Gli ambienti di apprendimento e la consapevolezza dello spazio
Lo spazio scolastico deve essere funzionale all’apprendimento in quanto supporta le scelte metodologiche dei docenti, rendendo possibile la personalizzazione di attività didattiche.
Discutere, quindi, solo di quali e di quante metodologie vengano utilizzate dai docenti[1] risulta attività incompleta, se non frustrante per tutti quegli insegnati che si ritrovano a fare lezione in aule piccole, senza o con scarsa connessione internet, in edifici scolastici che somigliano più a caserme o ospedali e che non hanno nulla di quanto richiesto per “lo sviluppo e l’adattamento degli spazi di apprendimento, al fine di permettere l’introduzione di metodi didattici innovativi utilizzando la tecnologia”[2].
Si potrebbe pensare che si intendono trattare situazioni di pochi, in quanto i moderni edifici scolastici si caratterizzano per essere attrattivi sul piano strutturale e costruiti per una didattica innovativa.
Siamo certi di potere affermare che il problema interessa solo poche scuole?
L’OCSE con Learning Environments Evaluation Programme (LEEP) ha avviato nel 2013 una indagine per analizzare gli spazi e i processi di apprendimento efficaci (ELE), al fine di esplorare soluzioni innovative per le strutture educative, sviluppando strumenti per la valutazione, per offrire orientamenti sulla sicurezza sismica e per promuovere il dialogo politico internazionale.
LEEP, un programma di valutazione degli ambienti di apprendimento, è stato lanciato per sviluppare strumenti e analisi, per informare dirigenti scolastici, ricercatori, progettisti, responsabili politici e altri su come gli investimenti negli ambienti di apprendimento si traducono in migliori risultati in termini di istruzione, salute sociale e benessere. Uno spazio efficace mira a migliorare il modo in cui gli ambienti di apprendimento supportano in maniera più efficiente le pedagogie, il curriculum, la valutazione e le forme organizzative necessarie per sviluppare le capacità degli studenti del 21° secolo.
Indagini recenti sull’edilizia scolastica, fatta a scuole di ogni ordine e grado di una provincia siciliana, hanno evidenziato che il 90% di scuole, di cui il 78,7% del primo ciclo e il 21,3% del secondo, hanno impegnato fondi prevalentemente per l’installazione di sistemi intelligenti di telecontrollo per la regolazione, la gestione, il monitoraggio e l’ottimizzazione dei consumi energetici (12,1%), per la sostituzione di infissi o rifacimenti di opere presenti (26,3 %), mentre solo il 27% ha curato l’organizzazione degli spazi, le pratiche di ottimizzazione, la fruibilità? degli spazi, di cui il 19% con lavori di ottimizzazione, di razionalizzazione di spazi o sgombero di locali.
I dati hanno permesso di analizzare, nell’ambito di edilizia scolastica e delle metodologie, il livello di abilità progettuali interne alle scuole e le capacità nell’instaurare rapporti sinergici con i tecnici degli Enti locali. I rapporti che si instaurano sono più volti alla messa a norma degli impianti e alle dotazioni di impianti sportivi, ma poco significativi per quanto riguarda l’attrattività? degli spazi scolastici.
Abbiamo così di scuole con carenze nelle competenze progettuali interne, infatti, solo il 12,1% ha speso i finanziamenti POR per la riqualificazione e il 20% quelli PON e POIN, con un totale del 32% circa tra le scuole esaminate.
La progettazione di ambienti di apprendimento fisici e digitali delle scuole è un obiettivo previsto nell’Agenda 2030 goal. 4. Julia Atkin (Atkins et al., 2015) sostiene che l’efficacia dell’ambiente fisico per l’apprendimento dipende dalla disponibilità e dalla possibilità di scelta, che studenti e insegnanti hanno nell’utilizzo degli spazi e da quanto sia possibile far scegliere agli studenti il tipo di spazio da utilizzare e come usarlo. La progettazione, infatti, di spazi per l’apprendimento stimola il senso di appartenenza e ne permette l’identificazione con il loro nuovo ambiente” (Lippman, 2012b), per cui rendere le scuole più consapevoli nell’uso degli spazi (aule, corridoi, cortili, ecc.), non solo potenzia la programmazione didattica con scelte metodologiche mirate, ma realizza quel supporto efficace allo sviluppo degli apprendimenti e della socializzazione degli studenti.
L’OCSE definisce gli spazi educativi come uno spazio fisico che supporta molteplici programmi di insegnamento e apprendimento e metodi didattici diversi, incluse le attuali tecnologie.
Uno spazio educativo che incoraggia la partecipazione sociale, fornisce un contesto sicuro, comodo e sano, stimolando i suoi occupanti[3].
Diventa prioritaria una riflessione, che andrebbe condivisa tra scuole, Enti locali, comunità educante e famiglie, circa il ruolo che svolge lo spazio fisico a scuola, nell’ambito della programmazione didattica e in che percentuale la scelta degli spazi (fisici e digitali) incide sulla progettazione di interventi strategici, per far fronte alla perdita di apprendimento e alla costante mancanza di competenze di base degli studenti, come si può ricavare dai dati allarmanti pubblicati (Save The Children) su un numero sempre maggiore di alunni al di sotto del livello minimo di competenze.
Altre indagini, come quella dell’OCSE PISA, hanno permesso di valutare gli effetti della DAD (didattica digitale a distanza) sui processi di apprendimento degli studenti, rilevando la necessità di intervenire sulle competenze tecniche e pedagogiche dei docenti a favore dell’integrazione con i dispositivi digitali.
Solo il 50% di insegnanti vs il 60% (media OCSE) è in possesso di competenze tecniche e pedagogiche necessarie per integrare i dispositivi digitali nell’insegnamento, così come il tempo che i docenti dedicano per preparare lezioni, integrate con dispositivi digitali è del 60% vs la media OCSE del 68%. A tal proposito si ricorda che la competenza digitale degli studenti (European Digital Competence Framework for Citizens -DigComp 2.0) viene considerata uno strumento di equità e di riduzione del divario nel contesto socio-economico (Rapporto Invalsi 2022).
Supportare, quindi, le scuole nel ripensare gli spazi (interni ed esterni) e i processi degli studenti in relazione agli spazi (fisici e digitali) non solo stimola il dialogo interno (Weick, 1997) ma migliorerebbe il senso di appartenenza e l’organizzazione degli spazi (Lewin, 1935), tutti elementi di cui i docenti devono tener conto nell’atto della programmazione didattica e le scuole nell’atto di applicazione del PTOF (Piano dell’offerta formativa triennale)[4].
[1] Gavosto, A., La scuola bloccata, Laterza, Bari-Roma, 2022.
[2] Interactive Classroom Working Group (ICWG) di European Schoolnet, Linee guida per il ripensamento e l’adattamento degli ambienti di apprendimento a scuola, INDIRE, 2018.
[3] Manninen et al., 2007, citato in Kuuskorpi, K. e Gonza?lez, N., 2011.
[4] https://youtu.be/UithaWnCXEg