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Il nemico di classe

Pubblicato il: 30/05/2018 20:14:37 -


Un docente tra luci e ombre.
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Desidero segnalare un bel film sloveno Il nemico di classe di Rock Bicek passato recentemente  su Rai5 e visibile su RAIplay per qualche settimana.

In una classe finale di un liceo arriva un docente supplente di tedesco che turba molti equilibri di una scuola accogliente, relativamente serena, tendenzialmente ‘materna’, gestita al femminile. Egli si propone come un docente duro ed esigente la cui reale sensibilità è nascosta dalle scadenze didattiche che impongono di  recuperare qualche lacuna lasciata dalla docente titolare fin troppo comprensiva e tenera.

Il nuovo docente diventa una presenza inquietante anche per la scuola, per i suoi colleghi, per la stessa Preside che vedono nella sua ostentata rigidità una minaccia alla tranquilla gestione del quotidiano.

L’abilità del regista sta nel determinare una tensione che gradualmente cresce e costringe lo spettatore a prender parte, a giudicare ogni singola scena, a parteggiare e a rendersi conto che basta poco perché, come in ogni situazione complessa, ciò che ci sembrava giusto poco dopo ci sembra inappropriato o inaccettabile.

Il culmine della tensione avviene nel momento in cui il docente, che sempre più è giudicato come un inflessibile nazista, è richiamato dalla musica che Sabina solitariamente suona al piano in un’aula ormai deserta. I due parlano, parlano di scuola e il docente continua a presentare la sua visione esigente e dura a una ragazza che evidentemente nasconde sotto la sua mediocrità scolastica problemi e incertezze più gravi.  Il suicidio di Sabina, per tutti inspiegabile, sconvolge la situazione per cui il professore passa dall’essere il nemico della classe ad emblema politico del nemico di classe per un gruppo di giovani che a quel punto si mette contro tutto e tutti anche contro quella scuola che fino ad allora  lo aveva protetto e forse coccolato. Fino all’ultimo lo spettatore oscilla nel tifo per una parte o per l’altra in cui tutti sono vittime e carnefici in cui le certezze sono scalfite e demolite dalla sofferenza dei singoli, genitori, docenti, ragazzi.

Il film ha il pregio di entrare nel profondo delle dinamiche vitali  di una scuola rispettandola per quella che è, uno spazio chiuso e stretto in cui personalità diverse, che stanno crescendo e stanno scoprendosi, sono costrette a confrontarsi come delle persone e non come individui tra loro indifferenti. Il film scava nei problemi personali e interpersonali che  una comunità scolastica racchiude, spesso protegge, a volte  amplifica.

Un film molto diverso da quelli a cui la cinematografia di cassetta italiana ci ha abituato a vedere, in cui il luogo comune antiscolastico e il pregiudizio ideologico quasi sempre prevalgono.

Ciò che mi ha più colpito è che i ragazzi, i docenti, la Preside, le famiglie corrispondevano esattamente alla mia esperienza di ex dirigente scolastico e di ex docente: potrei dire semplicisticamente tutto il mondo è paese ma la cosa che in questo momento di sovranismi montanti si sta dimenticando è che i protagonisti del film sono transnazionali, quanto meno sono europei. Tic, idee, modi di fare, esigenze, sogni, sentimenti rappresentati nel film sloveno sono esattamente gli stessi che possiamo osservare tra i nostri studenti.

Il film è consigliato ai docenti sulla breccia, ai dirigenti che si trovano in mezzo a tante tensioni contrastanti perché un punto di vista a noi estraneo, non troppo contestualizzato sui nostri problemucci strutturali, potrebbe ridare a ciascuno di noi la voglia di capire meglio e di guardare alle prospettive positive del futuro o alle loro asprezze comuni a tutte le società avanzate e ricche.

Scorrendo alcune critiche in particolare quella della Stampa (Alessandra Levantesi Kezich, La Stampa, 9 ottobre 2014) forse scopro la ragione dello spessore e della universalità della vicenda narrata dal film: il soggetto si ispira a un dramma scritto nel 1978, ambientato in una periferia deprivata inglese, ripreso in uno spettacolo teatrale del 2007 ambientato in Bosnia. Questo ci dice molto sulla questione che a mio parere angustia tutti coloro che in questi anni si sono cimentati nel riformismo scolastico italiano. Il sistema scolastico apparentemente inerte e irriformabile, che risponde spesso con il rifiuto e l’apatia, richiede un approccio rispettoso di una vita complessa, sofferente e gioiosa, piena di paure e di speranze, generosa e individualista, contraddittoria e sensibile come sono tutti gli organismi complessi, vivi e giovani.

Ormai non possiamo più ragionare sulla scuola italiana in astratto sulle sue strutture e le sue risorse senza tener conto della storia, dei tempi lunghi di qualsiasi processo vitale, della cultura condivisa a livello globale, della singolarità di comunità ristrette che rispecchiano però la totalità di regioni vaste e universali come l’Europa, l’Occidente o .. il globo.

Raimondo Bolletta

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