La violenza e linguaggio: un allarme crescente
Ultimamente la cronaca nera sembra aver occupato uno spazio quasi predominante nella nostra vita quotidiana eppure il linguaggio con cui si affronta questa tematica è ben lontano dal rispecchiare la gravità di questi avvenimenti. Il segnale di un allarme sociale che non possiamo trascurare.
Generalmente di fronte a un episodio di uccisione, soprattutto nei confronti di bambini e donne o ad opera di giovanissimi, tanto più verso i propri genitori, si pensa subito a un comportamento attribuibile ad una persona con una mente malata, psicologicamente disturbata o con un equilibrio instabile e pertanto non padrona delle proprie azioni: cioè “incapace di intendere e di volere”. Si licenzia così un episodio che, al di là del ruolo che dovranno svolgere gli organi competenti, diventa, purtroppo, argomento di attualità che invade i palinsesti televisivi nei quali drammi del genere sono al centro dei programmi per la loro attualità. Lo scopo apparente è l’informazione ma, a mio parere, c’è il rischio che ci si abitui a vedere immagini arricchite di particolari che portano a parlare, come argomenti da salotto, di atti ai quali si finisce con il fare l’abitudine. Questo naturalmente è più dannoso nei confronti di persone fragili e in particolare di giovani nel loro processo di sviluppo e formazione psicologica e di carattere. Si scatena, inevitabilmente, una insana morbosità con l’esasperata attesa che alla fine della “puntata” si sappia chi sia l’assassino.
Episodi crudi, disumani, irrazionali e non paragonabili neppure a quelli che hanno per protagonisti gli animali la cui violenza, quando si scatena, è animata dal solo istinto di sopravvivenza. E si parla di mondo animale e non di persone evolute. Ma cosa si può fare dinanzi a tanta violenza, a tanta crudeltà, a tanta gratuita distruzione?´ Quale compito possono svolgere i genitori, la scuola, la società e ognuno di noi nel nostro piccolo quotidiano di vita? Non è facile trovare una risposta tale da risolvere una problematica così complessa e delicata, ma si possono intanto analizzare queste manifestazioni di malsana condotta di vita che suscitano tanto dolore e preoccupazione.
Ci sono tre punti per me fondamentali che andrebbero approfonditi con maggiore senso di analisi e responsabilità da parte di tutti coloro che hanno il compito di educare, dopo aver esaminato e capito la situazione in modo da poter offrire soluzioni adeguate. Un primo punto è il linguaggio.
Si deve intervenire sul linguaggio che da un po’ di tempo siamo abituati a sentire: un linguaggio impoverito, superficiale e tal volta privo di un vero significato, una continua parafrasi di termini impropri che distorcono il significato reale delle parole.
Mi colpisce profondamente quando l’artefice di un così crudele misfatto arriva a definire la sua azione con la frase : “Ho fatto una cazzata”, che viene quasi spacciata per giustificazione o comunque espressione sincera di un pentimento. Il vocabolario della lingua italiana riporta: cazzata “… cacchiata…s.f. 1 volg. Balordaggine, sciocchezza, stupidaggine….”. Mi chiedo se è una balordaggine, una sciocchezza, un atto stupido togliere la vita ad una persona?
E’ come suonare il campanello di un portone per gioco, è come spruzzare quando si è sulla spiaggia l’acqua del mare su un amico che sta prendendo il sole è come fare un innocente scherzo al telefono? E non è, invece, un atto ben più grave, terribile e atroce, anzi disumano? Come si può pensare che uccidere o tentare di uccidere, possa definirsi una stupidaggine, un gioco, un diversivo per combattere la noia, una “botta di nervi” , nervi che hanno accecato totalmente l’intelletto?
E’ quindi fondamentale che venga attribuito alle parole il giusto peso e siano usate in modo corretto tanto più in giudizi di tale gravità e rilevanza.
Conoscere la nostra lingua è conoscere se stessi e offrire tramite la parola la reale descrizione di quello che davvero si vuole dire, ma soprattutto essere consapevoli del significato del termine e del suo vero senso e avere la capacità di usarlo in modo appropriato: dove, quando, come e perché. E’ quindi importantissimo riprendere in mano la nostra bella lingua italiana facendo riferimenti a tutti coloro che nel passato e nel presente hanno dedicato e dedicano una vita intera allo studio, alla ricerca, alla diffusione della cultura e della conoscenza, allo scopo di offrire un supporto essenziale alla realizzazione di una società migliore dove i valori possano trovare la giusta collocazione ed essere riconosciuti come beni essenziali per ognuno di noi e in particolar modo per i giovani che saranno gli artefici e la classe dirigente del mondo futuro.
Giovani che nella loro formazione e crescita devono essere educati al valore primario della vita: un bene cosi prezioso che non può essere svalutato dall’uso di una termologia che non solo offende ma mina il futuro di una generazione che ha bisogno di confermarne il valore e la qualità. E’ necessario riappropriarsi, dunque, di un linguaggio più consono che appartenga alla vera lingua italiana e non sia storpiato da coloro che ne fanno scempio senza alcun pudore e ritegno.
Un atro punto da analizzare è perché esista tutta questa violenza, questo bisogno di esplodere con atti criminali e inconsulti per un nonnulla, perché si agisce in maniera abnorme per futili motivi, con una sproporzione abissale tra il movente e il compimento dell’atto annullando se stessi senza aver il minimo controllo della proprie azioni. Non è una domanda alla quale sia facile dare una risposta. Ma noi tutti abbiamo il dovere di capire e analizzare questi episodi per poter porre rimedio a tanto scempio. La famiglia, la scuola e la società sono i tre punti focali, i pilastri che rappresentano la spina dorsale per ogni individuo.
E’ attraverso queste realtà che il bambino, l’adolescente, l’adulto si forma, cresce e vive. Dietro ogni atto, anche se appare incredibile al momento, c’è una spiegazione: per quanto amara e cruda, insopportabile e inconcepibile, inaccettabile e assurda, ma c’é. In tutte le follie vi è una logica, pur se perversa, tra il motivo e l’azione. E noi dobbiamo cercare di capire. Non sono sempre famiglie normali, belle, da Mulino Bianco come a volte ci presentano o persone buone brave, normali quelle che scatenano una violenza così allucinante. Esiste qualcosa che sfugge, all’interno della famiglia e nella società, ed è proprio questo che va preso in considerazione, rapportato con le varie realtà e soprattutto va capito per poter trovare un possibile rimedio.
Le istituzioni, la scuola, la famiglia hanno il dovere non solo di educare ma di porre le condizioni necessarie affinché questa “mattanza” abbia fine. E’ necessario creare una giusta sinergia che possa far fronte alle situazioni di difficoltà ed offrire un mondo nel quale i valori, il rispetto e la dignità, i doveri e le responsabilità abbiano la giusta collocazione fornendo le basi per un crescere sano e un vivere sereno.
Il terzo punto riguarda la “ punizione” che questi atti terribili richiedono. Punire o per meglio dire far pagare per ciò che si è compiuto è senza dubbio giusto e ineludibile. Atti di inaudita ferocia non possono restare impuniti e non solo per una doverosa reazione quanto per un insegnamento di vita che sia rivolto alla rieducazione del colpevole e dia un segnale alla società con il preciso scopo di far comprendere il valore di una vita che ognuno ha il dovere di rispettare. Una vita umana non ha prezzo, non è una merce alla quale si possa attribuire un valore materiale.
La vita umana è un dono, un bene così prezioso non commensurabile con nessun altro; nessuna bilancia può attribuirle un peso. Per questo all’insegnamento proveniente dalla nostra società nelle sue molteplici espressioni e in sinergia con la famiglia e la scuola e nella sintonia con i mezzi di comunicazione, va il compito primario trasmettere il principio più elementare e più profondo del valore della vita che non richiede ulteriori dimostrazioni. Il suo valore unico risiede nel miracolo e nella magia dell’esistenza.
Anna Letizia Galasso