Parlare a scuola di Wikileaks
George Washington, primo presidente USA, era stato educato a non mentire (“Padre non posso dire una bugia. L’ho fatto io con la mia piccola accetta.”). Tempi passati… da qualche giorno Wikileaks ha iniziato a rilasciare per via informatica parte di una sterminata quantità di dispacci confidenziali o secretati delle ambasciate Usa che danno conto di molte menzogne ufficiali. L’hanno chiamato il cablegate, un evento straordinario che ha segnato e segnerà profondamente il mondo dell’informazione e della diplomazia. Il web ha surclassato la carta stampata, l’informazione cartacea, impensabile la copertura cartacea della pubblicazione, quasi inutile senza un filtro plausibile dei professionisti dell’informazione, di lettori e divulgatori posti a disposizione dei lettori, per analizzare, spiegare, capire il significato effettivo dei file. Da qui la preventiva diffusione delle rivelazioni ad alcuni dei giornali più importanti dell’Occidente. Nei film e nei racconti gialli si parla a volte di cose che è difficile affrontare in altro modo. Nel finale de “I tre giorni del Condor” (USA, 1975) si ricorderà che il ruolo dei giornali rimaneva un immenso punto interrogativo. Si sarebbe messa in gioco la stampa? Un dubbio che forse i nostri hacker di Wikileaks hanno avuto ma che, di fatto, è stato subito sciolto. I giornali hanno collaborato all’impresa.
Parlare a scuola di Wikileaks? Gli studenti conoscono gli hacker, hanno intelligenza con loro, smanettano, pasticciano coi copyright… informarli di quello che sta succedendo potrebbe esser compito meritorio, fecondo e, nonostante tutto, agevole, se ci si fonda sulle 5 W del giornalismo anglosassone (who, what, when, where, why). Già a Roma antica, del resto, si conosceva la sequenza quis, quid, cur, ubi, quando e quemadmodum, il minimo necessario e sufficiente per qualunque esposizione.
QUIS: Una organizzazione internazionale di benintenzionati (o, per qualcuno, anarchici malintenzionati e strumentalizzabili) che diffonde documenti riservati e segreti di cui è entrata in possesso. L’australiano Julian Assange (che si definisce “libertario, favorevole a un capitalismo più etico”) è il volto di Wikileaks, questa è costituita, però, da prudenti collaboratori votati alla discrezione e alla vita nascosta (late biosas insegnava Epicuro), hacker anonimi e invisibili.
CUR: Il fine dichiarato è rivelare iniziative, prassi e comportamenti contrari, in tutto o in parte all’etica e/o apertamente illegali. La trasparenza è utilizzata per sfrondar lo scettro ai regnatori machiavellici, sbugiardare governi e far saltare le contraddizioni tra l’immagine diplomatica che i governi avvalorano e quello che i diplomatici raccontano a porte chiuse.
QUID: Il rilascio di 251.287 documenti delle ambasciate Usa, dispacci riservati che vanno dal 1966 al febbraio 2010, per un’area geografica che investe tutto il pianeta.
QUANDO: il 28 novembre, è uscita la prima tranche dei documenti integrali. Una piccola parte del tutto. Gli altri arrivano nei prossimi mesi.
UBI: Ovunque nel mondo. Si sa che i server di Wikileaks sono in Svezia, (Islanda?) e in tutti i paesi dove la legge (da poco tempo e forse per poco tempo ancora) li tiene al riparo da sequestri.
QUEMADMODUM: L’atout tecnologico di Wikileaks è nell’uso della crittografia, l’arte e la scienza delle scritture segrete, anzi di una sua variante informatica, che è la cifratura a doppia chiave, pubblica e privata. Con un meccanismo a chiave e serratura, se non hai la prima chiave, non puoi aprire la porta solo con la seconda chiave.
È giusto, è sbagliato rivelare certi instrumenta regnis? Son Robin Hood o anarchici pericolosi e strumentalizzabili? Certo degli hacker, dei loro mezzi, dei loro ideali, delle loro utopie sarebbe il caso di discutere!
Nel 2005 avevo pubblicato per Principato, con mio figlio Filippo, “Il giovane hacker e la piccola strega” romanzo fantasy per la scolastica, in cui venivano (inopinatamente e forse per la prima volta in Italia) presentati dialetticamente le idee e i valori (trasgressione compresa) degli hacker. Non ha avuto successo. Era troppo presto?
Per approfondire:
• Intervista con Luigi e Filippo Calcerano, autori di “Il giovane hacker e la piccola strega”, Milano 2005, Principato. L’intervista è contenuta nel Quaderno delle attività allegato al romanzo.
Luigi Calcerano