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Relianza 4.0: una catena di valore tra scienza, tecnologia, industria, istruzione e società. Seconda parte – di Arturo Marcello Allega e Paolo Di Nardo

Pubblicato il: 26/06/2017 19:02:11 - e


Una proposta di progetto assolutamente innovativa. La relianza 4.0 il cui intento principale è creare percorsi di welfare nei quali l’integrazione si sposa con gli obiettivi UE sull’inclusività.
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Partecipare appieno alla proposta di lavoro presentata nella parte prima di questo articolo richiede una potente intensificazione del rapporto fra scienza ed industria, in una visione unitaria che permetta di migliorare le condizioni generali per l’innovazione. Si tratta di elaborare una visione che inglobi in un unico piano ed in modo armonico iniziative volte a formare i tecnici del futuro fin dalle scuole superiori, per poi seguirli in ambito universitario, fino ad allocarli nelle industrie ad alto tasso tecnologico. D’altra parte il piano deve prevedere una consistente spinta per lo sviluppo della ricerca di base e creare finalmente un “sistema di traduzione” della conoscenza accumulata in soluzioni tecnologiche da rendere immediatamente disponibili per l’industria, come succede, del resto, in altri paesi. Questo compito può essere svolto da un ente la cui missione dovrà essere strettamente vincolata alla ricerca applicativa e allo sviluppo di tecnologie fondamentali in prospettiva futura (come sarebbe dovuto essere per il CNR). Sarà così possibile sostenere la competitività del sistema economico promuovendo l’innovazione, rafforzando la base tecnologica, favorendo l’accettazione di nuove tecnologie e sostenendo la formazione delle future generazioni di tecnici e scienziati. In Italia come è ben noto, il CNR, l’ENEA, l’INFN, e molti altri Istituti di ricerca sono considerate strutture secondarie rispetto alle università, o ad enti di ricerca tanto autonomi da essere scollati o dall’industria o dalla stessa università.
Un esempio virtuoso, in tal senso, è il Fraunhofer Institute tedesco, ente votato alla ricerca applicata e, qui fa la differenza, al servizio dell’industria, del settore dei servizi e della amministrazione. L’attività del Fraunhofer è sostenuta dai contratti con i quali le industrie affidano lo sviluppo di progetti di specifico interesse; in tal modo esso rappresenta l’asse portante della innovazione in cui l’industria tedesca eccelle con benefici effetti non solo a livello economico, ma anche sociale.
Quello che, invece, affligge il sistema scientifico-industriale italiano è l’assenza di un equilibrio tra la formazione e l’innovazione dei prodotti che, purtroppo, non ha eguali nel contesto europeo (e non solo) e che non permetterà mai al paese di emergere se non per sporadici episodi (vedi il caso Ferrari, dove appunto è determinante la forza dei patrimoni familiari). Da sempre, la scienza in Italia viene considerata alla stregua di un hobby per pochi, cui casomai dedicare qualche anno della vita appena dopo la laurea, e mai quale fattore determinante per lo sviluppo economico e sociale del paese, cui dedicare la massima attenzione in termini di uomini e mezzi. I governi che si sono succeduti negli anni hanno ridotto in modo costante le risorse per la scienza di base e applicata, pur mantenendo in vita enti di palese inutilità. Peraltro, ingenti risorse sono state dedicate al sostegno disarmonico di industrie o enti di ricerca decotti e fuori mercato per motivi di politica locale. Forse è tempo di cambiare direzione se, in qualche modo, si vuole realmente recuperare almeno qualche frammento della tanto menzionata competitività.

Il progetto presentato da Report, che si invita a vedere accedendo a raiplay o al sito della scuola catalizzatrice della dinamica progettuale, e costruito con l’ausilio di chi già da tempo lavora con questa weltanschauung, ha coinvolto una partnership complessa, aperta e articolata (rispetto alla quale la politica strategica e la relativa governance sono, ovviamente, in progress). Il cosiddetto ‘traduttore’, più sopra richiamato, e individuato per il servizio della RAI nell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova, potrebbe essere un istituto di ricerca qualunque, pubblico o privato (come l’ENEA, il CNR, o la stessa università, o altri) a patto che non rappresenti, comunque, un contenitore vuoto, da riempire per necessità politiche, con contenuti non funzionali alle finalità del progetto. La necessità di una interfaccia politica e amministrativa con gli Enti locali (Regione, Città metropolitane, …) comporta l’impiego di una società (e stiamo valutando l’ingresso di Italia Camp) in grado di costituire il collante tra tutte le diverse realtà coinvolte.
L’individuazione, l’accesso e l’impiego dei corposi finanziamenti necessari alla realizzazione delle filiere proposte deve cogliere l’approvazione della Comunità europea che riconosca il progetto come innovativo e globalizzante mirato a far convergere le finalità sociali e valoriali dell’UE con quelle della società reale (la scuola), frammentata nella “società liquida” di Bauman. La combinazione virtuosa del movimento verso il basso della Comunità europea e della politica nazionale con il movimento verso l’alto delle scuole di ogni ordine e grado, delle università e della ricerca, deve rappresentare la vera garanzia della trasformazione dei finanziamenti pubblici in risultato, misurabile su diverse scale, attraverso la disseminazione di modelli e processi replicabili e controllati, tra scienza e industria partendo dall’istruzione (ed evitando le infinite banalizzazioni dei diversi percorsi dell’alternanza scuola lavoro, che spesso nulla hanno a che vedere con il lavoro, ma più di frequente con interessi culturali molto distanti da ogni possibile percorso orientato al lavoro).

Arturo Marcello Allega e Paolo Di Nardo

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