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Promuovere la responsabilità

Pubblicato il: 19/06/2013 10:50:09 -


Sviluppare azioni che promuovano la responsabilità dei ragazzi: su questa linea pedagogica le riflessioni, il confronto e poi l’introduzione di nuove pratiche didattiche da parte dei docenti in una scuola secondaria di primo grado in provincia di Pisa. L’esperienza è stata presentata al III Convegno di Education 2.0.
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IL PROBLEMA DI PARTENZA

All’interno del progetto culturale delle scuole dell’Istituto Comprensivo G. Mariti di Fauglia (Pi) una delle architravi portanti del percorso pedagogico e didattico è lo sviluppo di azioni che promuovano la responsabilità dei ragazzi sia nella costruzione dei loro apprendimenti sia nella condivisione di regole di comportamento.
Questa scelta di lavorare sulla responsabilità e in parallelo sull’autonomia dei ragazzi coinvolge tutte le classi di ogni ordine di scuola.

In questo breve testo mi soffermerò in particolare sulle attività della scuola secondaria di primo grado per due motivi: il primo perché questo grado di scuola ha avuto tradizionalmente nel tempo più difficoltà a mettersi in discussione e soprattutto a riconoscere nella partecipazione attiva dei ragazzi alla costruzione dei loro itinerari di apprendimento un punto nodale per avere risposte in termini di assunzione di responsabilità e di coinvolgimento motivato; il secondo motivo é che avendo tutte le scuole primarie dell’istituto adottato da dodici anni il modello di scuola “senza zaino” arrivano alla scuola secondaria bambini che hanno fatto e interiorizzato metodiche di lavoro sulla partecipazione attiva che stimolano processi di riflessione, ripensamento, discussione e introduzione di nuove pratiche didattiche da parte dei docenti della secondaria.

L’ESPERIENZA

Non esiste un punto di partenza dell’esperienza perché non è un percorso/unità didattica che ha un inizio e una fine; è un lavoro in progress che coinvolge in primo luogo gli adulti attenti a sviluppare, stimolare, motivare la partecipazione dei ragazzi con conseguente assunzione esplicita e implicita di responsabilità.

Ma se vogliamo segnare un punto di partenza possiamo ritrovarlo nella riflessione che i docenti delle tre scuole secondarie che fanno parte dell’istituto hanno fatto insieme per due giorni consecutivi in un meeting fuori contesto scolastico – organizzato però dall’istituto – nel quale hanno analizzato il termine/concetto di apprendimento intorno a quattro dimensioni: identità (apprendimento come divenire), comunità (apprendimento come appartenenza), pratica (apprendimento come azione) e significato (apprendimento come esperienza).
Dal lavoro dei “professionisti riflessivi” sono uscite indicazioni di lavoro e pratiche didattiche che possiamo riassumere in due aspetti centrali: l’organizzazione di ambienti per l’apprendimento e la costruzione del quaderno personalizzato per ogni ragazzino che abbiamo chiamato “quaderno del mio viaggio scolastico in classe”.

Primo aspetto.
Organizzare ambienti per l’apprendimento significa ripensare lo spazio e gli oggetti che stanno in quello spazio (sia la classe e la scuola) in funzione di un ragazzo attivo e partecipe della comunità di intenti e di pratiche. Ridisegnare lo spazio aula con i ragazzi e i docenti dove i raggruppamenti dei banchi vengono decisi insieme a seconda dell’attività, dove la cattedra non é più centrale (con tutto il bagaglio di metafore che si porta dietro), dove gli oggetti utili all’apprendimento, anche quelli tecnologici, sono strumenti a servizio dei percorsi di apprendimento, dove la cura dello spazio e delle persone che ci stanno dentro non è un optional ma la prassi quotidiana e diventa fra le tante altre cose anche “la ricerca del bello”, sviluppa senso di appartenenza alla comunità, esperienze di apprendimento come azioni partecipate e quindi assunzione di responsabilità individuali e collettive sia nei docenti sia nei ragazzi.
La gestione del registro di classe da parte dei ragazzi, l’autovalutazione dei comportamenti secondo una griglia di indicatori condivisa, l’organizzazione delle assemblee periodiche di classe e la gestione del consiglio dei ragazzi in ogni plesso sono alcune azioni che mettono al centro in forma partecipativa i ragazzini e le ragazzine rendendoli motivati, attenti, critici, collaborativi, co-operativi.
Nel tempo tutto ciò ha annullato le assenze “strategiche”, gli abbandoni e, per fortuna, in questi ultimi anni le ripetenze.

Secondo aspetto.
Il quaderno personalizzato ha un duplice obiettivo: il primo è far ragionare ed evidenziare da parte dei docenti i bisogni particolari di ogni ragazzo a cui si risponde il più possibile con interventi educativi e proposte culturali individuali resi possibili anche con l’assegnazione/scelta di un docente tutor per ogni ragazzo; il secondo obiettivo è rendere consapevole e decisore del proprio percorso di apprendimento ogni studente. Nel quaderno ci stanno gli impegni, le autovalutazioni e le valutazioni dei docenti rispetto alle varie discipline, i vari percorsi di recupero e le attività di ampliamento dell’offerta formativa, le attività scelte nei laboratori opzionali. Il quaderno sta con il ragazzo nel senso che ne é il curatore sapendo che può appoggiarsi anche al docente tutor che proprio perché ha un ruolo di accompagnamento viene accettato anche quando ha il ruolo di supervisore.

RIFLESSIONI

Tutto quanto sopra ha cambiato in meglio il clima educativo e l’organizzazione di ogni scuola rendendo migliori i risultati dei ragazzi sia in termini di apprendimento sia di comportamento, convalidando le teorie pedagogiche secondo cui motivazione, empatia e rendimento scolastico stanno fortemente in relazione.

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Immagine in testata di Photl (licenza free to share)

Daniela Pampaloni

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