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Riflessioni sull’educazione alla pace. Scrittura collettiva

Pubblicato il: 13/04/2022 07:33:57 -


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Introduzione 

La scelta di dibattere sul tema dell’educazione alla pace all’interno dell’insegnamento di Progettazione, documentazione e valutazione attivo nel Corso di Laurea in Educatore nei Servizi per l’Infanzia (a.a. 2021/22) è stata il frutto di una decisione collettiva, nata dall’esigenza di provare a immaginare quale ruolo l’educazione rivesta e quale contributo possa offrire nel concepire e nell’agire la pace. Per sollecitare la discussione siamo partiti sia da testi scientifici come quelli inerenti all’educazione alla pace scritti da Aldo Visalberghi, sia da altri documenti segnalatici da persone interessate e coinvolte anche al di fuori dell’aula di lezione[1]. La discussione avviata in aula, molto partecipata, ha restituito più punti di vista relativi al tema e ha sollecitato riflessioni che hanno toccato varie dimensioni, come la stessa nuvola di parole raccolte tra gli studenti raffigura. Durante la discussione è rimasta sempre alta la volontà di non scivolare nella retorica e anche le poche volte che si è fatto riferimento a concetti come serenità, speranza e amore tali argomenti sono stati sostenuti da ragioni motivate e forti. Al termine della discussione i macro temi toccati durante il nostro scambio sono risultati tre:

  1. l’isolazionismo
  2. l’universalità
  3. la responsabilità educativa e l’importanza dell’educazione.

 A partire da questi macro temi abbiamo sintetizzato le nostre riflessioni riportate di seguito.

Elisa Truffelli

  1. L’ISOLAZIONISMO CI AFFLIGGE

Ho provato una grande rabbia quando ho sentito del conflitto. Ho avuto rabbia perché siamo eredi di un popolo che si è rialzato dopo la seconda guerra mondiale, inneggiando alla pace e all’unione tra i popoli. E alla fine tutto quello che è stato fatto nel corso del tempo si è allontanato sempre di più da queste idee e da ciò che la storia doveva insegnarci. La pace è un atteggiamento che bisogna coltivare in se stessi. È bello dirlo è bello acclamarlo, ma le situazioni che ci circondano non sono descrivibili come situazioni emblematiche di rispetto e unione. Se guardiamo ai paesi del Sud del mondo oppure al Medio Oriente …. facciamo finta di non vedere queste cose, pensando che siano lontane e non ci riguardino. E penso che anche se siamo figli della storia, la storia non ci ha insegnato nulla. Non siamo stati bravi a coltivare questo atteggiamento. Invece io credo sia possibile farlo, ognuno di noi nel suo piccolo.

Il problema è l’odio verso un popolo che non può fare nulla perché vive sotto una dittatura. Escludere la Russia dalle competizioni sportive internazionali non lo trovo un bene: discrimina di più. Anche durante la pandemia odiavamo i cinesi … è sbagliato. Ci comportiamo odiando oggi i cinesi, domani i russi e così via. Non dovremmo cercare sempre un nemico.

Se pensiamo al nostro paese, ignorare le condizioni difficili di alcune persone, come ad esempio profughi, famiglie in povertà, malati ecc… è una forma di isolazionismo, cioè rintanarsi nel proprio mondo e perseguire gli interessi personali o di un gruppo ristretto di persone, pensando che i problemi esterni non sono importanti perché non interessano direttamente la nostra vita.

Gli ostacoli della pace sembrano essere di due tipi: ostacoli personali e ostacoli globali. Il primo passo verso un cambiamento globale che porti alla pace, inizia dal singolo individuo. Conoscere e lavorare su noi stessi diventa fondamentale per avere una consapevolezza reale di chi siamo, mettendoci così a contatto con la nostra parte umana e preparandoci a costruire rapporti più sani e giusti con gli altri. Altrettanto importante è la conoscenza del mondo circostante e quindi serve la volontà per imparare e arricchirsi culturalmente. Il razzismo, la disuguaglianza, la paura del diverso, sono tutti sentimenti che derivano da una scarsa conoscenza, da una visione limitata del mondo e sono terreno fertile per situazioni conflittuali basate su una percezione distorta della realtà. In questo modo si possono superare anche gli ostacoli globali, che sono fondamentalmente una causa di quelli personali, essendo la società formata da singoli individui in grado di scegliere. La pace diventa dunque quell’azione umana che mira a preservare e sviluppare la vita attraverso la responsabilità e la conoscenza.

2. IL PENSIERO DOVREBBE RIVOLGERSI ALL’UNIVERSALITÀ

Io vorrei riflettere sull’ignoranza. Le persone che non hanno voglia di informarsi rimangono nell’ignoranza. In tema di educazione all’ambiente ad esempio magari mantengono comportamenti per cui sprecano, consumano, creando problemi per altri. È un concetto universale. Educare i bambini ad un’idea di pace vuol dire promuovere una visione collettiva, volta al rispetto universale.

Non dobbiamo considerare i bambini come soggetti che non sanno pensare. Bisognerebbe partire fin dall’inizio per educare la nostra società. E per farlo bisogna dedicare tempo, mettersi lì a spiegare cosa sta accadendo. Dedicare tempo oggi vuole dire piantare un semino che darà qualcosa un domani. Credo che noi dobbiamo coltivare l’idea che non siamo da soli, le mie azioni sono direttamente responsabili e incidono sulla vita degli altri.

Da quando l’uomo possiede e domina la tecnica l’ha potuta usare anche per esprimere la sua violenza. Forse non dobbiamo stupirci. L’uomo è fatto di zone di ombra e di zone di luce. Fare educazione alla pace vuol dire ispirarsi alle zone di luce, consapevoli che le zone di ombra ci saranno sempre.

3. LA RESPONSABILITÀ EDUCATIVA E L’IMPORTANZA DELL’EDUCAZIONE

Secondo me bisogna educare fin da subito i bambini alla pace. Il pregiudizio secondo cui i bambini sono troppo piccoli per capire o secondo cui accettano qualsiasi cosa è sbagliato … Se si inizia fin da subito a lavorare per smantellare pregiudizi e paure si può arrivare all’educazione alla pace e ad una educazione all’amore. Come abbiamo detto spesso l’ambiente è molto importante nel processo educativo. Fin da piccoli i bambini possono imparare anche divisione e conflitto dall’ambiente in cui vivono. Quindi dobbiamo prenderci cura di questo aspetto come figure educative.

Educare alla pace vuol dire anche informare. Ma bisogna sviluppare il senso critico delle persone. Oggi siamo pieni di informazioni, vere o false, metà vere e metà false, il problema è la mancanza di senso critico, è quella che genera ignoranza. Una persona può darmi informazioni e io posso pensare “bene questo è ed è così”. Questo accade quando tu non fai tua con un tuo ragionamento personale l’informazione che ricevi. Nel momento in cui vai ad approfondire e ci rifletti e cerchi altre informazioni che vadano ad arricchire o smentire, lì si crea informazione. Occorre accettare anche che persone diverse possano avere diverse opinioni. È qui che la pace si lega al rispetto. È un cerchio continuo, in cui ogni singola parola è concatenata all’altra. È un fare nostri dei comportamenti delle azioni dei pensieri. Farli nostri vuole dire però lavorarci sopra. La pace agita consiste in tanti atteggiamenti che bisogna praticare perché ci si crede. Pace la si fa ogni giorno nel nostro piccolo e nel nostro quotidiano e bisogna crederci in ciò che si fa e in ciò che si vorrebbe.

Il cambiamento che porta alla pace inizia dal singolo individuo. Approfondire la conoscenza di noi stessi ci permette di essere più lucidi, di avere più empatia nei confronti dell’altro, di costruire valori umani più giusti e solidi. La volontà alla guerra è una perdita di umanità, che danneggia noi e gli altri. Nessuno è immune alla guerra, cambia solo la percezione del male. Imparare a conoscere noi stessi ci permette di avere una reale percezione del male e del bene.

Recentemente una amica mi ha fatto vedere il cartoon che gira in Russia: quello è l’opposto dell’educazione alla pace. Esso è una distorsione della realtà e istiga al conflitto. I due bambini protagonisti del video che rappresentano Ucraina e Russia litigano. L’informazione in questo caso si rivolge ai bambini che sono inermi.

Questo esempio ricade nella propaganda. Tutti i regimi specie in momenti di guerra ne fanno uso. L’educazione è una arma forte anche per avallare un conflitto. Dobbiamo riflettere sulla potenza dell’educazione.

Le decisioni politiche attuali non sono facili. Ci troviamo di fronte a Putin che è davvero pazzo, ed è una cosa risaputa. Le scelte diplomatiche e politiche sono purtroppo difficili da comprendere perché siamo lontani. È difficile. Non sono cose facili da dirigere, da scegliere. Prendere delle decisioni è complesso, gli equilibri sono molto labili e non sai a cosa vai incontro. Dietro ci sono molti meccanismi che non conosciamo.

L’altro giorno alla radio ho sentito una mamma che raccontava di suo figlio. Il bambino che frequenta la primaria tornando da scuola ha riferito di avere appreso dalle maestre che era scoppiata la guerra. Il bimbo ha chiesto terrorizzato se dovesse combattere e se sarebbero morti tutti. I bambini sono molto sensibili e sinceri. Li mettiamo spesso in un angolo, come una cosa a parte e invece ci sono dentro anche loro come tutti noi in ciò che accade nel mondo. Come questi argomenti si possono trattare con i bambini?

Ad esempio mia madre, insegnante alla primaria, anche lei ha avuto purtroppo l’occasione di avere bambini terrorizzati in classe. Lei mi ha detto che hanno spiegato che al momento la situazione riguarda Russia e Ucraina, a noi arriveranno solo forti conseguenze economiche. Lei ha ripreso il discorso sulla banalità del male di Hannah Arendt. Non dobbiamo rimanere indifferenti alla violenza. Innocenti muoiono ogni giorno anche al di fuori del conflitto. Quello che bisogna insegnare è di non essere indifferenti. Non chiudere gli occhi ma lottare per un mondo che può essere migliore. Il tema dell’utopia è importante. Un ottimo strumento per educare è sognare un mondo migliore. Coltivare un’educazione alla speranza è un motore che guida le mie azioni e le azioni educative in generale. Ho portato avanti questa prospettiva nella mia scelta del corso di laurea, vedendo il degrado del mondo ho detto “che cosa posso fare?”. Ho pensato che l’educazione sia veramente importante per questo.

Rispondendo collettivamente alla domanda: “Come si possono educare i bambini in queste situazioni tragiche?” abbiamo convenuto che sia importante dire la verità e farlo evitando sovraesposizioni a immagini o contenuti troppo violenti. Abbiamo pensato sia importante avere un linguaggio appropriato. Un adulto è punto di riferimento, il bambino non ha tutti gli strumenti per rielaborare e filtrare ciò di cui viene a conoscenza. La verità va filtrata e vanno comunicate speranza e positività, proprio perché noi siamo responsabili in quanto adulti nei confronti dei bambini.

Dedicare tempo a questa cosa e non evitarla. Se il bambino ha ansia e ha necessità di affrontare il problema sarebbe bene assicurarsi di avere tempo per farlo. Questa è una buona occasione per educare alla pace e cogliere questo momento sotto molti aspetti negativo, per iniziare a fare qualcosa di concreto per poter sognare un futuro migliore.

BIBLIOGRAFIA

[1] Si ringraziano per le riflessioni e i materiali condivisi Carla Christiany e Matteo Lampis.

Elisa Truffelli Corso di Progettazione, documentazione e valutazione Università di Bologna

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