Il Global Teacher Prize. Riflessioni sull’eccellenza
Alcune considerazioni, d’obbligo, alla luce del successo del Global Teacher Prize e del recente annuncio del Ministro Giannini di voler istituire il Premio nazionale degli insegnanti.
Anche quest’anno, per la seconda volta, è stato assegnato il Global Teacher Prize. Inutile negare un primo moto di perplessità verso l’iniziativa. Da cosa nasce? Anzitutto da una certa diffidenza verso le gare e i premi in genere, aumentata, in questo caso, dall’enfasi con cui i media parlano di “premio Nobel dell’educazione” e “miglior insegnante del mondo”. Ma forse anche dalla natura del promotore, la Varkey Foundation, braccio filantropico della Global Education Management System, una delle varie attività del Varkey Group indiano. La GEMS gestisce un sistema di scuole in diversi paesi. Il tutto con sede a Dubai, dove avvengono anche le premiazioni.
Quest’anno è stata premiata Hanan al-Hroub, una donna palestinese che, in un campo profughi, si è inventata insegnante partendo dal bisogno di sottrarre i propri figli, e poi altri ragazzi, alla paura, allo sconforto, alla incapacità di apprendere e di rapportarsi al prossimo. Lo ha fatto in modo originale centrando il suo metodo sul gioco. Una scelta su cui non si può che concordare.
Anche per questo è bene andare a fondo nella notizia, perché c’è spazio per molte riflessioni. Cominciamo con il dare qualche informazione.
Chi sceglie il vincitore: la Global Teacher Prize Academy, composta da presidi, esperti di educazione, commentatori, giornalisti, responsabili pubblici, imprenditori, dirigenti di imprese, scienziati da tutto il mondo.
Chi può partecipare al bando: insegnanti in servizio attivo in ogni ordine di scuola e di ogni paese. Non sono ammesse autocandidature. Quest’anno sono stati candidati 8000 insegnanti.
Il premio consiste in un milione di dollari che viene dato a rate per dieci anni alla scuola di appartenenza e a patto che il docente vi rimanga per almeno altri 5 anni.
I criteri di giudizio pubblicati nel bando
– Riconoscimento dei risultati da parte di allievi, colleghi, presidi, membri di una comunità più vasta (es. premi, riconoscimenti pubblici, pubblicazioni, posizioni in organizzazioni).
– Incoraggiamento di altri a intraprendere la professione docente. Contributo a dibattiti pubblici sulla professione docente con articoli, blog, interventi nei media, partecipazione a campagne, eventi o conferenze (es. guida ad altri docenti, docenze per la formazione dei docenti).
– Impiego di pratiche educative innovative ed efficaci (es. uso innovativo di tecnologie o tecniche didattiche non usuali).
– Raggiungimento di risultati dimostrabili di apprendimento in classe (es. miglioramento dei voti, della partecipazione e del comportamento, del successo dopo gli studi).
– Successi nella comunità oltre la classe che forniscono modelli di eccellenza unici e rilevanti per la professione (es. riconoscimenti dai media, premi, seminari; partecipazione a organizzazioni locali).
– Assicurazione che i ragazzi ricevano un’educazione basata sui valori che li prepara ad essere cittadini globali in un mondo in cui incontreranno persone di molte e diverse religioni, culture, e nazionalità (es. Collegamento con scuole in altre parti del mondo, promozione di scambi di studenti).
Ci sono due modi di ragionare su questi criteri. Il primo modo è una riflessione “a priori”: quale modello di professionalità docente viene proposta? Il docente eccellente è uno che ha anzitutto i piedi ben piantati nella sua classe e nella scuola (non sono ammessi docenti che hanno smesso di insegnare). Ottiene con gli studenti risultati riconosciuti. È un innovatore, ma non uno scienziato dell’educazione, piuttosto un inventore originale di metodi e di mezzi, messi al servizio di un obiettivo forte. Non è però un isolato, ma una persona impegnata e influente nella sua scuola, nella comunità, non solo locale, e nelle organizzazioni. Infine ha come valore fondamentale quello della cittadinanza globale. Comunque non è semplicemente uno che sostiene tesi e scrive pamphlet.
È difficile dissentire da tutto questo, ma si deve costatare che la figura che ne emerge è, come altre in altri campi (ad esempio il grande medico impegnato in pratiche di punta, magari in situazioni-limite, e promotore di campagne sociali) quella di esempio-guida, suscitatore di orgoglio professionale e, sostanzialmente, un solista.
Il secondo modo per ragionare sui criteri del premio è quello delle verifiche empiriche. Anzitutto, quei criteri hanno portato a scelte condivisibili? La scelta di quest’anno, come si è già detto, è ineccepibile e ha avuto consensi universali. Lo fu anche quella del primo anno, nel 2015, la docente americana, Nancie Atwell, che dichiarò “facciamo innovazione senza permesso”. Nancie ha fondato, nel Maine, un centro per l’insegnamento e l’apprendimento dove adotta un metodo centrato sulla lettura, la scrittura e i libri: “I miei ragazzi ne leggono almeno 40 ogni anno. Li scelgono loro da una libreria che aggiorniamo continuamente con più di diecimila titoli. Sono loro a dirmi cosa vogliono leggere, di cosa vogliono scrivere e imparano a farlo”.
Potremmo fare anche un’altra verifica mediante un esperimento mentale. I grandi educatori della nostra storia sarebbero stati premiati con questi criteri? In effetti i conti tornano se pensiamo a Montessori o don Milani, oppure a Bruno Ciari, Mario Lodi e Alberto Manzi. Ma viene soprattutto in mente Emma Castelnuovo.
Quindi l’esaltazione dell’eccellenza individuale ha una sua coerenza interna ideologica e pratica. Però crea un problema generale. Nella scuola, come in ogni altra organizzazione ad alta professionalità, da sempre esistono due contrapposizioni: la prima è fra la forza dell’iniziativa individuale e la necessità di un lavoro collegiale; la seconda è fra la rottura degli schemi per creare e innovare e la creazione di standard di riferimento riconosciuti e accettati. La soluzione ovvia è la dialettica e la mediazione. Ma i premi come il Global Prize finiscono per cancellare, in entrambi i casi, il secondo termine.
Un altro problema è il senso e l’uso politico dei premi. E questo ci rimanda alla notizia che il MIUR ha annunciato il lancio di un premio italiano simile a quello globale. Sarà interessante vedere con quale organizzazione, quali criteri di giudizio e quale giuria e, soprattutto, quali motivazioni sarà realizzato.
Per approfondire:
L’annuncio del Ministro Giannini
Mario Fierli