Il punto sul PNRR-Istruzione. Criticità di investimenti e riforme

A che punto è l’attuazione del PNRR-Istruzione? E’ la domanda a cui ha cercato di rispondere la Fondazione Agnelli con un rapporto preparato in collaborazione con la Fondazione ASTRID e pubblicato il 13 maggio 2024.  Vediamo qui brevemente alcuni problemi. Per un’analisi completa si rimanda al rapporto stesso[1].

Il PNRR prevede un insieme integrato di investimenti e di riforme, di cui il rapporto analizza lo stato di avanzamento segnalando anche difficoltà e contraddizioni.

Gli investimenti

La situazione delle somme disponibili dopo l’ultima revisione e quelle già spese alla fine del 2023 è riassunta nella tabella seguente.

 

La revisione del PNRR per l’Istruzione: avanzamento della spesa al 31/12/2023 Risorse assegnate (milioni euro) Spese sostenute (milioni euro) % spesa su risorse assegnate
Asili nido e scuole dell’infanzia 3.245 777 23,9
Estensione del tempo pieno e mense 1.075 93 8,7
Infrastrutture sport a scuola 300 60 20
Messa in sicurezza e riqualificazione dell’edilizia scolastica 4.399 909 20,7
Scuola 4.0 – scuole innovative, nuove aule didattiche, laboratori 2.100 826 39,3
Intervento straordinario per la riduzione dei divari territoriali 1.500 53 3,5
Nuovi linguaggi e nuove competenze 1.100 0 * 0
Didattica digitale e formazione alla transizione digitale 800 53 5,6
Sviluppo e riforma delle ITS Academy 1.500 37 2,4
Alloggi e residenze per studenti universitari 1.198 68 5,7
Borse di studio per l’accesso all’università 808 250 30,9
Altre misure (orientamento attivo scuola-università / Scuola di Alta Formazione / Didattica e competenze universitarie / Dottorati) 1.060 76 8,0
Costruzione di nuove scuole mediante la sostituzione di edifici 1.006 180 17,9
Totale Istruzione 20.091 3382 16,8
Totale PNRR 194.416 42998 22,1

*Nuovi linguaggi e nuove competenze è partito nel 2024 accompagnato dalle Linee Guida già commentate su Education 2.0

 

Gli investimenti sono in parte destinati a edilizia scolastica e ambienti di apprendimento in parte a didattica e competenze. Solo una analisi specifica dei singoli titoli potrebbe spiegare la diversa velocità di spesa. Ma è ovvio che essa dipende essenzialmente dal numero e la diversità dei soggetti in campo, dai livelli di decisione, dal metodo di assegnazione delle risorse, dalla complessità progettuale.

Si spiega facilmente, ad esempio, perché Il finanziamento 4.0 Scuole innovative, uno dei primi a partire, che ha per obiettivo la creazione di nuovi ambienti di apprendimento, è il più veloce. I soggetti interessati sono solo il Ministero e le singole scuole. La distribuzione dei fondi è “a pioggia”: il Ministero ha distribuito i fondi a tutte le scuole, a ciascuna in proporzione al numero degli allievi. Le scuole debbono decidere i propri piani di acquisto e questo non richiede progetti complessi, ma scelte didattico-organizzative. A questo scopo le scuole possono fruire da una parte di modelli suggeriti dalle linee guida del Ministero e, dall’altra, dalle offerte delle imprese che offrono soluzioni e strumenti.

Ovviamente più complessi sono gli investimenti che prevedono progetti che debbono seguire criteri e linee guida generali, ma la cui realizzazione è gestita, tramite bandi, dagli enti locali. E’ il caso dei nuovi nidi/scuole dell’infanzia e delle nuove scuole.

Gli investimenti con la minore percentuale di spese sostenute sono quelle destinate allo sviluppo delle ITS Academy (2,4%) e alla riduzione di divari territoriali, che prevede attività di tutoraggio e riduzione della dispersione (3,5%).

Le riforme

Le riforme dovrebbero essere in sinergia con i finanziamenti e dovrebbero essere il contesto in cui essi acquistano forza e significato. Ecco l’elenco:

  • Formazione iniziale. Formazione in servizio e carriera dei docenti.
  • Organizzazione del sistema scolastico.
  • Orientamento
  • Istituti tecnici e Professionali
  • ITS Academy

In realtà la sinergia è molto dubbia. Vediamo due casi in particolare.

Il rapporto della Fondazione Agnelli analizza il caso della formazione dei docenti. Lo vede come il più critico e lo qualifica come una vera propria rinuncia. La Legge Draghi disegnava un modello organico di sviluppo della carriera attraverso tre passaggi: laurea quadriennale disciplinare-corso abilitante per la cattedra di destinazione-concorso. E’ impossibile stabilizzare questo modello in tempi ragionevoli data la scelta di inseguire la permanente sanatoria del precariato. In sostanza l’idea di costruire una specifica professionalità della funzione docente sembra svanire. L’altro problema, secondo la Fondazione Agnelli, è la rinuncia a un percorso di carriera, sostituito da un sistema di incarichi specifici come il tutoraggio.

Il rapporto non approfondisce un secondo punto critico, che sembra invece rilevante: la riforma dell’istruzione tecnica e professionale. L’unica legge in qualche modo consolidata è la creazione delle ITS Academies. Il finanziamento previsto dovrebbe portare a un aumento delle iscrizioni da 11.000 a 22.000 all’anno. Ma la percentuale di spesa raggiunta è fra le più basse di tutto il PNRR-Istruzione. E questo è spiegabile con la complessità della creazione e lo sviluppo delle Academies, che non sono istituzioni stabili, ma costruzioni che prevedono l’impegno e il coordinamento di diversi soggetti pubblici e privati. Questo mette anche in discussione la credibilità della riforma del 4+2 voluta dal ministro Valditara, appena diventata legge. E’ anzitutto  discutibile la pretesa di far passare per riforma la creazione di un corridoio quadriennale collaterale creato ritagliando una frazione degli Istituti Tecnici e Professionali, affiancandola ai corsi di Istruzione e Formazione professionale, e coronarlo con un biennio di ITS. Che ne sarà del resto degli Istituti Tecnici e Professionali? Riconosciamo loro ancora una funzione e quale? Non hanno almeno bisogno di essere aggiornati dopo 12 anni dalla loro ristrutturazione? Ma la questione è anche pratica: la lentezza di sviluppo degli ITS non rischia di trasformarli in un collo di bottiglia invece che in un coronamento? Comunque dai dati delle iscrizioni alla secondaria di secondo grado di questo nuovo anno scolastico risultano iscritti al primo anno del nuovo percorso quadriennale circa 1650 studenti ed è da dimostrare che esso riesca a raggiungere la dimensione necessaria per avere un ruolo significativo. Sarebbe naturalmente anche necessario fare un’indagine su quali sono le motivazioni, la provenienza sociale, la distribuzione territoriale di questi iscritti per capire la natura sociale dell’esperimento.

La questione delle tecnologie digitali

Lo sviluppo delle tecnologie digitali, come strumento e come cultura è un tema chiave di tutto il PNRR. Per l’istruzione tre sono gli investimenti specifici

  • Scuola 4.0 – scuole innovative, nuove aule didattiche, laboratori. Di questa misura si è già detto a pagina 2. Per quanto riguarda l’offerta di mercato alle scuole e la gamma delle soluzioni si rimanda all’articolo sulla Fiera DIDACTA pubblicato su Education 2.0[2]
  • Nuovi linguaggi e nuove competenze. Il finanziamento alle scuole prevede che esse realizzino esperienze di diverso tipo per sperimentare nuovi approcci, rinforzare competenze digitali, disciplinari e linguistiche. La recente Direttiva ha posto un accento speciale sulle discipline STEM[3]. La spesa è ancora praticamente ai blocchi di partenza
  • Didattica digitale e formazione alla transizione digitale. Il finanziamento è destinato alla formazione dei docenti sull’uso delle Tecnologie Digitali e lascia alle scuole e ai docenti la scelta del modo. La piattaforma ScuolaFutura offre una vasta e varia gamma di corsi organizzati da scuole-polo. Il Ministero si è riservata una quota per qualche iniziativa centralizzata di cui si dovrebbe occupare l’INDIRE

Il problema di questi finanziamenti è il disallineamento o il rovesciamento logico fra i tempi della formazione, delle sperimentazioni e degli acquisti. E’ evidente il ritardo della formazione dei docenti. La Fondazione Agnelli critica in particolare la spinta ad accelerare la spesa per attrezzature e ambienti che può portare a sprechi, soprattutto quando si tratta di assetti tecnologico-ambientali e tecnologici specifici (come la realtà virtuale) il cui acquisto richiederebbe un minimo di pratica sperimentale per saggiarne la praticabilità.

Il rifiuto di alcune scuole di attivare queste spese può essere motivato in parte da ragioni pratiche,  pedagogiche e magari anche politico-culturali, ma certo segnala un disagio. Il rischio, che è stato sempre lo stesso in tutti i programmi di sviluppo tecnologico-educativo, è quello che in realtà essi attivino una minoranza di “avanguardie” e non lascino tracce significative nella generalità dei docenti.

 

[1] https://www.fondazioneagnelli.it/2024/05/15/il-pnrr-per-scuola-e-universita-a-che-punto-siamo/

[2] https://www.educationduepuntozero.it/tecnologie-e-ambienti-di-apprendimento/visita-a-didacta-la-fiera-per-la-scuola.shtml

[3] https://www.educationduepuntozero.it/politiche-educative/le-stem-e-il-pnrr-una-complessita-ingovernabile.shtml

Mario Fierli