Orientamenti interculturali. Idee e proposte …
Un lessico da rivedere. La prima novità degli Orientamenti, il documento con cui vengono aggiornate le Linee guida del 2014, è proprio in questa sollecitazione. Liberiamo almeno il mondo della scuola dal triste linguaggio burocratico, per cui i figli dell’immigrazione sono stati chiamati finora alunni senza cittadinanza italiana. Definendoli in negativo, per quello che non hanno invece che per quello che sono, con una rappresentazione a dir poco inappropriata non solo per il 65,5 per cento dei bambini e ragazzi nati e fin dall’inizio scolarizzati in Italia, ma per tutta la generazione di nuovi italiani, il 10,3 per cento del totale studenti, che proprio nella scuola dovrebbero, come e insieme a tutti gli altri, imparare cos’è e come si fa ad essere cittadini. Senza contare, avverte Istat, che proprio da quella definizione la statistica ministeriale ha fatto discendere rilevazioni che, non censendo chi ha già ottenuto la cittadinanza, sottostimano di molto l’entità del fenomeno, e quindi l’ampiezza effettiva e l’articolazione dei bisogni formativi di quanti, con o senza riconoscimento formale della cittadinanza, sono portatori di sensibilità e provenienze che fanno multiculturale e plurilingue la scuola italiana. Gli studenti con back ground migratorio (come sono definiti nei documenti e nella letteratura europea ), gli appartenenti ai gruppi rom e sinti e ad altre minoranze, i bambini e i ragazzi figli di adozioni internazionali, gli studenti partecipi di scambi tra Paesi, i minori stranieri non accompagnati, i rifugiati. Di tutte queste tipologie e di diverse altre il nuovo documento traccia il profilo ( I volti e i dati) anche per sollecitare da parte delle scuole l’analisi della specificità dei problemi ma anche delle risorse relative all’apprendimento linguistico. Tra cui, per la prima volta senza circoscrivere il diritto all’istruzione ai soli minori, anche quelli dei giovani adulti che frequentano i CPIA per imparare la lingua, conseguire titoli di studio e certificazioni, costruirsi un futuro sociale e professionale migliore.
Sarebbero anche molte altre però le parole da rivedere, e da discutere anche con gli studenti, perché da cambiare è la narrazione stessa dell’immigrazione, e per molti versi anche la percezione che la scuola ha dei problemi e delle azioni da svolgere, gli approcci culturali, la didattica, le pratiche dell’accoglienza e dell’integrazione, le politiche. Sapendo, come suggerisce il documento, che occorre agire in due direzioni. Una è la specificità delle proposte integrative che riguardano gli studenti con back ground migratorio, il diritto alla scuola, l’apprendimento linguistico, la mediazione linguistico-culturale, l’orientamento, la prevenzione e della dispersione e degli abbandoni, le relazioni in classe e nel tempo extrascolastico, i rapporti con le famiglie. L’altra è l’universalità dell’educazione interculturale per tutti, l’educazione alla cittadinanza, il rispetto e la valorizzazione della diversità linguistico- culturale, l’apertura dei curricoli alla conoscenza dei contributi di civiltà e di realtà storiche diverse da quelle europee ed occidentali. Le analisi e le proposte elaborate dall’Osservatorio nazionale sull’integrazione e l’educazione interculturale, un organo consultivo del ministero dell’istruzione composto da insegnanti, dirigenti scolastici, esperti, esponenti di istituzioni e di associazioni, rappresentanti di realtà locali significative e innovative, mettono a fuoco le evoluzioni positive e le criticità vecchie e nuove nel quadro delle trasformazioni della realtà dell’immigrazione. Anche la scuola, nei trent’anni di esperienza, è cambiata, ma non abbastanza, e non abbastanza in fretta da prevenire o da intervenire tempestivamente su quello che non va. Per esempio il gap nella partecipazione alle scuole per l’infanzia tra italiani doc e nuovi italiani, gli spiccati processi di polarizzazione etnico-sociale che in tante realtà caratterizzano perfino gli istituti scolastici del primo ciclo, un orientamento nella secondaria insidiato da pericolosi stereotipi, i fenomeni di segregazione e auto segregazione formativa. E’ ancora diffusa, inoltre, la sottovalutazione della risorsa, per il Paese, di seconde generazioni allenate a stare in equilibrio tra lingue e culture, affacciati su realtà diverse, plurilingue e in larga misura spiccatamente motivate a fare dell’esperienza scolastica il trampolino di lancio per migliorare, attraverso un futuro professionale migliore di quello dei genitori, lo status sociale proprio e delle proprie famiglie. E tuttavia negli anni difficili dell’adolescenza e della transizione alla vita adulta c’è il rischio, se dovessero non esserci le condizioni per una loro valorizzazione nella scuola, nella società, nel mondo del lavoro, che ciò si trasformi in vissuti di minorità, di non appartenenza, di chiusura, di risentimento. Un ingresso meno ritardato e più agevole alla cittadinanza formale è di sicuro decisivo, ma lo è anche che la scuola sia sempre e al meglio il primo luogo di cittadinanza appresa e vissuta. Tutto ciò è oggi materia di impegno educativo e didattico di buona qualità in molte delle nostre scuole ma dovrebbe diventarlo in tutte. E qui, oltre alla formazione del personale, sono decisive attenzioni, azioni, politiche locali e nazionali.
link a ORIENTAMENTI INTERCULTURALI IDEE E PROPOSTE PER L’INTEGRAZIONE DI ALUNNI E ALUNNE PROVENIENTI DA CONTESTI MIGRATORI
Fiorella Farinelli Politica e saggista, docente esperta di istruzione e formazione, componente dell’Osservatorio nazionale per l’Integrazione degli alunni stranieri