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Le magnifiche iscrizioni e progressive del liceo biomedico

Pubblicato il: 27/11/2019 17:12:32 -


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Qualche tempo fa ho letto della nascita di un certo liceo scientifico (ma constato oggi
dello stesso liceo classico) con la cosiddetta “curvatura biomedica”. Si parla oggi di
liceo biomedico e sul Corriere della Sera ho appena finito di leggere del successo di
tale iniziativa. Naturalmente per successo non si intende della bontà o meno
dell’esperimento didattico ma del raddoppio delle iscrizioni a tale offerta del mercato scolastico. Un mercato che ha ormai offerte sempre più diversificate e disparate con il fine di promettere un ingresso quanto più facilitato e rapido possibile nel mondo del lavoro; senza dover tacere che i propri figli abbiano frequentato una scuola professionale, ma riservando a ogni indirizzo il distintivo del liceo. Peccato che però si tratti sempre di più di un liceo tutto chiacchiera e distintivo. Le promesse, infatti, delle “curvature professionali del liceo” sono sempre a scapito delle ore di italiano, storia e del latino. Non parliamo per carità del greco e della stessa filosofia per cui sono convinto che la grande eccezionalità italiana che la vede fra le materie liceali vada sempre più incontro all’ordinarietà europea e statunitense della estinzione di questa materia dal curriculum delle scuole superiori. Scuole superiori che hanno sempre di meno il fine di formare cittadini e sempre più quello di assicurare spauriti genitori sulla formazione di esperti tecnici diciottenni (a volte l’ingenuità del furbo contemporaneo è disarmante).

Così oggi si lascia brillare di fronte ai clienti del mercato della scuola l’ennesima
futuristica avventura: quella appunto del liceo biomedico. L’ordine dei medici ne è
entusiasta e chiede anzi a gran voce che il 70% dei posti per l’iscrizione alla facoltà di medicina sia riservato agli studenti provenienti da questo nuovo corso di studi. Ora, il pensiero di chi pensa che la quintessenza della licealità è data dal modo in cui essa è stata pensata, nello studio delle humanae litterae, è un pensiero residuale e non ci illudiamo dunque sulla sua capacità di illuminare la marcia trionfale della
professionalizzazione degli studi liceali. Sennonché proprio sul liceo biomedico è
bene dirlo: se già il fenomeno della tecnicizzazione della figura del medico ha
prodotto fenomeni di allontanamento dalla medicina ufficiale (l’unica possibile), vi è
da pensare che ciò si verificherà sempre di più via via che sempre di meno gli uomini si troveranno di fronte a camici nei quali si possano riconoscere dei cittadini. Un’ anonima pulsione che subirà peraltro la concorrenza dell’esponenziale processo di robotizzazione della medicina.

È questo purtroppo un tempo che vede sempre di più la disfida fra l’oscurantismo
antiscientifico dei no vax e l’oscurantismo 4.0 dei no nous.

Colui che il liceo lo ha fondato, Aristotele, qualificava l’uomo come un animale politico e al tempo stesso come un animale razionale. Meglio: un animale politico in
quanto razionale e un animale razionale in quanto animale politico. I due termini,
Aristotele, li pensava come insidenti l’uno nell’altro. Ed è questo rapporto che invece
oggi si è spezzato, quello fra la dimensione sociale e razionale dell’uomo. A scapito e
della socialità e della razionalità. Non si vede, o non si vuole lasciare vedere, che non è possibile formare veri uomini della scienza senza formare veri uomini del pensiero.
Li dove il pensiero si nutre e sopravvive si di tecnica ma prima ancora di riflessione.

La flessione su se stessi, la flessione dell’uomo sull’uomo, la riflessione, non ha più
senso oggi per chi vende e compra. E per chi vende e compra oggi al mercato della
scuola: una scuola sempre più in ritirata dal suo compito critico e sempre più
genuflessa (altro che riflessione!) alle leggi del mercato. Scriveva Ippocrate che
"simile a un dio è il medico che si fa filosofo". Sennonché ogni dio qui è morto, fagocitato dal superuomo, che rende anche Nietzsche molto datato: non si deve più temere del super-umano ma del post-umano. Il tempo in cui l’intelligenza artificiale ancora non ha raggiunto l’autocoscienza ma sicuramente il tempo in cui intanto l’intelligenza naturale sempre di più a quell’ autocoscienza sta abdicando.

Giuseppe Cappello

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