e infanzia.

Va affrontato anche il tema della conciliazione dei tempi delle famiglie, ma non in un’ottica ristretta di meri servizi individuali a richiesta, bensì in una visione collettiva consapevole che la genitorialità è divenuta un fatto sociale. Centrale per le politiche per l’infanzia resta il passaggio da un servizio di conciliazione relativo alle necessità personali delle singole famiglie ad un servizio educativo di respiro nazionale, che sappia operare una transizione efficace dalla domanda individuale ad un servizio a carattere universale, abbattendo il costo delle rette e le liste d’attesa nei nidi e puntando ad un aumento soprattutto qualitativo dell’offerta. 

Rilevanti per le politiche nazionali e locali restano anche le Raccomandazioni del Consiglio d’Europa del 2019, ove la richiesta agli stati membri è quella di attivare politiche tali da assicurare un’istruzione di qualità ed inclusiva a costi sostenibili, garantendo l’accessibilità ai servizi.

Sul territorio italiano sono ancora presenti evidenti diseguaglianze e siamo ben lontani dai target richiesti dall’ UE, che abbiamo tuttavia sottoscritto. Nei fatti il tasso di copertura regionale dei nidi è il seguente: Nord Ovest 35%; Nord Est 37,50%; Centro 38%; Sud 17,30%; Isole 17,80%.

Parimenti dicasi per i “costi medi” che molto ci dicono circa la effettiva possibile qualità dei servizi educativi a seconda delle forme di conduzione dei Nidi e connesse scelte politiche e gestionali. In questo caso i dati sono riferiti ai costi annuali medi sostenuti dai singoli comuni, al netto della quota di compartecipazione delle famiglie: per la gestione diretta e comunale il costo annuo è pari ad euro 9.643; per gli appalti in concessione di euro 5.385; per le convenzioni di euro 3.831, mentre il bonus individuale ammonta a 2.200 euro.

Benessere negli spazi educativi

Secondo il sempre attuale insegnamento di Maria Montessori, la maestra, oltre a mettere il bambino in rapporto col materiale, lo mette pure in rapporto con l’ordine nell’ambiente.Lo spazio è prima di tutto un vero e proprio “luogo di vita” e non solo un ambiente fisico,ma anche mentale ed interiore: Loris Malaguzzi già nel 1966 parlava di terzo educatore, e, come ha affermato Anna Lia Galardini,lo spazio influenza l’organizzazione del pensiero e del comportamento sociale e non è mai neutro. Compito dell’educatore è la capacità di produrre nei confronti dei bambini un “abbraccio accogliente”, anche grazie alla progettazione degli spazi. 

Come leggiamo nelle “Linee pedagogiche” del 2021 e negli “Orientamenti nazionali” del 2022, gli spazi educativi devono essere accoglienti, interessanti, attraenti con una attenzione a strutturare, in modo pensato ed accorto, una dimensione qualificata dell’esperienza quotidiana. Il “terzo educatore” deve, pertanto, essere improntato a risolvere dilemmi apparentemente antagonistici tra sicurezza ed esplorazione; familiarità e novità; intimità e socialità comunitaria. Detto in altri termini ed in estrema sintesi: spazi per chi; per fare cosa e per quali momenti della giornata educativa. Anche la sala da pranzo, per esempio, può essere pensata come “laboratorio del gusto”; i bagni, un potenziale laboratorio dell’acqua. Gli arredi non devono diventare perimetri o barriere, ma contribuire a dar senso e “movimento” ai luoghi, poiché lo spazio predisposto, agito e vissuto corrisponde alle storie di chi lo abita, lo vive, lo ha pensato per una pedagogia del benessere psicofisico, emotivo, relazionale, cognitivo dei bambini in un ambiente strutturato e pensato in modo consono ed adatto a loro. 

Uno spazio educativo ben progettato deve concorrere a creare quattro tipologie di benessere: benessere fisico e ambientale in spazi sicuri, idonei, coinvolgenti e stimolanti; benessere emotivo ed affettivo per poter vivere emozioni positive e stabilire legami affettivi solidi e rassicuranti; benessere cognitivo per stimolare lo sviluppo intellettivo e saper affrontare le diverse situazioni, anche inedite, che si presentano nello spazio educativo e di vita; benessere relazionale e sociale per saper sviluppare interazioni positive ed inclusive con l’altro da sé. 

L’esempio del Nido Bicocca di Milano è emblematico per l’accurata progettazione e predisposizione degli spazial fine di produrre benessere nei bimbi che li vivono quotidianamente. I locali, precedentemente in uso ad una scuola media,sono stati opportunamente adattati e riallestiti: il salone è stato trasformato in una vera e propria piazza, un’agorà per la condivisione collettiva. Si è strutturato un atelier scientifico, una libreria, un angolo della musica animato da un vecchio pianoforte, un angolo del relax con relative nicchie. Per allestire all’interno del nido anche uno spazio per la compravendita con relative piccole bancarelle per il gioco del “far finta”, è stata effettuata una uscita didattica presso il locale mercato rionale e l’esperienza vissuta nella concreta realtà territoriale ha ispirato la progettazione di questo spazio.Un atelier è stato predisposto per poter “giocare con la luce” e fare fotografie con relativa attrezzatura. Si è posizionato un acquario e l’osservazione dei pesci ha stimolato narrazioni tra i bambini. Si è data importanza anche al momento dell’accoglienza dei genitori attrezzando l’ingresso con comodi divani e poltrone per consentire di poter effettuare quattro chiacchiere tra gli adulti. Anche per le educatrici si è allestito con cura un apposito spazio per la progettazione e scambio di idee. Una particolare cura è stata dedicata al giardino dove sono stati messi a dimora piante e fiori, sia per l’osservazione spontanea e guidata che per il semplice piacere del godimento estetico. Con piacevole sorpresa delle educatrici, i bambini hanno saputo riutilizzare e reinventare del tutto spontaneamente anche l’uso dell’ampia scalinata d’accesso alla scuola come un percorso su cui arrampicarsi. Tutti questi momenti e fasi sono stati illustrati mediante filmati molto evocativi.

A conclusione dei lavori, la domanda, non retorica, che è risuonata nell’auditorium è stata: dov’è l’infanzia nella nostra attuale società? Che spazio effettivo dedichiamo ai bambini ed alla loro ricchezza emotiva, di competenze cognitive ed esigenze relazionali significative? Ancora oggi esistono dei bambini singoli, “proprietà” delle famiglie, non ancora sufficientemente visti come un “soggetto collettivo”, autonomo e portatore di diritti inalienabili. Di qui la necessità di attuare politiche attive di accompagnamento e sostegno alla genitorialità in funzione di un progetto comune per la qualità della vita, come ha sottolineato la sociologa Chiara Saraceno. 

Allora il titolo del convegno “Conoscere e riconoscere l’infanzia”significa rivendicare una qualità e cultura della vita, non soltanto zerosei, ma da 0 sino a 99 anni. 

 

Michele Falco, già Dirigente scolastico a Brescia