LAW & ORDER

Una riflessione su alcuni testi e documenti che delineano un nuovo (meglio sarebbe dire restaurato) orizzonte del sistema scolastico e educativo nazionale.

Linee guida per l’insegnamento dell’Educazione civica

Una iniziale lettura delle nuove Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica fa emergere una prima domanda: quale idea di bambino/a o ragazzo/a (di essere umano in generale, si potrebbe dire) si intravvede scorrendo questo documento e quale idea di cittadino e cittadinanza viene definita? 

Una immagine che si propone è quella di una funzionalità ortopedica del sistema scolastico, il cui compito principale è raddrizzare l’ossatura che non si sviluppa ben diritta, aggiustare le ossa se rotte e rompere le ossa, se si pensa che sia necessario perché crescono storte e questo serve a farle ricrescere diritte. Un lavoro differente e contrario a quello del giardiniere, che accompagna la pianta nel suo crescere già definito e che va accompagnato,  protetto e supportato nei suoi bisogni e nelle sue necessità. 

Un’ulteriore immagine suggestiva che si propone è quella collegata alla sequenza: colpa, sanzione, punizione, ammenda, espiazione, ravvedimento. Possiamo anche non mettere in discussione l’efficacia in campo educativo di questa serie (che pure richiama antiche sequenze penitenziali), dipende da quale obiettivo ci si pone …, se lo scopo è, unicamente, far crescere nel timore che ad errore corrisponde una pena, quindi meglio rigare dritti, ci siamo. 

Queste due semplici elementi osservati ci riportano ad una fondamentale e critica domanda: l’obbedienza è una virtù? Molto dipende dalla consapevolezza, dal valore etico (anche per i più piccoli) che l’atto disobbediente esprime. Disobbedire, letteralmente,  significa non rispettare una norma, un limite, aprire una crepa nella consapevolezza che un sistema di regole ha di se stesso. Nel riflettere su questo tema, però, si dovrebbe sempre tenere in considerazione che la disobbedienza giovanile è tanto una protesta – generalmente inconsapevole, piuttosto che cosciente –  quanto un messaggio, una richiesta di aiuto, anche quando il gesto compiuto è grave e lesivo dell’integrità dell’altro e che un intervento di mediazione di natura riparativa può ben essere un’alternativa.

Nelle linee guida si dichiara anche che la chiave di lettura parte dal considerare la “centralità della persona umana (…) al cui servizio si pone lo Stato” ma, verificando le pratiche definite per la gestione e la valutazione del comportamento, risulta un’inversione del senso di questa affermazione, attribuendo all’Istituzione educativa il compito di conformare la persona, con un approccio neanche troppo velatamente comportamentista puro. Come avrebbe detto qualche anno fa Corrado Guzzanti, siamo su Rieducational Channel. 

La “nuova valutazione”

Sovrapponibile e dalla medesima radice generativa si pone il ritorno ad una comunicazione della “valutazione”, per la scuola primaria, centrata su un lessico antico e giudicante, che risuona come un giudizio morale piuttosto che un’indicazione utile a indicare un livello di un apprendimento. Termini antiquati, adeguati ad una pronuncia teatrale e enfatica (ottimo!) o con voce rimproverante (insufficiente!), con lo scopo evidente di ridare autorevolezza al docente che li pronuncia

Il cambiamento del vocabolario della valutazione, che viene promosso a mezzo stampa come semplice questione linguistica è, piuttosto, una questione ideologica e di indirizzo culturale.

Molto lavoro (formazione, elaborazione collegiali, investimento di tempo e risorse) è stato dedicato a recepire e a mettere in opera l’Ordinanza ministeriale 172 del 2020; un impegno collettivo che  non avrà più visibilità, perlomeno nella comunicazione a studenti e familiari, ma che è auspicabile possa rimanere patrimonio tecnico/professionale di maestre e maestri; qualcosa di buono si può dire dell’O.M. 172 (e relative Linee guida) e cioè che ha “costretto” i docenti della scuola primaria a valutare in profondità gli apprendimenti e con riferimenti terminologici comuni indicativi e descrittivi, innalzando il livello scientifico della valutazione. Un lavoro di natura formativa che non deve andare sprecato. Ad ogni indicatore di livello corrispondeva una “legenda”. In via di acquisizione:  l’alunno porta a termine compiti solo in situazioni note e unicamente con il supporto del docente e di risorse fornite appositamente. Francamente non pareva così incomprensibile e, volendo, nei colloqui con i genitori si può sempre e comunque spiegare meglio, se necessario anche con terminologia meno scolastica. 

Certamente una formula come in via di acquisizione può sembrare asettica, anche algida se si vuole, ma presupponeva un chiaro messaggio: non sei inadeguato, stai comunque percorrendo un sentiero di apprendimento; non si può dire la stessa cosa del termine insufficiente. La motivazione della mancanza di chiarezza e immediata comprensione per i familiari della comunicazione relativa alla valutazione, oltre che muovere da un’istanza populistica (al popolo va servita una comunicazione semplice se no non capisce), non regge: Base, Intermedio, Avanzato, non sembrano termini così complessi e fuori da un utilizzo quotidiano (chi ha familiarità con il linguaggio sportivo, da Gazzetta dello Sport, può controllare).

Educare al patriottismo 

E a proposito di orizzonti, in chiara continuità con quanto detto fino ad ora, può illuminare anche la lettura del testo di Galli della Loggia e Loredana Perla Insegnare l’Italia, una proposta per la scuola dell’obbligo (Morcelliana  Scholé, 2023).

Come primo elemento di analisi, possiamo utilizzare il suggerimento di ridare centralità, per la scuola primaria, alla lettura del libro Cuore e dell’intramontabile Pinocchio; un suggerimento che può anche essere preso sul serio – son pur sempre due opere importanti – ma l’indicazione di metterli al centro di un’idea di formazione per le future generazioni, come riferimenti per un modello di sviluppo edificante, evoca un sapore di nostalgia per un ordinato passato (tra l’altro mai esistito) nel quale i buoni sentimenti prevalevano sulle cattive condotte; e allora perché non leggere Giamburrasca (Vamba 1907)? Purtroppo per una sana educazione delle ragazze non si potrebbe, in quest’ottica patriottica consigliare la lettura di Piccole donne perché, va da sé, si tratta di un testo formativo, sia pure storicamente ben collocato, inadeguato in quanto di origine anglosassone. 

Il tema qui non è certamente sminuire le qualità di testi comunque importanti, iconici, patrimonio comune assodato delle nostra cultura, ma che senso può avere la centralità formativa che ad essi si vorrebbe consegnare, come se negli ultimi cento anni non ci fosse stata alcuna narrativa per l’infanzia degna di essere utilizzate nelle scuole e altrettanto formativa?

In Insegnare l’Italia molto si parla di Storia, una Storia riveduta e corretta – disallineata dalla sequenza cause/effetti per essere riconfigurata secondo una successione di fatti esemplari (che colpiscano l’immaginazione), con una naturale sottovalutazione delle Scienze e della Arti Meccaniche (queste ultime da collocarsi casomai nella magica formula del made in Italy), discipline ancelle che hanno probabilmente il difetto di esprimersi attraverso linguaggi internazionali, proponendo leggi e regole transnazionali; e pare strano che non si sappia che la Storia, la Letteratura, la Geografia, già oggi, siano insegnate  italocentricamente (se si può dire così) per giungere gradualmente ad una esposizione eurocentrica e arrivare, forse e casomai, ad uno sguardo globale, magari oggi utile e necessario per interpretare e vivere nella contemporaneità.

In sintesi, questa combinazione di atti normativi e propositi di riscrittura dei curricoli, illustra l’evidente intenzione di disegnare il profilo di una riforma del sistema scolastico, fondata su una diversa e antica epistemologia (e mi scuso per il termine impopolare), graduale, soft, insomma, una riforma … Gentile. 

Francesco Muraro, Dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo di F. Cappelli che include le storiche scuole del parco Trotter