Da invasore a custode del Pianeta. Unica via per homo sapiens

Il peggio è passato, coraggio!  O forse, coraggio, il peggio deve ancora venire! All’improvviso, da alcuni mesi soffriamo tutti, direttamente o indirettamente, di ansia per le conseguenze della pandemia di Covid-19 che ha colpito l’intero Pianeta: durante il lockdown le città del mondo si sono trasformate in deserti e ai nostri occhi si sono presentate tutte insieme le contraddizioni di una globalizzazione difficile, di un «mondo troppo», come lo definisce Olga Tokarczuk, premio Nobel per la letteratura, «tutto troppo, troppo veloce, troppo assordante». Forse il paradigma che ha formato la nostra civiltà negli ultimi secoli è entrato definitivamente in crisi e sta per finire.

Il nostro mondo, a parere della scrittrice, è entrato nell’età moderna in un anno di svolta, il 1543, l’anno in cui sono stati pubblicati contemporaneamente due libri, L’atlante del corpo umano di Andrea Vesàlio e Sulla rivoluzione dei corpi celesti di Copernico. Vesalio, il Copernico della medicina, ha imboccato una strada nuova; con il suo trattato ha sfidato l’autorità dei predecessori e rifondato l’anatomia umana. Senza macchine fotografiche, né frigoriferi, ha studiato materiale biologico vero dei cadaveri sezionati e con disegni di altissima qualità ha offerto ai medici un’opera innovativa e senza precedenti. Con il suo trattato si è disvelato per la prima volta il microcosmo dell’anatomia umana. Nello stesso anno, per singolare coincidenza, o meglio con sorprendente sincronicità, è stato scoperto e descritto da Copernico il macrocosmo e con la rivoluzione copernicana – che ha aperto la strada alla rimozione di incrostazioni e superstizioni e archiviato per sempre la teoria geocentrica – è nata l’astronomia moderna.

Di rivoluzione in rivoluzione abbiamo raggiunto livelli di benessere e di salute mai visti e impensabili, viviamo più a lungo e siamo capaci di tenere sotto controllo molte patologie, ma molti segnali da tempo ci mettono in allarme, perché la complessità del mondo che abbiamo costruito ci espone a choc sistemici di varia natura e entità. A causa della nostra espansione e delle nostre scelte predatorie, a essere in pericolo oggi non è soltanto lo stato dell’ecosfera, l’equilibrio del Pianeta, ma la nostra stessa sopravvivenza[1].

La pandemia di Covid-19  ci ha fatto scoprire all’improvviso che la specie umana non è separata dal resto del mondo e che siamo esseri fragili e delicati; ci ha sbattuto in faccia all’improvviso e senza pietà la nostra vulnerabilità. Non sappiamo se dopo l’emergenza tutto sarà come prima o nulla sarà uguale a prima, non solo per i rischi del contagio e della malattia, ma per la perdita del nostro mondo; siamo di fronte alla grande battaglia per una nuova realtà che non siamo ancora in grado di immaginare.

Non c’è tempo per fermarsi a parlare soltanto della pandemia di Covid-19, scordandoci il resto; non possiamo più fare finta che oltre al virus non ci siano altre emergenze, solo all’apparenza invisibili, tante «pandemie a rallentatore»[2] che riguardano l’intero Pianeta, e di fronte alle quali nessuno può considerarsi tanto lontano da non subire qualche conseguenza. Siamo minacciati dall’emergenza climatica con le sue gigantesche implicazioni, dall’erosione della biodiversità, dallo sfruttamento indisciplinato della terra e del mare, dall’inquinamento e dalle specie invasive, tutte problematiche con un periodo di incubazione abbastanza lungo da mascherarne in qualche caso la gravità, ma irreversibili e pronte a colpire con particolare violenza nel medio periodo, soprattutto le persone e le categorie più fragili e disagiate.

È giunta davvero l’ora di cambiare e di guardare le cose da un’altra prospettiva, di dare risposte nuove a problemi vecchi, con  azioni decise e soprattutto attraverso nuove mappe mentali. Homo sapiens non può più girare la testa dall’altra parte, facendo finta di niente, perché le riserve e la resilienza del Pianeta non sono infinite. Non possiamo trattare così male il «nostro mega sacco amniotico, prenderlo a calci e scaricarci dentro le nostre peggiori intenzioni e poi pretendere che non ne risentiamo né noi né i nostri coinquilini»[3]. Non possiamo neppure ignorare che ad aver causato molte delle maggiori sfide che oggi dobbiamo affrontare sia stato proprio il nostro modo arrogante di rapportarci alla natura: «le città italiane si allagano, le foreste australiane bruciano, i ghiacciai argentini si sciolgono, gli oceani si scaldano e i virus saltano da una specie all’altra. Tutto grazie alle nostre azioni»[4].

Resta aperta una finestra temporale ormai breve per aprire gli occhi di fronte ai rischi presenti e futuri a cui sono esposti i Paesi, le popolazioni e il Pianeta, ma forse disponiamo ancora del tempo necessario per decidere come tutto quanto andrà a finire: anche la globalizzazione può ancora essere piegata alle nostre esigenze reali e vitali, senza lasciare che logiche esclusivamente economico-finanziarie frantumino gli equilibri naturali in maniera irreversibile[5]. Occorre, però, un grande sforzo di visione e uno scarto coraggioso, forse più facile ora che ci sentiamo in preda all’angoscia ed esposti alla minaccia del virus invisibile.

Siamo arrivati sull’orlo del precipizio e sta a noi scegliere adesso, prima che sia troppo tardi, visto che entro il 2070 più di tre miliardi di persone potrebbero essere esposte al caldo estremo, con difficoltà di approvvigionamento d’acqua e di cibo, carestie, migrazioni e mille altri sconvolgimenti. Dobbiamo sbrigarci a coltivare il sogno di un sistema più equo, cooperativo e sostenibile, per non precipitare definitivamente nell’incubo di un mondo egoista, disuguale e invivibile. Il nostro benessere dipende da quello del Pianeta e la nostra alleata per dare la direzione a un  cambiamento radicale e responsabile su scala globale e per creare un futuro sostenibile non può che essere la scienza:#beautifulscience[6]

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[1] I. Capua, Salute circolare. Una rivoluzione necessaria, Egea, 2019.

[2] A. Testa, L’emergenza climatica è una pandemia a rallentatore, in Internazionale, 11 maggio 2020.

[3] I. Capua, op. cit.

[4] I. Capua, Il dopo. Il virus che ci ha costretto a cambiare mappa mentale, Mondadori, 2020.

[5] Y. N. Harari, Sapiens. Da animali a dei. Breve storia dell’umanità, Bompiani, 2017 ;Y.N. Harari, 21 lezioni per il XXI secolo, Bompiani, 2019

[6] https://www.donnenellascienza.it/news/beautifulscience

 

Rita Bramante Dirigente scolastico dell’istituto comprensivo Cavalieri di Milano