Immagini e parole per l’infanzia
Linda Giannini intervista Carlo Ridolfi, giornalista pubblicista che scrive di cinema su varie riviste e collabora con l’associazione Casa delle Arti e del Gioco, fondata e diretta da Mario Lodi.
D. Da quando eri bambino a oggi, come e quanto è cambiata la letteratura per l’infanzia?
R. Ho l’impressione che la letteratura per l’infanzia abbia in sé delle costanti che rimangono immutate nel tempo. Anche quand’ero bambino io (stiamo parlando degli anni Sessanta) c’erano racconti di giovani maghi, viaggi meravigliosi e percorsi di formazione attraverso prove di vario genere. Sono cambiati, radicalmente, gli strumenti di lettura e di percezione. Oggi mio figlio Lorenzo, che ha poco più di due anni, può ascoltare, vedere e conoscere racconti attraverso una pluralità di mezzi (il libro, certo, ma anche il dvd o una trasmissione su un’emittente tematica o un cortometraggio su YouTube).
D. Come è quando è nata la tua passione per il cinema?
R. È presto detto. Fino alla seconda media, in casa mia non c’era la televisione, perché i miei genitori diffidavano molto del mezzo. Però d’estate apriva un cinema all’aperto giusto a fianco di dove abitavamo, così potevo vedere i film dal balcone di casa. Quelli permessi, perché allora vigeva la distinzione in film “per tutti”; “per adulti”; “per adulti con riserve” e “esclusi”. A me era concesso vedere solo quelli “per tutti”. Gli altri li vedevo nascosto fra i rami dell’albero di noce che stava in cortile. Fino a quando non si ruppe il ramo sul quale stavo appollaiato, provocandomi qualche punto di sutura per la ferita alla testa che mi provocai nella caduta e, soprattutto, il fatto di esser stato scoperto nella visione “proibita”.
D. Quali i punti di contatto e di distanza tra tv e cinema per i minori?
R. Punti di contatto non ce ne sono, a parte l’accidentale visione di un film sul piccolo schermo. Che è, appunto, piccolo, e non può sostituire in alcun modo la decisiva esperienza sensoriale ed estetica di vedere un film nella sua dimensione naturale, cioè la sala cinematografica, il buio, il grande schermo. Non smetterò mai di consigliare a genitori e insegnanti di portare al cinema figli e alunni. (È molto utile a fini di studio vedere un film su dvd o sul computer, ma prima di questo va sperimentato quel misto di emozione e fascino che solo il cinema può dare). Esistono poi moltissime produzioni, anche di qualità notevole, nate esplicitamente per la televisione. Compito degli educatori è quello di conoscerle e selezionarle per la costruzione di un “palinsesto pedagogico” che può arricchire la vita dei bambini e delle bambine.
D. Quali gli ingredienti per un buon film per bambine/i?
R. È necessaria, prima di tutto, una significativa coerenza tra forma e contenuto. A questa vanno aggiunti sottigliezza e puntualità nella scelta di dettagli che rafforzino il significato complessivo, vigore e chiarezza espressiva, serietà e – elemento decisivo – attenzione all’evoluzione/maturazione dei personaggi principali, che devono cambiare nel corso dello svolgimento della narrazione e non rimanere sempre uguali a se stessi. Per fare due esempi recenti, uno positivo e uno negativo: “Il piccolo Nicolas e i suoi genitori”, di Laurent Tirard, ha in sé tutti questi elementi; mentre l’ultimo Harry Potter fin qui uscito (“HP e il principe mezzosangue”) si perde in molte fantasmagorie visive, trascurando del tutto approfondimento psicologico dei personaggi e sviluppo della trama.
D. Cosa invece proprio non dovrebbe essere presente?
R. Due cose, principalmente. Non dovrebbe esserci mai, ma proprio mai, la violenza gratuita. Ciò non significa eliminare i “cattivi” in un racconto (se togliessimo il lupo dalla storia di Cappuccetto Rosso, diventerebbe noiosissima), ma assenza di qualsiasi utilizzo pretestuoso di scene drammatiche o, peggio, sadiche, solo per colpire con effettacci di nessun gusto la sensibilità degli spettatori. Poi non dovrebbero mai esserci bambini o bambine considerati come “adulti in miniatura”, che scimmiottano comportamenti e movenze degli adulti veri.
D. Dovendo stilare una graduatoria, quali sono i libri per l’infanzia che metteresti ai primi tre posti? Quali i film?
R. Per quanto riguarda i libri:
1.“Tom Sawyer” e “Le avventure di Huckleberry Finn” di Mark Twain: le due più belle storie di indipendenza e libertà che ho mai letto.
2.“L’isola misteriosa” di Jules Verne: perché il fatto di incontrare di nuovo il capitano Nemo, già conosciuto in “20.000 leghe sotto i mari”, mi ha fatto scoprire per la prima volta i meccanismi dell’artigianato narrativo.
3.“Vacanze all’isola dei gabbiani” di Astrid Lindgren: meraviglioso racconto estivo con splendidi momenti di riflessione interiore dei personaggi.
Per i film, vorrei indicare tre titoli del cinema di animazione, che è sicuramente la mia passione principale, ma soprattutto perché continuo a considerarlo il più bel modo di avvicinare i bambini al cinema:
1.“Il mio vicino Totoro” (Giappone, 1988) di Hayao Miyazaki: il più bel film per bambine e bambini piccoli mai realizzato.
2.“Galline in fuga” (Gran Bretagna, 2000) di Nick Park e Peter Lord: un grande inno al diritto alla libertà.
3.“L’uomo che piantava gli alberi” (Canada, 1987) di Frédéric Back: splendido racconto (da Jean Giono) sull’amore per la natura e per la pace, realizzato da uno dei più grandi artisti del nostro tempo, che con 28.000 disegni, tutti di sua mano, ha riassunto in poco più di mezz’ora secoli di storia dell’arte, da Albrecht Dürer agli Impressionisti.
Per approfondire:
• Casa delle Arti e del Gioco
• La Cascina, il blog della “Casa delle Arti e del Gioco”
Linda Giannini