Quando la magia accompagna la ragione
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Elena ci ha inviato il suo racconto per “La grande fabbrica delle short stories”, l’iniziativa di Education 2.0 per i ragazzi e le ragazze della secondaria di primo grado che si vogliono cimentare con la scrittura di storie brevi. Inviate le vostre a community@educationduepuntozero.it
Erano già le sette e mezza ed Elisabeth era ancora rannicchiata sotto le coperte arancioni. Purtroppo non era domenica ma lunedì. Ricominciava la settimana e con essa la scuola. Da un letto poco distante dal suo le arrivò una cuscinata dritta in faccia che la scombussolò peggio di un secchio d’acqua fresca. “Sveglia dormigliona. Non vorrai mica far arrabbiare la madre badessa vero?”. A parlare era stata una delle sue dieci compagne di stanza che vivevano insieme a lei in un piccolo collegio posto su una collinetta perennemente colorata da miriadi di fiori. “Per favore Juliette altri due minuti. Trattieni un po’ la suora” mormorò Elisabeth dal letto di legno chiaro. “Solo due minuti” concesse la ragazza dai capelli rossi. Elisabeth contò fino a dieci e dopodiché, come se in quei secondi avesse raccolto tutte le forze, fece un balzo dal letto svegliando anche le ragazze ancora più assonate di lei. Fece un sorrisetto per farsi perdonare e iniziò a pensare la scusa con cui si sarebbe giustificata di tutto quel rumore con suora Gin. La suora cicciottella e dagli occhi scuri bonari entrò nella stanza seguita da Juliette che lanciava occhiate di avvertimento. “Scusi suora Gin, le chiedo perdono ma ho sbattuto contro il letto. Mi perdoni” sussurrò Elisabeth con l’aria da brava ragazza. La suora naturalmente sapeva che era una bugia ma faceva finta di crederci per poi proteggerla dalla madre badessa che era severissima. “Certo che ti perdono. Il perdono è quello che insegna la Chiesa, è quello che tutti noi dovremmo fare ma come è giusto che sia ogni azione sbagliata porta ad una punizione e quindi oggi pomeriggio tutte le ragazze saranno esonerate dal lavare, asciugare e rimettere a posto i piatti perché lo farai tu” tutto ciò la suora lo aveva detto dolcemente facendosi scappare anche un occhiolino.
Elisabeth sapeva che la suora l’avrebbe aiutata e che se no le amiche le avrebbero ricambiato il favore che tante volte lei aveva concesso. Si levò la camicia da notte bianca, identica a quelle delle sue compagne, che arrivava fino a sotto le ginocchia. Infilò la divisa azzurrina della scuola e prima di uscire per prendere l’autobus si guardò un momento allo specchio. I suoi boccoli biondi erano a posto ed i suoi enormi occhi verdi scintillavano come sempre.
Quando raggiunse le altre Juliette la trascinò vicino a lei in fondo all’autobus. Era arrivato il momento di parlare di un argomento che avevano lasciato parecchie volte in sospeso. Juliette la guardò intensamente con i suoi occhi castani prima di chiederle “Allora che succede Beth?”. La ragazza l’aveva chiamata col suo soprannome per farle intendere che questa volta non avrebbe accettato un “Ne parliamo un’altra volta” come risposta. Juliette si riferiva alle ultime due settimane che erano passate.
Elisabeth era una studentessa modello, faceva sempre i compiti, studiava e prendeva voti alti ma da un po’ stava iniziando a peggiorare e Juliette si chiedeva quale fosse il motivo della sua distrazione. “Veramente… è una cosa complessa da spiegare e se te la dicessi tu mi prenderesti per pazza Julie” rispose dopo qualche minuto abbondante Elisabeth. “Prova almeno a spiegarmi. Lo sai che puoi fidarti di me” la incoraggiò Julie. “Le lettere ed i numeri mi perseguitano” confessò Beth. Julie si limitò ad una faccia sorpresa e con lo sguardo la incoraggio di andare avanti. “Prima quando risolvevo le espressioni o scrivevo un tema numeri e lettere si mettevano al posto giusto da soli e sapevo cosa fare ancora prima di capirlo. Ora invece… mi sento persa. Vagano per conto loro e addirittura si mischiano insieme. Non so cosa fare”. Dal viso di Beth scesa una lacrima. “Oh Beth. Si sa che i geni sono folli e avete delle specie di visioni per ispirazione ma non ti preoccupare ritorneranno. Dai sorridi” la consolò Juliette. In realtà Julie non aveva capito per niente il problema. Beth parlava sul serio le sue non erano visioni ma realtà, cose vere, concrete. Si lasciò consolare e abbracciò Julie. Per il momento era meglio tacere. Forse un giorno sarebbe riuscita a farle comprendere che diceva la realtà. Ma mai avrebbe pensato che fosse stato quello stesso giorno. Arrivata a scuola si trascinò con passo pesante verso l’aula sperando che quella mattina gli sguardi dei professori non fossero troppo delusi come gli altri giorni. Ad aspettarla in classe c’era il professore di matematica che aveva già trascritto un bel problema complicato alla lavagna appesa al muro azzurrino. Come Elisabeth si aspettava i numeri cominciarono a ruotarle chiedendole aiuto. Il numero più insistente era proprio il sette colorato di rosso. Juliette vedendola incantata di fronte la lavagna la trascinò in ultima fila con lei dove le schioccò un bacio sulla guancia e le sussurrò “Passerà”. Come se non bastasse per quel giorno la professoressa di italiano assegnò un tema alla classe e neanche le lettere si risparmiarono di torturarla chiedendole aiuto. Fra le lettere la più insistente era la E di colore rosa. Al collegio tornò distrutta sempre sotto lo sguardo vigile di Juliette. Nella sala da pranzo mangiò poco e sotto lo sguardo di tutte le sue dieci compagne che naturalmente sapevano già tutto di quello che si erano dette lei e Julie. Dopotutto loro erano la sua famiglia avrebbe dovuto immaginare che lo avrebbero saputo. Erano tutte dello stesso anno e tutte erano… orfane. Tutte erano le sue sorelle e suora Gin la loro mamma comprensiva. A fine pranzo tutte le ragazze la guardarono riflettendo sempre la stessa domanda nei suoi occhi “Vuoi una mano?”. Beth però voleva restare sola già era stata fortunata a non ricevere domande durante il pranzo e non voleva rischiare durante i lavori domestici. “No grazie, non vi preoccupate faccio da sola oggi” rispose Beth a tutte ad alta voce. Pochi minuti dopo arrivò suor Gin che la aiutò a togliere la lunga tovaglia verde ed a piegarla. Poi si sedette sulla sedia di legno scuro intagliata. “Cara io so tutto” bastarono solo quattro parole a smuovere Beth. Sapeva che la suora non si riferiva solo ai suoi problemi scolastici. Si girò verso di lei facendo scintillare gli occhi di lacrime. “Mamma, Papà” pensò mentre le si stringeva il cuore. La suora la strinse a sé e la fece sedere sulle sue gambe ed iniziò a raccontare: “Tu non sei come le altre ragazze. Sei speciale! I tuoi genitori non sono come gli altri. Loro sono due sovrani di… un mondo parallelo. La cosa più difficile da dire però è che sono… un numero ed una lettera. Lo so cara è complesso da capire. Sono umani ma incarnano una lettera oppure un numero. Più precisamente il numero 7 e la lettera E. Nel mondo dei tuoi genitori tutti incarnano numeri e lettere ma questo però non vuol dire che esiste una sola B o un solo 2… anzi esistono tante incarnazioni delle stesse lettere e numeri per formare le parole e i calcoli. Quando tu sei nata però hanno notato che eri diversa. Tu incarni tutto. Sei l’infinito. Quindi per tenerti lontano dall’Ignoranza, un uomo spregevole che contagia tutti, hanno preferito salvarti mandandoti qui sulla Terra dove l’Ignoranza non era ancora riuscita a corrodere tutti”. Dopo il racconto la suora fece un lungo respiro e la guardò aspettando una sua reazione. Lei però rimaneva immobile fissando il vuoto. Ora nella sua mente tutto prendeva il giusto ordine ma una domanda ancora vagava.
“Perché me l’hai detto? Non sarebbe stato meglio per la mia sicurezza tenermi tutto segreto? C’è qualche problema nel mondo dei miei genitori vero?” Elisabeth infine formulò la domanda da cui tanto voleva una risposta. “Si. Ignoranza sta distruggendo tutti i mondi abitati e meno le persone ragionano e agiscono più il mondo dei tuoi genitori va in frantumi e solo tu puoi salvarlo. Devi portare la ragione e la logica in tutti i mondi e salvarli. Ricordati ciò che ti ho sempre insegnato: le parole valgono tantissimo e solo con queste ci salverai tutti” rispose bonaria suor Gin. “Vorrei tanto sapere perché dovrei aiutare delle persone che mi hanno abbandonato!” urlò Beth piangendo “Perché ci hanno insegnato il perdono!”. A parlare però non era stata la dolce suora, che era rimasta stupita quando dalla porta della cucina si videro le dieci “sorelle” di Beth che avevano origliato per tutto il tempo dalla serratura arrugginita. “Mi pare, però, che ci hanno insegnato anche che non si spia la gente!” controbatté Beth. “Dai Beth non ti rendi conto di quanto sei fortunata. Sai che i tuoi genitori ti amano e per salvarti hanno rinunciato a ogni tuo sorriso. Noi non li vedremo mai i nostri genitori ma tu puoi, cogli al volo l’occasione” la intenerì Annabelle che era sempre stata una ragazzina introversa e per l’occasione aveva cacciato via la sua timidezza. “Parti, cara, vai dai tuoi genitori” la incoraggiò la suora. “Porta anche noi per favore” sussurrò Margaret. “Per favore” disse Juliette. La suora gli mise in mano un medaglione d’oro con delle pietre preziose dentro. Tutte le amiche si strinsero le mani formando un cerchio. Elisabeth chiuse gli occhi facendo sfiorare le lunghe ciglia contro le guance. “Mamma, papà sto arrivando”. Tutte quante sentirono improvvisamente prima un forte freddo e poi un forte calore. Videro oceani, montagne, deserti, iceberg… Poco dopo si ritrovarono in un luogo meraviglioso dove tutto luccicava e splendeva. Dove ogni colore creava un’armonia con l’altro. Sembrava… il Paradiso. Due figure avvolte da mantelli avanzavano verso di loro. Quando i cappucci scoprirono le loro facce apparvero due volti eternamente giovani dagli occhi verdi e i capelli biondi. Tutte le ragazze li avvolsero in un abbraccio. La donna e l’uomo si guardarono negli occhi prendendo una decisione. “Benvenuta figlia mia. Benvenute anche voi, figlie” con una sola parola la regina aveva già adottato tutte le ragazze. Tutte si guardarono felici. Finalmente avevano trovato il loro posto nel mondo. Tante sorelle diverse unite dall’amore. “Siete qui perché dovete sconfiggere Ignoranza. Girerete per i mondi con lunghi mantelli neri così quando la gente vi vedrà capirà che siete le prescelte. Tu, Elisabeth, però figlia mia avrai un mantello bianco perché tutto il potere delle tue amiche parte da te e perché sarai l’imperatrice di tutti questi mondi” annunciò l’uomo. Le fanciulle onorate si inchinarono. La sera ci fu un grande ballo e dopo di esse ogni ragazza si infilò il proprio mantello. “Ritorneremo mai sulla Terra?” chiese Juliette a Beth. “Fin quando l’Ignoranza non sarà sconfitta il tempo per noi si fermerà poi ritorneremo sulla Terra oppure nel mondo su cui vorremo vivere e il tempo ricomincerà a scorrere” disse Beth parlando già con l’aria di una persona estremamente saggia. Con la luna alta nel cielo e i canti dei balli che a mano a mano svanivano dieci ragazze sparirono oltre l’orizzonte. Ancora oggi svolgono la loro missione il tempo per loro è ancora fermo. Dicono che prima o poi arriveranno anche qua o che ci sono già venute ma se noi continueremo a studiare e ad imparare la loro missione si farà più semplice e salveremo noi stessi dall’Ignoranza che dicono stia diventando sempre di più un uomo piccolo e solo perché la nostra intelligenza sconfigge ogni male e realizza ogni sogno. Quindi studiate per conoscere e conoscete per avere intelletto e finalmente Ignoranza sparirà e salverete il vostro mondo.
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Rif. progetti Soave Kids: http://blog.edidablog.it/blogs//index.php?blog=87 e Pinocchio 2.0: http://blog.edidablog.it/blogs//index.php?blog=275, http://www.facebook.com/group.php?gid=139204519436108
Elena Priore