Liliana Segre nel mirino degli haters
“75.190, sono io quella”! Così Liliana Segre ricorda il macabro rito del lager di tatuare un numero sul braccio dei deportati e di ridurre la loro persona a quel numero; un numero che la senatrice porta con onore, in quanto è il segno tangibile della vergogna di chi lo ha fatto.
Espulsa dalla scuola bambina, a seguito delle leggi razziali, nel 1944 ricevette il “colpo incomprensibile “ della deporatazione : internata nel campo di sterminio di Auschwitz ha visto con i suoi occhi il “MALE ASSOLUTO con tutte le lettere maiuscole” , un male che non può né perdonare, né dimenticare, pur essendo incapace di provare odio.
La bambina espulsa, umiliata, picchiata e derisa è rimasta dentro di lei, l’incubo del lager si è manifestato davanti ai suoi occhi per tutta la vita, con i volti delle vittime e dei carnefici, con il calore della mano del suo papà perduto per sempre nel campo di sterminio, con la sensazione dei piedi piagati dentro gli zoccoli. Malgrado tutto ciò non ha mai provato, né predicato odio.
Nonna Liliana è la nonna di tutti i bambini e i ragazzi degli ultimi trent’anni, da quando ha rotto il silenzio sulla sua drammatica esperienza nel lager per cominciare a raccontare a migliaia di giovani futuri cittadini la sua storia, sempre con parole di pace, senza desiderio di vendetta. Diventata nonna ha sentito dentro di sé di non aver fatto il suo dovere e per questo, instancabile, ha portato e continua a portare nelle scuole la sua testimonianza.
E nominata senatrice a vita, ha proposto la mozione per istituire una commissione straordinaria contro odio, razzismo e antisemitismo, approvata in Senato, con dispiacere e stupore della Segre senza l’unanimità.
Da mesi un esercito di figure coperte dall’anonimato della tastiera rivolge a questa donna simbolo e infaticabile memoria degli orrori della Shoah attacchi e insulti razzisti sui social, circa 200 al giorno sono i messaggi di odio che provano a sporcare la sua immagine. La Segre definisce questo attacco alla sua persona “una bastonata tremenda” e non esita a sporgere denuncia in Procura. Non legge neppure queste minacce e messaggi di odio, e prova pena per gli hater. Teme un inesorabile imbarbarimento della società, un’escalation nella diffusione delle parole di odio; e avverte che non è difficile poi passare dalle parole ai fatti, come la storia già ha in tante occasioni dimostrato. Per questo alza la sua voce contro tutti i discorsi di incitamento all’odio, predicando la fratellanza e l’amore contro l’indifferenza e l’odio, quell’odio razziale che non si è mai spento.
La senatrice ripone molte speranze nella scuola e negli insegnanti, che vivono in prima persona la missione sociale di formare i cittadini di domani: l’indifferenza è la piaga maggiore della società, che allora portò ai lager, ma che ancora oggi regna nel mondo e che porta a “cambiare canale” quando si vede qualcosa che disturba. E la scuola di fronte all’incomprensibile odio mediatico che la colpisce, la riempie di parole di gentilezza, affettuosa gratitudine e ammirazione.
Rita Bramante