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Questa sarebbe la carriera dei docenti? 

Pubblicato il: 14/09/2022 06:20:52 -


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Il DL 36 ( 30 aprile 2022) “ulteriori misure urgenti per l’attuazione del PNRR” ha stabilito norme,  che hanno poi trovato sistemazione definitiva nel testo della legge 79 pubblicato in GU n.150 del 29 giugno 2022. Tempi ristretti, necessità di “stare dentro” le scadenze previste, incombente crisi di governo e avvio della campagna elettorale hanno prodotto l’affollamento di disposizioni poste nel  DL115 del 9 agosto, all’interno del quale è contenuto l’articolo riguardante la figura del docente esperto, presentata come articolazione di carriera  per il personale della scuola. Tra la fine di agosto e il primo settembre scadevano i termini per la presentazione di emendamenti. Sebbene i programmi elettorali dei diversi schieramenti offrano contenuti e proposte per scuola e sistema formativo nel suo insieme, appare utile fare qualche riflessione. Forse bisognerebbe partire da un’osservazione di carattere generale: si può affrontare il problema della/e carriera/e nella scuola senza fare un’analisi specifica di tutto quello che si fa oggi a scuola e soprattutto di quello che si dovrebbe fare? È possibile continuare a immaginare carriere definite sulla base di orari di lezione per singole classi, impegni burocratici da assolvere, ma non definiti né quantificati e neanche riportati a obiettivi formativi auspicabili, così come appare anche, a quanto si legge fino ad oggi, l’obbligo alla formazione continua per tutto il personale ? Restando comunque ai testi normativi disponibili in questo momento e a quanto si legge sui giornali, appare utile porre almeno due domande e fare qualche considerazione. 

  1. E’ possibile ridurre la prospettiva di una carriere per i docenti alla aspettativa messianica dell’avvento dell’Alta Formazione, che, da quanto si legge, dovrebbe  poi articolare  contenuti, metodi  della formazione?
  2. I parlamentari, che hanno chiesto lo stralcio dell’articolo riferito al docente esperto, dove erano quando questo è stato inserito? E dove sono stati tra la fine di agosto e il primo settembre quando il tutto è stato varato? (sparita la dizione ‘docente esperto’ compare nella versione definitiva ‘docente stabilmente incentivato’)

Qualsiasi politico italiano dovrebbe avere almeno un piccolo disagio quando pensa che, forse tra tre/nove anni, ci sarà uno sparutissimo gruppo di apostoli che spargeranno un qualche verbo e prenderanno due euro in più. E tutti gli altri? In questi giorni i giornali registrano l’auspicio di un sindacalista della scuola che, chiedendo giustamente l’impegno disatteso per il rinnovo contrattuale, inventa una nuova forma di contrattazione: il governo, i sindacati e … Letta in funzione di accompagnatore del duo Draghi – Bianchi e di angelo custode della categoria.

Documenti programmatici fondati su dati realistici sullo stato della categoria, sulla ubicazione delle scuole, sulle cause che producono le classi ingestibili, su tempi e modi di assorbire il precariato non si vedono nemmeno ora che siamo in campagna elettorale, mentre si elencano banalità insopportabili e non si dà conto delle tante attività che permettono alla scuola di funzionare e che andrebbero riconosciute, finalizzate al conseguimento di obiettivi complessivi e giustamente retribuite.

Ma se si vogliono avviare ragionamenti su articolazioni di carriera e relativa retribuzione, nessuno pensa di guardare oggi a come è fatto il lavoro nella scuola, per far emergere le tante sfaccettature di un impegno lavorativo, che nei contratti viene ridotto a ore di lezione, anzianità e diritto/dovere alla formazione, come se tutta la scuola dalla primaria alla secondaria fosse un unicum indifferenziato e indifferenziabile. Se si volesse lavorare per prospettare modalità di carriere, molti aspetti importanti potrebbero realisticamente emergere. Non sarebbe inoltre difficile osservare che, già oggi nella scuola esistono   modalità di lavoro in contesti e situazioni che delineano profili professionali specifici perché rispondono, o meglio dovrebbero rispondere a tutto quello che oggi si indica come “diritti alla inclusione”.  Bastino due esempi. Se i CIPIA  fossero realmente lo strumento  per l’ apprendimento continuo per tutti e per tutte per tutta la vita, dovrebbero essere collocati in strutture specificamente dedicate,  riconoscibili, dotati di autonomia effettiva, funzionanti per tutto l’anno, dotati di personale che, entro un contratto generale, vedesse riconosciuto un lavoro che ha modalità di esercizio, di formazione, di articolazioni adeguate a rispondere alle attuali esigenze di  formazione, che nascono in società travolte da trasformazioni  continue . Che dire poi del supporto e sostegno necessario ai tanti diversi bisogni “speciali” di apprendimento di cui bambini e ragazzi sono portatori? Un sostegno posto come appendice, che si adatta nei tempi e nei modi al funzionamento della scuola, così come definito in generale, non è certo lo strumento capace di garantire una inclusione valida; su questo terreno accordi e attivazione di reti con i servizi del territorio dovrebbero poter avere sempre, per tutto l’anno, un riferimento pedagogico formativo attento e continuo; non è questa una articolazione di carriera che già oggi potrebbe avere un suo riconoscimento e qualificazione adeguata? Due esempi che però potrebbero delineare una metodologia di lavoro per chi dovrebbe progettare queste carriere e per chi dovrebbe contrattualizzarle, oggi e non in un futuro sempre più  lontano!

Vittoria Gallina

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