Scoprire le somiglianze

Anche se tutti siamo convinti del fatto che la dimensione emotiva sia un fattore cruciale per l’apprendimento, nessuno di noi pensa di sostenere che si può prescindere dalla ragione e dagli strumenti per pensare. Non a caso, quotidianamente nel nostro pensare e agire ci sono ragionamenti, considerazioni che poi vengono costantemente condivisi, in certi casi contrapposti a quelli altrui, e nulla ci distoglie dal credere che l’argomentazione è alla base del nostro relazionarci con gli altri, senza cui non riusciremmo ad avere né rapporti né regole sociali.

Credo sia condivisibile che gran parte delle conoscenze e valutazioni si fondino su modi di organizzare e interpretare dati e informazioni e su cui schemi inferenziali, ovvero forme di ragionamento, operano secondo diversi metodi, tra cui quelli classici deduttivi, induttivi e abduttivi. Così, se vogliamo dimostrare una tesi mediante il metodo deduttivo, cercheremo di costruire un argomento valido (un argomento valido è un ragionamento la cui conclusione non può che essere vera nell’ipotesi che anche le premesse lo siano). Il nostro modo di pensare cerca in questo caso di appoggiarsi su fatti e certezze per ricavarne conclusioni altrettanto certe ed inconfutabili. Così spesso non è, soprattutto nella vita quotidiana. È più facile affidarsi a metodi come l’induzione e l’abduzione che invece ci permettono di esplorare il mondo facendo congetture ed argomentazioni la cui conclusione segue dalle premesse solo con un ragionevole grado di probabilità.

Insomma, ci sono i casi in cui siamo su un terreno solido, altri in cui non abbiamo certezze e invece congetturiamo con maggiore o minore probabilità di sostenere qualcosa di verosimile.

Ma sono solo questi i modi per indagare il mondo, per esplorare la vita e trovare o costruire chiavi interpretative del mondo? Alle classiche forme di ragionamento deduttivo, induttivo e abduttivo possiamo affiancare certamente altre strutture del pensare come quelle dell’analisi, dell’analogia e dell’astrazione, forme che per alcuni versi derivano da quelle sopradescritte (es. certe analogie sono forme di ragionamento induttivo). Mentre le precedenti le possiamo osservare soprattutto sul piano dialettico, quindi della verbalità, orale o scritta, queste altre hanno infinti riscontri anche sul piano della vita, dei mass media, della comunicazione visiva e percettiva. In particolare ci basta rivolgere lo sguardo intorno a noi per scoprire che il nostro naturale guardare, o il semplice (si fa per dire) osservare è fatto da una serie di “operazioni” piene di significati basate su analisi, selezione, segmentazione e analogie su cui si stratificano pensieri, concetti oltre che ovviamente emozioni.

Allora viene istintivo dedurre che l’analogia è una forma potentissima di inferenza cognitiva non necessariamente di natura argomentativa, ma che utilizza processi apparentemente di minor valore rispetto a quelli di verbalizzazione, che hanno invece efficacia e valenza per certi aspetti anche più profondi. I processi di emulazione, come quelli di creatività, passano spesso per meccanismi di inferenza basati sull’analogia. Leggere nel viso di un bambino la somiglianza con i due genitori, vedere le facce dei cinesi tutte uguali sono ad esempio forme di alta o bassa sensibilità, esperienze più o meno significative che esprimono una forma di pensiero visivo che combina inferenze ed esperienze.

L’analogia è, di norma, facilmente comunicabile, è spesso immediatamente condivisibile, anche in un contesto di diversi soggetti con culture e approcci diversi. Non a caso, l’analogia è spesso alla base della comunicazione dei mass media, che spesso si basa su questo schema inferenziale per sostenere ipotesi e tesi fortemente arbitrarie, senza avere la parvenza di quello che è la natura ipotetica.

Lo schema dell’analogia è quindi tanto forte come potenzialità espressiva e come possibilità inferenziale quanto “incerta” come efficacia scientifica. L’intuito, l’espressività e la creatività passano per questa forma di inferenza, e per questo va utilizzata e valorizzata.

Probabilmente va tenuto conto proprio di questo nell’apprendimento dei giovani. Verosimilmente esplorare con essi la dimensione delle somiglianze significa esplorare il grande spazio delle relazioni, quelle infinite relazioni, più o meno significative rispetto a quanto ci interessa indagare.

È forse questa una chiave per l’apprendimento critico e per percorrere una strada che ci porta alle certezze e alle sane incertezze della conoscenza.

Carlo Crespellani Porcella