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Stefano Rodotà e gli anticorpi democratici

Pubblicato il: 13/07/2017 17:20:33 -


Un vecchio signore dalle idee moderne.
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Amava definirsi un vecchio signore, che qualche libro l’ha letto e conosce un po’ la storia, incallito e mai pentito moralista, un combattente contro la caduta dell’etica pubblica e la corruzione dilagante (S. RODOTÀ, Elogio del moralismo, Laterza, 2011). Un moralista attivo, che non si è mai limitato a esercitazioni retoriche o all’indignazione fine a se stessa, ma che per tutta la vita si è impegnato in prima persona, in modo diretto e franco, per contribuire a riaffermare la moralità delle regole e a rafforzare gli anticorpi democratici.
Ci ha ben spiegato che il diritto di avere diritti (S. RODOTÀ, Il diritto di avere diritti, Laterza, 2012), e anche nuovi diritti, connota la dimensione stessa dell’uomo e della sua dignità, costituisce un saldo presidio contro ogni forma di totalitarismo: è stato un grande narratore di diritti, troppo spesso proclamati, ma poi disconosciuti e violati; uno studioso acuto della via per ripensarne le categorie, in funzione della nuova antropologia del nostro mondo in evoluzione continua.
Nelle interviste ha più volte dichiarato che il lavoro che ha fatto da solo sono i libri e che per il resto ha cercato in ogni occasione e incarico di tradurre il pensiero in azione sociale, di confrontarsi e parlare con tutti, consapevole che i temi etici che riguardano la vita delle persone devono essere oggetto di un grande dibattito pubblico.
Abituato a chiamare le cose con il proprio nome e a non pensare al cittadino come passivo destinatario di norme, oggetto di puri divieti e costrizioni, ma come soggetto messo nella condizione di poter esercitare la propria autonomia e responsabilità. Per questo laico, in quanto la sua idea di laicità consiste nel non lasciare mai sole le persone, favorirne la libertà di scelta e la capacità di muoversi anche nel mondo sempre più insidioso delle tecnoscienze.
La vita del cittadino è ridisegnata continuamente da innovazioni tecnologiche e mutamenti del mondo: il cittadino deve essere consapevole della portata e del significato delle innovazioni, in modo da misurarsi responsabilmente con il cambiamento.
Per lui laicità è presidio del pluralismo, dell’arte di far coesistere valori, punti di vista e interessi diversi e in questa accezione rientra pienamente il concetto di tolleranza non inteso in una accezione passiva, ma come attitudine all’accettazione dell’altro, al riconoscimento e all’inclusione.
In questa logica la laicità costituisce per Rodotà l’essenza della democrazia, un potente fattore di libertà per tutti e la misura dell’agire di cittadini e istituzioni: abbiamo bisogno di chiarezza, di rifiuto di travestimenti, di chiamare le cose con il loro nome. Per questo non è tempo di una laicità flebile, timida, devota. E’ tempo, pieno e difficile, di laicità senza aggettivi o, se vogliamo comunque definirla, semplicemente democratica (S. RODOTÀ, Perché laico, Laterza, 2009).
La Presidente della Camera Laura Boldrini lo ha chiamato a far parte come esperto non parlamentare della Commissione per i diritti e i doveri relativi a Internet, il più largo spazio pubblico che l’umanità abbia conosciuto: il “popolo della rete”, disteso sull’intero pianeta, diffuso al di là di ogni confine, organizzato in nuove “nazioni” – oggi la comunità di Facebook è la terza al mondo come popolazione, dopo la Cina e l’India – ha bisogno di condividere diritti e doveri. Rodotà era studioso attento e sagace del tema dei diritti politici nella piazza virtuale, dall’accesso, alla neutralità e all’anonimato, dalla redistribuzione del potere in rete, alla privacy e al diritto all’oblio. Il patrimonio lungimirante di riflessione che ci ha lasciato deve continuare a ispirare il dibattito, e non soltanto sulla cittadinanza digitale.

Rita Bramante

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