I livelli essenziali delle prestazioni nell’istruzione
I Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) sono stati previsti dalla riforma del Titolo Quinto della Costituzione, approvato nel 2001, in un momento storico-politico nel quale era in auge pensare al trasferimento di competenze amministrative dallo stato centrale agli organismi territoriali, senza però creare disparità di trattamento nella fruizione dei servizi da parte dei cittadini. La nuova Costituzione doveva accentuare l’autonomia gestionale da parte degli enti regionali e locali, ma il rischio che i territori mettessero a disposizione risorse tali da compromettere la parità dei diritti, impose il calcolo dei necessari investimenti su tutto il territorio nazionale per poter consentire l’esercizio da parte dei diversi soggetti delle scelte politiche confacenti alle necessità delle popolazioni.
Tra le tante materie per le quali era necessaria la definizione dei LEP c’è anche quella dell’istruzione, se si vuole garantire un diritto universale come il diritto allo studio, ma allo stesso tempo far sì che gli enti territoriali potessero adottare quelle iniziative che da un lato potessero proteggere il percorso formativo dei giovani, soprattutto i più fragili e a rischio di insuccesso e, dall’altro, adeguare la proposta formativa alle esigenze della produzione e del mercato del lavoro. Ma la riforma costituzionale rimase perlopiù lettera morta e soprattutto nel settore dell’istruzione i poteri dell’amministrazione statale sono stati conservati come prima, anche rispetto alle garanzie che il dettato costituzionale aveva fornito alle autonomie scolastiche.
Nessuno dunque si preoccupò dei LEP, che si trovarono al crocevia tra i non risolti problemi di decentramento amministrativo, la revisione delle competenze prevista dal nuovo titolo quinto della Costituzione, la piena realizzazione dell’autonomia scolastica e la riorganizzazione delle modalità di spesa attribuibile al federalismo fiscale, diventato legge, ma rimasto anch’esso inapplicato.
I LEP infatti assumono rilievo quando un servizio pubblico è attribuito a diversi livelli di governo, con margini di autonomia nelle modalità di erogazione e finanziamento, che va oltre la spesa storica stabilita ogni anno dallo Stato. Nei settori dell’istruzione e formazione possono riguardare sia l’autonomia di regioni ed enti locali, prevista dall’art. 116 della Costituzione, sia quella delle istituzioni scolastiche , e formative di cui all’art. 117.
Alla definizione dei LEP si deve pervenire attraverso un percorso partecipato ed un ruolo fondamentale è rivestito dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni-Città. Lo Stato deve inoltre procedere alla definizione del costo standard per alunno al quale il servizio scolastico deve corrispondere, considerando gli aspetti perequativi, previsti dall’art. 119 della Carta costituzionale. Compito delle Regioni, assieme agli Enti Locali, è la valutazione delle esigenze dei territori e la definizione dei fabbisogni standard che rappresentano le reali necessità degli enti in base alle loro caratteristiche territoriali e agli aspetti socio-demografici della popolazione residente, con una interlocuzione ampia del mondo della scuola; va riconosciuta a questo riguardo la rappresentanza delle scuole autonome in modo formale, alle quali andrà assegnata la gestione del personale, pur rimanendo lo stato giuridico a livello nazionale, mentre l’allocazione delle risorse dovrà passare alle regioni.
In base alla legge 62/2000 si fa riferimento al “sistema nazionale di istruzione e formazione”, che comprende le scuole statali e paritarie (private, regionali e degli enti locali), i servizi per l’infanzia, la formazione professionale regionale e degli adulti, per i quali andranno individuati altrettanti LEP.
In questo quadro si tratta di garantire pari opportunità nell’accesso e nella fruizione del servizio, anche per i soggetti deboli e i figli di famiglie provenienti da altri Paesi, il diritto alla sicurezza negli ambienti scolastici, con la possibilità da parte delle scuole di adeguare l’offerta formativa alle esigenze del territorio. Se si vuole che la flessibilità del progetto educativo aiuti a colmare i divari territoriali e assicurare a tutti livelli adeguati di istruzione e formazione le regioni devono impegnarsi a fornire i LEP (input) e a raggiungere obiettivi quantificabili (output) che lo Stato finanzia e verifica.
Il diritto all’apprendimento lungo tutto l’arco della vita va garantito all’interno delle “norme generali sull’istruzione”, di cui al predetto art. 117 della Costituzione, che deve concretizzarsi nelle regole fondamentali per l’esercizio dell’autonomia scolastica e formativa, nell’indicazione degli obiettivi del sistema scolastico e formativo, nell’educazione permanente, nella valutazione delle prestazioni.
Il carattere pubblico di un servizio, a rete, integrato, non è dato dalla natura statale delle singole istituzioni, ma trova la sua fonte nella comunità che lo esprime e la governance dovrà così fondarsi sull’intreccio tra le autonomie scolastiche e formative e le autonomie locali. Il diritto dovrà essere agganciato agli standard di sviluppo della persona umana e della cittadinanza, in relazione ai diritti garantiti dalla Costituzione; il linguaggio dei LEP dovrà servire non solo ad esplicitare gli elementi essenziali, che vanno finanziati, ma anche far convergere i punti di vista dei diversi soggetti che operano per questa comune finalità sul territorio, evitando che il passaggio dal centralismo all’autonomia provochi dispersione o distrazione di risorse. In gioco infatti non ci sono soltanto i livelli di efficienza, ma c’è la crescita delle persone e lo sviluppo del paese.
I LEP si fondano su:
- Una dimensione partecipativa, che si articola nelle relazioni tra le autonomie scolastiche e territoriali
- Una dimensione sociale ed educativa in merito ai diritti soggettivi da considerare, agli indicatori di prestazione riferiti agli obiettivi/standard da raggiungere
- Una dimensione economica per quanto riguarda la programmazione dei servizi (determinazione degli ambiti territoriali, rapporto ottimale tra domanda e offerta, ivi comprese le situazioni di disagio e di emarginazione sociale, fenomeni di povertà e di devianza minorile) ed i relativi costi.
Ad ogni livello del multigoverno del sistema andranno messi in atto strumenti di:
- Monitoraggio nell’erogazione delle prestazioni nel rispetto dei livelli essenziali e dell’appropriatezza della destinazione e dell’uso delle risorse, con un adeguato e sistematico controllo di gestione su un sistema di indicatori
- Valutazione dell’efficacia e dell’equità con riferimento a criteri europei (EQF), benchmark, rilevazioni nazionali (INVALSI) e internazionali (PISA)
- Valutazione dell’efficienza, equità e costo di erogazione del servizio/prestazione finalizzata all’individuazione e diffusione delle migliori pratiche
I LEP dovrebbero definire il fabbisogno nazionale standard per il comparto e andranno rivisti periodicamente sulla base dei risultati conseguiti ed in rapporto all’evoluzione economica e sociale del Paese.
Il risveglio dei LEP è avvenuto a seguito della richiesta da parte delle regioni a statuto ordinario del così detto regionalismo differenziato, cioè del conferimento a questi enti, come era in origine, della capacità anche sul piano legislativo e fiscale, di interpretare e corrispondere alle esigenze dei propri territori. Senza voler indulgere a faziose contese politiche va evidenziato che la nostra Repubblica si fonda sulle autonomie territoriali e che lo spazio che viene attribuito per la competizione/cooperazione tra le regioni vuole aiutare la ripresa di efficienza dell’intero sistema, ottimizzando i costi dei servizi, anche di quello scolastico, adattandoli alle reali esigenze dei territori, in un’ottica di progressivo sviluppo, a condizione che tutti i cittadini fruiscano di pari opportunità, attraverso la definizione ed il monitoraggio dei LEP. E’ questo il grande sforzo che si chiede alla pubblica amministrazione, che invece continua a preferire il governo del sistema.
Gian Carlo Sacchi Esperto di politica scolastica. Ha fatto parte del Consiglio di amministrazione dell’INDIRE e ha fatto parte del comitato Scientifico della Regione Emilia Romagna per le esperienze di integrazione tra istruzione e formazione professionale.